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Ricorso inammissibile: quando è mera ripetizione?

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile presentato da un automobilista condannato per una violazione del Codice della Strada. La decisione si fonda sul fatto che i motivi del ricorso erano una mera ripetizione di quelli d’appello e miravano a una rilettura dei fatti, non consentita in sede di legittimità. Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese e di una sanzione.

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Pubblicato il 25 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: la Cassazione ribadisce i limiti del giudizio di legittimità

Presentare un ricorso in Cassazione richiede una tecnica precisa e il rispetto di limiti rigorosi. Un ricorso inammissibile è una delle conseguenze più comuni quando non ci si attiene a tali regole. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio di come la mera riproposizione dei motivi d’appello e la richiesta di una nuova valutazione dei fatti portino inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità, con conseguente condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dalla condanna di un automobilista da parte del Tribunale e, successivamente, della Corte di Appello, per un reato previsto dall’articolo 189, comma 7, del Codice della Strada. Questa norma punisce chi, in caso di incidente con danno alle cose, non ottempera all’obbligo di fermarsi e di fornire le proprie generalità.

L’imputato, ritenendo ingiusta la condanna, decideva di presentare ricorso per cassazione, affidando al suo difensore il compito di contestare la decisione della Corte territoriale. I motivi del ricorso si concentravano su due aspetti principali: un presunto vizio di motivazione riguardo alla sussistenza stessa della condotta illecita e il diniego delle circostanze attenuanti generiche.

Il Ricorso Inammissibile in Cassazione

La Suprema Corte ha analizzato i motivi del ricorso, giungendo a una conclusione netta: il ricorso inammissibile doveva essere dichiarato. Gli Ermellini hanno rilevato che le doglianze presentate dalla difesa non erano altro che una pedissequa riproposizione dei motivi già avanzati nel giudizio di appello. Questo approccio è stato considerato processualmente scorretto, poiché il ricorso per cassazione non può limitarsi a ripetere le stesse argomentazioni, ma deve confrontarsi specificamente con le ragioni esposte nella sentenza che si intende impugnare.

La Violazione del Principio “Galtelli”

La Corte ha richiamato un importante principio espresso dalle Sezioni Unite nella sentenza “Galtelli” (n. 8825/2017). Sebbene nato in relazione ai motivi d’appello, tale principio è estensibile anche al ricorso per cassazione. Esso stabilisce che l’impugnazione deve contenere una critica argomentata della decisione impugnata, evidenziando le ragioni per cui si ritiene errata. La semplice ripetizione dei motivi precedenti, senza un confronto dialettico con la motivazione del giudice d’appello, rende l’atto inidoneo a introdurre un valido tema di discussione.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha basato la sua decisione su tre pilastri fondamentali.

In primo luogo, come già accennato, ha stigmatizzato la tecnica redazionale del ricorso, qualificandolo come una mera riproposizione dei motivi di gravame, priva di un necessario confronto critico con la sentenza d’appello.

In secondo luogo, ha evidenziato come la difesa tentasse, in realtà, di ottenere una “inammissibile rilettura delle risultanze istruttorie”. Il ricorso mirava a contestare la valutazione delle prove fatta dai giudici di merito, ma la Corte di Cassazione non è un “terzo grado” di giudizio dove si possono riesaminare i fatti. Il suo compito, o “sindacato di legittimità”, è limitato a verificare che la motivazione della sentenza sia logica, congrua e non contraddittoria, senza poter sostituire la propria valutazione a quella dei giudici precedenti.

Infine, per quanto riguarda il diniego delle attenuanti generiche, la Corte ha ritenuto che la decisione dei giudici d’appello fosse correttamente ancorata a elementi di fatto specifici e adeguatamente motivata, rendendo la censura sul punto infondata.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

La declaratoria di inammissibilità ha comportato per il ricorrente la condanna al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. Questa ordinanza rappresenta un monito importante: il ricorso per cassazione è uno strumento tecnico che non ammette improvvisazioni. Non è una sede per tentare di ottenere una nuova valutazione delle prove, ma un luogo dove si discute esclusivamente della corretta applicazione del diritto e della coerenza logica della motivazione. La mancata osservanza di questi principi porta a un esito sfavorevole e a ulteriori oneri economici per l’imputato.

Quando un ricorso per cassazione viene considerato una mera riproposizione dei motivi di appello?
Quando non si confronta specificamente con le argomentazioni contenute nella sentenza impugnata, ma si limita a ripetere le stesse censure già esposte nel precedente grado di giudizio, senza un’analisi critica della decisione della Corte d’Appello.

Può la Corte di Cassazione riesaminare le prove e i fatti del processo?
No, la Corte di Cassazione non può sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta dai giudici di merito. Il suo sindacato è limitato alla legittimità, ovvero alla verifica della corretta applicazione della legge e alla coerenza logica della motivazione, senza poter entrare nel merito dei fatti.

Quali sono le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità di un ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, come in questo caso, al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, a titolo di sanzione per aver adito la Corte con un ricorso privo dei requisiti di legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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