Ricorso inammissibile: La Cassazione chiarisce quando l’appello è una mera ripetizione
Nel complesso panorama della procedura penale, l’istituto del ricorso inammissibile rappresenta un filtro cruciale per garantire l’efficienza della giustizia e la serietà delle impugnazioni. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: non è sufficiente riproporre le stesse lamentele già respinte in secondo grado. L’impugnazione deve contenere una critica specifica e argomentata della decisione che si contesta. Analizziamo insieme questa pronuncia per capire meglio i confini dell’ammissibilità di un ricorso.
I Fatti del Processo
Il caso trae origine da una condanna emessa dal Tribunale di Perugia per il reato di possesso e fabbricazione di documenti di identificazione falsi. La decisione veniva confermata anche dalla Corte d’Appello, che rigettava le doglianze dell’imputato. Non rassegnato, quest’ultimo decideva di presentare ricorso per Cassazione, affidando le sue speranze a un unico motivo di impugnazione.
Il Motivo del Ricorso e la Recidiva
L’unico motivo sollevato dal ricorrente riguardava un presunto errore nell’applicazione della legge penale. In particolare, si contestava l’erroneo riconoscimento della recidiva qualificata, prevista dall’articolo 99, quarto comma, del codice penale. Secondo la difesa, la Corte d’Appello aveva sbagliato nel confermare l’aggravante, e tale errore avrebbe dovuto portare a una riforma della sentenza.
La Decisione della Corte di Cassazione: il Ricorso Inammissibile
La Suprema Corte, tuttavia, non è nemmeno entrata nel merito della questione. Con una decisione netta, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La ragione di tale pronuncia risiede nella natura stessa dei motivi presentati. I giudici di legittimità hanno osservato come le argomentazioni del ricorrente non fossero altro che una “pedissequa reiterazione” di quelle già esaminate e puntualmente respinte dalla Corte d’Appello. La sentenza di secondo grado, infatti, aveva dedicato una motivazione “diffusa e ineccepibile” alla questione della recidiva, smontando le tesi difensive.
Le motivazioni
La Corte ha sottolineato che un ricorso per Cassazione non può limitarsi a riproporre le stesse questioni già decise, ma deve assolvere alla sua funzione tipica: quella di una “critica argomentata” avverso la sentenza oggetto di ricorso. Quando i motivi sono solo apparenti e non specifici, ovvero omettono di confrontarsi criticamente con le ragioni della decisione impugnata, il ricorso perde la sua funzione e non può essere accolto. In questo caso, mancando un vero e proprio confronto con la motivazione della Corte d’Appello, i motivi sono stati considerati non specifici e, di conseguenza, l’intera impugnazione è stata giudicata inammissibile.
Le conclusioni
La dichiarazione di inammissibilità ha comportato due conseguenze dirette per il ricorrente. In primo luogo, la condanna al pagamento delle spese processuali. In secondo luogo, il versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Dal punto di vista pratico, questa ordinanza serve da monito: per accedere al giudizio di Cassazione, è indispensabile formulare censure nuove, specifiche e pertinenti, che si confrontino dialetticamente con la decisione impugnata, evitando la sterile riproposizione di argomenti già vagliati e respinti.
Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Secondo questa ordinanza, un ricorso è dichiarato inammissibile quando i motivi presentati sono una mera e letterale ripetizione di quelli già dedotti e respinti nel grado di appello, mancando così di una critica argomentata e specifica contro la sentenza impugnata.
Cosa significa che i motivi di ricorso sono ‘non specifici ma soltanto apparenti’?
Significa che i motivi, pur essendo formalmente presentati, non svolgono la loro funzione essenziale, ovvero quella di criticare in modo puntuale il ragionamento del giudice del precedente grado di giudizio. Sono ‘apparenti’ perché omettono un confronto reale con le motivazioni della sentenza che si contesta.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso dichiarato inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta per il ricorrente la condanna al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31270 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31270 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 17/10/2022 della CORTE APPELLO di PERUGIA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RG NUMERO_DOCUMENTO
Rilevato che l’imputato COGNOME NOME ricorre avverso la sentenza con cui la Corte di Appello di Perugia ha confermato la sentenza del Tribunale di Perugia di condanna per il reato di possesso e fabbricazione di documenti di identificazione falsi;
Rilevato che il motivo unico del ricorso – con cui il ricorrente denunzia inosservanza dell’art. 606 comma 1 lett. b) cod. proc. pen. in ordine all’erroneo riconoscimento della recidiva di cui all’art. 99 comma 4 cod. pen. – è indeducibile perché fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito (si vedano pagine 2 e 3 della sentenza impugnata, ove vi è motivazione diffusa e ineccepibile sul punto), dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 10 aprile 2024.