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Ricorso inammissibile: quando è mera ripetizione

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato da un imputato condannato per ricettazione e reati ambientali. La Corte ha stabilito che i motivi del ricorso erano una mera ripetizione di quelli già respinti in appello e che le contestazioni si basavano su questioni di fatto, non di diritto. Di conseguenza, il ricorso è stato respinto con condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 8 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione e la Mera Ripetizione dei Motivi d’Appello

Quando si presenta un ricorso in Cassazione, è fondamentale comprendere i limiti del giudizio di legittimità. Una recente ordinanza della Suprema Corte ci offre un chiaro esempio di come un ricorso inammissibile possa derivare dalla semplice riproposizione di argomenti già discussi. Il caso analizzato riguarda un’impugnazione per i reati di ricettazione e violazioni ambientali, respinta proprio per la mancanza di specificità e novità nei motivi addotti.

I Fatti del Processo

La vicenda processuale ha origine da una condanna emessa dalla Corte d’Appello nei confronti di un individuo per il reato di ricettazione e per illeciti legati alla gestione di materiali. L’imputato, secondo l’accusa, non aveva verificato la provenienza lecita di materiale, nonostante evidenti segnali che ne indicavano l’origine illecita. Contro questa sentenza, la difesa ha proposto ricorso per Cassazione, articolando le proprie censure su due punti principali: un presunto vizio di motivazione riguardo alla responsabilità per la ricettazione e una contestazione analoga per il reato ambientale.

L’Analisi della Corte di Cassazione sul ricorso inammissibile

La Suprema Corte, nell’esaminare il ricorso, lo ha dichiarato inammissibile, basando la propria decisione su principi consolidati della procedura penale. L’analisi si è concentrata sulla natura dei motivi presentati, ritenendoli non idonei a superare il vaglio di ammissibilità.

La Critica alla Specificità dei Motivi di Ricorso

Il primo motivo di ricorso, relativo alla condanna per ricettazione, è stato giudicato come una “pedissequa reiterazione” di argomenti già sollevati e puntualmente respinti dalla Corte di merito. I Giudici di legittimità hanno sottolineato che un ricorso non può limitarsi a riproporre le stesse questioni senza formulare una critica argomentata e specifica contro la logica della sentenza impugnata. In questo caso, i motivi sono stati considerati “non specifici ma soltanto apparenti”, poiché non assolvevano alla funzione tipica di critica costruttiva della decisione di secondo grado.

Il Divieto di Contestazioni sul Fatto

Il secondo motivo, riguardante il reato ambientale, è stato parimenti respinto. La Corte ha evidenziato che le censure mosse dall’imputato costituivano “mere doglianze in punto di fatto”. Questo significa che la difesa tentava di ottenere dalla Cassazione una nuova valutazione delle prove e della ricostruzione dei fatti, un’attività che esula completamente dalle competenze del giudice di legittimità. Il ruolo della Cassazione, infatti, non è quello di riesaminare il merito della vicenda, ma di verificare la corretta applicazione delle norme di diritto e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha motivato la propria decisione di inammissibilità evidenziando che i giudici di merito avevano fornito una motivazione congrua e priva di illogicità per sostenere la colpevolezza dell’imputato. Nello specifico, la sentenza d’appello aveva chiaramente indicato gli elementi a sostegno del delitto di ricettazione, basandosi sulla pacifica provenienza illecita del materiale e sull’omessa verifica da parte dell’imputato, nonostante la presenza di evidenti segnali d’allarme. Di fronte a una motivazione così strutturata, il ricorso si è risolto in un tentativo inefficace di rimettere in discussione l’accertamento dei fatti, compito precluso in sede di legittimità. Il rigetto ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro a favore della Cassa delle ammende.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza ribadisce un principio cruciale per chiunque intenda adire la Corte di Cassazione: il ricorso deve essere fondato su vizi di legittimità e non può essere una semplice riproposizione delle argomentazioni d’appello. Per avere successo, è necessario articolare critiche precise, pertinenti e argomentate che mettano in luce specifiche violazioni di legge o manifesti vizi logici nella motivazione della sentenza impugnata. Un ricorso inammissibile non solo è destinato al fallimento, ma comporta anche ulteriori oneri economici per il ricorrente, come dimostra la condanna alle spese e alla sanzione pecuniaria.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Secondo questa ordinanza, un ricorso è inammissibile quando i motivi sono una mera e letterale ripetizione di quelli già presentati e respinti in appello, oppure quando solleva contestazioni che riguardano la ricostruzione dei fatti (doglianze in punto di fatto) anziché questioni di diritto.

Cosa significa che i motivi di ricorso sono una ‘pedissequa reiterazione’?
Significa che il ricorrente si è limitato a riproporre le stesse argomentazioni già esaminate e rigettate dalla Corte di merito, senza sviluppare una critica specifica, argomentata e nuova contro le ragioni esposte nella sentenza impugnata.

Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in denaro a favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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