Ricorso Inammissibile: La Cassazione e la Mera Ripetizione dei Motivi d’Appello
Quando si presenta un ricorso in Cassazione, è fondamentale comprendere i limiti del giudizio di legittimità. Una recente ordinanza della Suprema Corte ci offre un chiaro esempio di come un ricorso inammissibile possa derivare dalla semplice riproposizione di argomenti già discussi. Il caso analizzato riguarda un’impugnazione per i reati di ricettazione e violazioni ambientali, respinta proprio per la mancanza di specificità e novità nei motivi addotti.
I Fatti del Processo
La vicenda processuale ha origine da una condanna emessa dalla Corte d’Appello nei confronti di un individuo per il reato di ricettazione e per illeciti legati alla gestione di materiali. L’imputato, secondo l’accusa, non aveva verificato la provenienza lecita di materiale, nonostante evidenti segnali che ne indicavano l’origine illecita. Contro questa sentenza, la difesa ha proposto ricorso per Cassazione, articolando le proprie censure su due punti principali: un presunto vizio di motivazione riguardo alla responsabilità per la ricettazione e una contestazione analoga per il reato ambientale.
L’Analisi della Corte di Cassazione sul ricorso inammissibile
La Suprema Corte, nell’esaminare il ricorso, lo ha dichiarato inammissibile, basando la propria decisione su principi consolidati della procedura penale. L’analisi si è concentrata sulla natura dei motivi presentati, ritenendoli non idonei a superare il vaglio di ammissibilità.
La Critica alla Specificità dei Motivi di Ricorso
Il primo motivo di ricorso, relativo alla condanna per ricettazione, è stato giudicato come una “pedissequa reiterazione” di argomenti già sollevati e puntualmente respinti dalla Corte di merito. I Giudici di legittimità hanno sottolineato che un ricorso non può limitarsi a riproporre le stesse questioni senza formulare una critica argomentata e specifica contro la logica della sentenza impugnata. In questo caso, i motivi sono stati considerati “non specifici ma soltanto apparenti”, poiché non assolvevano alla funzione tipica di critica costruttiva della decisione di secondo grado.
Il Divieto di Contestazioni sul Fatto
Il secondo motivo, riguardante il reato ambientale, è stato parimenti respinto. La Corte ha evidenziato che le censure mosse dall’imputato costituivano “mere doglianze in punto di fatto”. Questo significa che la difesa tentava di ottenere dalla Cassazione una nuova valutazione delle prove e della ricostruzione dei fatti, un’attività che esula completamente dalle competenze del giudice di legittimità. Il ruolo della Cassazione, infatti, non è quello di riesaminare il merito della vicenda, ma di verificare la corretta applicazione delle norme di diritto e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte ha motivato la propria decisione di inammissibilità evidenziando che i giudici di merito avevano fornito una motivazione congrua e priva di illogicità per sostenere la colpevolezza dell’imputato. Nello specifico, la sentenza d’appello aveva chiaramente indicato gli elementi a sostegno del delitto di ricettazione, basandosi sulla pacifica provenienza illecita del materiale e sull’omessa verifica da parte dell’imputato, nonostante la presenza di evidenti segnali d’allarme. Di fronte a una motivazione così strutturata, il ricorso si è risolto in un tentativo inefficace di rimettere in discussione l’accertamento dei fatti, compito precluso in sede di legittimità. Il rigetto ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro a favore della Cassa delle ammende.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza ribadisce un principio cruciale per chiunque intenda adire la Corte di Cassazione: il ricorso deve essere fondato su vizi di legittimità e non può essere una semplice riproposizione delle argomentazioni d’appello. Per avere successo, è necessario articolare critiche precise, pertinenti e argomentate che mettano in luce specifiche violazioni di legge o manifesti vizi logici nella motivazione della sentenza impugnata. Un ricorso inammissibile non solo è destinato al fallimento, ma comporta anche ulteriori oneri economici per il ricorrente, come dimostra la condanna alle spese e alla sanzione pecuniaria.
Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Secondo questa ordinanza, un ricorso è inammissibile quando i motivi sono una mera e letterale ripetizione di quelli già presentati e respinti in appello, oppure quando solleva contestazioni che riguardano la ricostruzione dei fatti (doglianze in punto di fatto) anziché questioni di diritto.
Cosa significa che i motivi di ricorso sono una ‘pedissequa reiterazione’?
Significa che il ricorrente si è limitato a riproporre le stesse argomentazioni già esaminate e rigettate dalla Corte di merito, senza sviluppare una critica specifica, argomentata e nuova contro le ragioni esposte nella sentenza impugnata.
Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in denaro a favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 30764 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 30764 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PONTEVICO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 11/09/2023 della CORTE APPELLO di BRESCIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
IN FATTO E IN DIRITTO
Letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME, ritenuto che i motivi di ricorso che contestano la correttezza della motivazione posta a base del giudizio di responsabilità, sono indeducibili perché fondati su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla Corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
che, invero, i giudici del merito a pag. 9 e 10 dell’impugnata sentenza con motivazione congrua e priva di illogicità hanno puntualmente indicato, con riferimento alla pacifica e incontestata provenienza illecita del materiale e a fronte dell’omessa verifica della provenienza dello stesso da parte dell’imputato (nonostante gli evidenti segnali di provenienza illecita del materiale), gli elementi in forza dei quali deve ritenersi sussistente il delitto di ricettazione;
ritenuto che il secondo motivo di ricorso che contesta il vizio di motivazione in relazione al reato di cui all’art. 256, comma 1, lett. b) e comma 2, in relazione all’art’188-bis, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 non è consentito dalla legge in sede di legittimità perché costituito da mere doglianze in punto di fatto;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dischiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 21 giugno 2024.