Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 23146 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 23146 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/11/2022 della CORTE APPELLO di VENEZIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
NOME COGNOME ricorre, a mezzo dei difensore, avverso la sentenza di cui in epigrafe deducendo mancanza e/o insufficienza di motivazione in relazione alla valutazione sull’attendibilità delle dichiarazioni delle persone offese, senza confrontarsi, a suo avviso, con le molteplici incongruenze rilevate dalla difesa.
Lamenta anche l’erronea applicazione della legge penale nonché mancanza e/o insufficienza di motivazione in relazione ai criteri di valutazione della prova indiziaria, laddove la Corte considererebbe sufficiente il solo indizio del riconoscimento fotografico dell’imputata, mentre la difesa eccepisce l’assenza di indizi gravi, precisi e concordanti circa la responsabilità penale della stessa, mancando, a suo avviso, un’adeguata motivazione al riguardo.
Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
Il primo motivo in questione non è consentito dalla legge in sede di legittimità in quanto è riproduttivo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito e non è scandito da necessaria critica analisi delle argomentazioni poste a base della decisione impugnata ed è privo della puntuale enunciazione delle ragioni di diritto giustificanti il ricorso e dei correlati congrui riferimenti alla motivazione dell’a impugnato (sul contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione, in motivazione, Sez. 6 n. 8700 del 21/1/2013, Rv. 254584; Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822, sui motivi d’appello, ma i cui principi possono applicarsi anche al ricorso per cassazione).
Il secondo motivo è manifestamente infondato, in quanto si deducono difetto o contraddittorietà e/o palese illogicità della motivazione, che la lettura del provvedimento impugnato dimostra, invece, essere esistente e connotata da lineare e coerente logicità, conforme all’esauriente disamina dei dati probatori.
Ne deriva che il proposto ricorso va dichiarato inammissibile.
La ricorrente, in concreto, non si confronta adeguatamente con la motivazione della corte di appello, che appare logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto e pertanto immune da vizi di legittimità.
I giudici del gravame del merito, hanno dato infatti conto degli elementi di prova in ordine alla responsabilità della prevenuta, ed in particolare, in relazione al primo motivo, la Corte territoriale ha logicamente motivato la non idoneità delle incongruenze dedotte dalla difesa circa l’attendibilità delle dichiarazioni delle persone offese, dando atto di come il riconoscimento della stessa sia
sostanzialmente certo, considerando l’omogenea descrizione della donna e del colore dell’autovettura che il COGNOMEni indica anche avere targa iberica.
Entrambe le parti offese – come si ricorda in sentenza – hanno poi reiterato con sicurezza l’individuazione anche in sede dibattimentale. E perciò la valutazione operata dal primo giudice sulla attendibilità delle individuazioni è ritenuta coerente con le emergenze probatorie anche dalla Corte territoriale.
Con riferimento al secondo motivo, i giudici del gravame del merito, hanno dato conto degli elementi di prova in ordine alla responsabilità della prevenuta, ed in particolare di come le dichiarazioni delle persone offese si riscontrino reciprocamente e attribuiscano, al di là di ogni ragionevole dubbio, gli episodi criminosi alla stessa.
Con motivazione logica e congrua viene poi evidenziato che, in ragione delle medesime modalità operative nonché della unicità di contesto temporale e spaziale, le due individuazioni predichino – al di là di ogni ragionevole dubbio della riferibilità dei due episodi criminosi alla odierna imputata. Infine, osserva la Corte che nella sua escussione dibattimentale I COGNOME ha espresso la certezza di avere indossato la collana quando era stato avvicinato prima e abbracciato poi dalla COGNOME.
Né può porsi in questa sede la questione di un’eventuale declaratoria della prescrizione maturata dopo la sentenza d’appello, in considerazione della manifesta infondatezza del ricorso.
La giurisprudenza di questa Corte Suprema ha, infatti, più volte ribadito che l’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc. pen (così Sez. Un. n. 32 del 22/11/2000, De Luca, Rv. 217266 relativamente ad un caso in cui la prescrizione del reato era maturata successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso; conformi, Sez. Un., n. 23428 del 2/3/2005, COGNOME, Rv. 231164, e Sez. Un. n. 19601 del 28/2/2008, COGNOME, Rv. 239400; in ultimo Sez. 2, n. 28848 de! 8/5/2013, COGNOME, Rv. 256463).
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
COGNOME. COGNOME 26919/2023 COGNOME R.G.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento del spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa de ammende.
Così deciso il 29/05/2024