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Ricorso inammissibile: quando è manifestamente infondato

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile avverso una condanna per resistenza a pubblico ufficiale. I motivi sono stati giudicati manifestamente infondati, poiché miravano a una nuova valutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità. La Corte ha confermato che la sentenza d’appello era sorretta da motivazione logica e sufficiente, condannando il ricorrente al pagamento delle spese e di una sanzione.

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Pubblicato il 23 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: la Cassazione e i Motivi Manifestamente Infondati

Quando un cittadino impugna una sentenza di condanna, spera di poter ribaltare la decisione davanti a un giudice superiore. Tuttavia, non tutti i ricorsi arrivano a un esame nel merito. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio di ricorso inammissibile, spiegando perché certi motivi di appello non possono essere accolti in sede di legittimità. Il caso riguarda un uomo condannato per resistenza a pubblico ufficiale che ha visto la sua impugnazione respinta perché basata su argomenti ritenuti ‘manifestamente infondati’.

I Fatti di Causa

Il procedimento trae origine da una sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello di Napoli. Un individuo era stato ritenuto colpevole del reato di resistenza a pubblico ufficiale, previsto dall’articolo 337 del Codice Penale. Non accettando la decisione, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, affidandosi a due principali argomentazioni:

1. Errata valutazione dei fatti: Secondo la difesa, la condotta di opposizione era avvenuta quando l’attività d’ufficio degli agenti era ormai conclusa. Di conseguenza, mancava un presupposto essenziale del reato.
2. Eccessività della pena: Il ricorrente contestava inoltre la misura della sanzione inflitta, ritenendola sproporzionata.

L’Analisi del Ricorso Inammissibile da Parte della Corte

La Suprema Corte, nell’analizzare il caso, ha dichiarato il ricorso inammissibile per entrambe le censure sollevate. I giudici hanno sottolineato una distinzione fondamentale tra il giudizio di merito (primo e secondo grado) e il giudizio di legittimità (Cassazione). La Corte di Cassazione non può riesaminare i fatti o sostituire la propria valutazione delle prove a quella dei giudici precedenti. Il suo compito è verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza sia logica e non contraddittoria.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha smontato punto per punto le argomentazioni del ricorrente.

In primo luogo, ha definito la tesi difensiva sulla presunta conclusione dell’attività d’ufficio come ‘palesemente distonica’ rispetto alle prove raccolte e correttamente valutate dalla Corte d’Appello. Tentare di offrire una ricostruzione alternativa dei fatti in Cassazione è un’operazione non consentita. I motivi del ricorso sono stati quindi ritenuti ‘manifestamente infondati’ perché miravano a una nuova discussione sul merito della vicenda, preclusa in questa sede.

In secondo luogo, anche la critica sulla misura della pena è stata respinta. La Cassazione ha rilevato che la sentenza impugnata era supportata da una motivazione ‘sufficiente e non illogica’, avendo preso in adeguata considerazione le argomentazioni difensive. Pertanto, il giudizio sul trattamento sanzionatorio, essendo ben motivato, non era censurabile in sede di legittimità.

Le Conclusioni

Questa ordinanza riafferma un principio cardine del nostro sistema processuale: il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio. Non si può utilizzare questo strumento per chiedere ai giudici di ‘rileggere’ le prove in modo diverso. Se i motivi del ricorso si limitano a contestare la ricostruzione dei fatti già vagliata nei gradi di merito, senza evidenziare vizi di legge o palesi illogicità nella motivazione, il ricorso sarà dichiarato inammissibile. Le conseguenze, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale, sono la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in tremila euro.

Quando un ricorso in Cassazione viene considerato inammissibile?
Un ricorso viene considerato inammissibile quando i motivi presentati non sono consentiti dalla legge, ad esempio perché sono manifestamente infondati. Questo accade quando si tenta di rimettere in discussione l’accertamento dei fatti, compito che spetta ai giudici di merito e non alla Corte di Cassazione.

È possibile contestare in Cassazione la ricostruzione dei fatti operata dalla Corte d’Appello?
No, la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Non può riesaminare i fatti o valutare diversamente le prove, ma solo verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. Un ricorso basato su una diversa ricostruzione dei fatti è, di per sé, inammissibile.

Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
Secondo l’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come stabilito nell’ordinanza (in questo caso, tremila euro).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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