Ricorso Inammissibile per Resistenza: La Decisione della Cassazione
L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di come la Corte di Cassazione gestisca un ricorso inammissibile, specialmente quando i motivi addotti dal ricorrente risultano privi di fondamento. Il caso riguarda una condanna per resistenza a pubblico ufficiale, un reato che tutela il corretto svolgimento delle funzioni pubbliche. Analizziamo come la Corte ha applicato i principi procedurali per chiudere definitivamente la vicenda.
I Fatti del Caso
Un cittadino era stato condannato in secondo grado dalla Corte d’Appello per il reato di resistenza a pubblico ufficiale, come previsto dall’articolo 337 del Codice Penale. La condanna si basava sulla dimostrata correlazione tra le condotte intimidatorie tenute dall’imputato e l’attività d’ufficio che alcuni soggetti qualificati stavano svolgendo. Insoddisfatto della decisione, l’imputato ha presentato ricorso per Cassazione, tentando di far valere le proprie ragioni e allegando un documento a sostegno della sua tesi difensiva.
L’Analisi della Corte sul Ricorso Inammissibile
La Suprema Corte, dopo aver esaminato gli atti, ha rapidamente concluso per l’inammissibilità del ricorso. Il fulcro della decisione risiede nella valutazione della doglianza del ricorrente come “manifestamente inconferente”. Questo termine tecnico indica che le argomentazioni presentate non erano pertinenti o idonee a mettere in discussione la logica della sentenza impugnata. La Corte d’Appello, secondo i giudici di legittimità, aveva infatti costruito la sua decisione su argomenti puntuali, coerenti e privi di manifeste incongruenze logiche.
L’Irrilevanza delle Prove Addotte
Un punto chiave è che la Cassazione ha ritenuto che nemmeno il documento allegato dalla difesa fosse sufficiente a mettere in dubbio la qualificazione del fatto come resistenza. Ciò sottolinea un principio fondamentale: il giudizio di Cassazione non è una terza istanza di merito dove si possono rivalutare le prove, ma un giudizio di legittimità, volto a verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione.
Le Motivazioni della Decisione
La motivazione della Corte è concisa ma perentoria. Il ricorso è inammissibile perché la sentenza di secondo grado aveva già spiegato in modo ineccepibile le ragioni della condanna. In particolare, era stata dimostrata senza ombra di dubbio la connessione tra il comportamento minaccioso del ricorrente e l’esercizio delle funzioni pubbliche da parte delle vittime. Poiché le argomentazioni del ricorso non erano in grado di evidenziare vizi logici o giuridici in tale ragionamento, l’impugnazione è stata respinta senza un esame approfondito del merito.
Di conseguenza, in applicazione dell’articolo 616 del Codice di Procedura Penale, all’inammissibilità del ricorso è seguita la condanna del proponente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila Euro in favore della Cassa delle ammende.
Conclusioni e Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza ribadisce la severità con cui la Corte di Cassazione valuta i requisiti di ammissibilità dei ricorsi. Presentare un’impugnazione basata su motivi generici o sulla semplice riproposizione di argomenti già vagliati e respinti nei gradi di merito si traduce quasi certamente in una dichiarazione di ricorso inammissibile. Tale esito non solo rende definitiva la condanna, ma comporta anche significative conseguenze economiche per il ricorrente. La decisione serve da monito: un ricorso per Cassazione deve essere fondato su vizi specifici e palesi della sentenza impugnata, e non può trasformarsi in un tentativo di ottenere una nuova valutazione dei fatti.
Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando, come in questo caso, i motivi presentati sono “manifestamente inconferenti”, ovvero palesemente irrilevanti e non in grado di scalfire la coerenza logica della sentenza impugnata, oppure quando mancano altri requisiti previsti dalla legge.
Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile in ambito penale?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro, in questo caso 3.000 Euro, in favore della Cassa delle ammende.
Cosa ha confermato la Corte riguardo al reato di resistenza a pubblico ufficiale?
La Corte ha confermato che per configurare il reato di resistenza (art. 337 c.p.) è fondamentale la correlazione tra le condotte intimidatorie dell’imputato e l’attività d’ufficio svolta dai pubblici ufficiali. Una valutazione ben argomentata su questo punto da parte del giudice di merito è difficile da contestare in sede di legittimità se non presenta vizi logici evidenti.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11337 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11337 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 07/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a VITULAZIO il 09/02/1957
avverso la sentenza del 14/05/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
letto il ricorso proposto nell’interesse di GLYPH NOME COGNOME avverso la sentenza in epigrafe;
esaminati gli atti e il provvedimento impugnato;
ritenuto che il ricorso è inammissibile perché la doglianza prospettata è manifestamente inconferente atteso che la sentenza gravata argomenta in termini puntuali, privi di manifeste incongruenze logiche e coerenti alle emergenze acquisite quanto alla correlazione tra le condotte intimidatorie tenute dal ricorrente l’attività d’ufficio dei soggetti qualificati così da corretta la qualificazione del fatto in termini di resistenza ex art 337 cp, non messa in dub dal documento allegato dalla difesa a sostegno del ricorso rilevato che all’inammissibilità del ricorso conseguono le pronunce di cui all’art. 616 co proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in data 7 febbraio 2025.