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Ricorso inammissibile: quando è manifestamente infondato

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per usura ed estorsione. La decisione si fonda sul principio della ‘doppia conforme’, poiché le sentenze di primo e secondo grado erano concordi, e sulla genericità e reiterazione dei motivi. La Corte ha inoltre sottolineato che non è possibile sollevare per la prima volta in Cassazione questioni non dedotte in appello, come la richiesta di un’attenuante specifica.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione e il Principio della ‘Doppia Conforme’

Quando un imputato viene condannato sia in primo grado che in appello, le strade per contestare la decisione diventano più strette. Un caso recente analizzato dalla Corte di Cassazione illustra perfettamente perché un ricorso inammissibile sia spesso l’esito di un’impugnazione basata su motivi generici o ripetitivi. La sentenza in esame riguarda una condanna per usura ed estorsione, confermata in appello, e offre spunti cruciali sul principio della ‘doppia conforme’ e sui limiti del ricorso per cassazione.

I Fatti del Processo: Accuse di Usura ed Estorsione

L’imputato era stato condannato a due anni e otto mesi di reclusione e 800 euro di multa per aver commesso i reati di usura ed estorsione ai danni di un soggetto. Secondo la ricostruzione dei giudici di merito, l’imputato aveva prestato del denaro alla vittima, che serviva a quest’ultima per saldare un debito con un precedente usuraio. Le minacce e le pressioni per la restituzione della somma, maggiorata di interessi usurari, sarebbero iniziate sin dal momento della consegna del denaro, configurando così sia il reato di usura che quello di estorsione consumata.

I Motivi del Ricorso e la Tesi Difensiva

La difesa ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su tre motivi principali:
1. Travisamento del fatto: Si sosteneva che le minacce fossero avvenute solo dopo la restituzione del capitale iniziale, configurando al massimo un tentativo di estorsione e non un reato consumato. Inoltre, si chiedeva di riqualificare il fatto come ‘esercizio arbitrario delle proprie ragioni’.
2. Insussistenza dell’usura: La difesa contestava il reato di usura, affermando che a fronte di un prestito di 1.900 euro ne erano stati restituiti 2.000, con un interesse di soli 100 euro.
3. Mancato riconoscimento di un’attenuante: Si lamentava la mancata applicazione dell’attenuante del fatto di lieve entità per l’usura, introdotta da una sentenza della Corte Costituzionale.

La Decisione della Corte: un Ricorso Palesemente Inammissibile

La Corte di Cassazione ha respinto integralmente il ricorso, dichiarandolo inammissibile. La decisione si fonda su argomentazioni procedurali e di merito che chiariscono i confini del giudizio di legittimità.

Le Motivazioni della Cassazione sul ricorso inammissibile

Il cuore della decisione risiede nel principio della ‘doppia conforme’. Quando i giudici di primo e secondo grado giungono alla stessa conclusione, valutando in modo omogeneo le prove, la possibilità per la Cassazione di riesaminare i fatti è molto limitata. In questo caso, i giudici di legittimità hanno ritenuto che la difesa non avesse evidenziato un ‘macroscopico travisamento’ della prova, ma si fosse limitata a riproporre una lettura alternativa dei fatti, già respinta dai giudici di merito. La Corte ha ribadito che la ricostruzione dei fatti, secondo cui le minacce erano contestuali alla consegna del denaro, era logica e ben motivata.

Inoltre, la Corte ha dichiarato inammissibile il motivo relativo all’attenuante, poiché dall’esame dei verbali d’udienza è emerso che tale richiesta non era mai stata formulata dalla difesa dell’imputato in sede di appello, ma solo dal difensore di un coimputato. L’art. 606, comma 3, del codice di procedura penale vieta di sollevare in Cassazione motivi non dedotti con l’atto di appello.

Infine, anche la censura sul trattamento sanzionatorio è stata ritenuta generica, dato che la pena inflitta era di poco superiore al minimo edittale e non richiedeva una motivazione particolarmente analitica.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio dove poter ridiscutere i fatti. In presenza di una ‘doppia conforme’, l’imputato deve dimostrare un errore palese e decisivo nella lettura delle prove da parte dei giudici di merito. Proporre una semplice interpretazione alternativa non è sufficiente. La decisione sottolinea anche l’importanza di articolare tutte le proprie istanze e doglianze già nel giudizio di appello, poiché le omissioni non possono essere sanate in sede di legittimità. Per l’imputato, il ricorso inammissibile comporta non solo la condanna definitiva, ma anche il pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria alla cassa delle ammende.

Quando un ricorso per cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando è basato su motivi ripetitivi, generici, manifestamente infondati o quando solleva questioni di fatto già vagliate conformemente nei primi due gradi di giudizio (c.d. doppia conforme), senza dimostrare un palese travisamento della prova.

Cosa significa il principio della ‘doppia conforme’ in un processo penale?
Significa che quando la sentenza di primo grado e quella d’appello giungono alla medesima conclusione di condanna sulla base di una valutazione omogenea delle prove, la possibilità di contestare la ricostruzione dei fatti nel ricorso per cassazione è estremamente limitata. La struttura motivazionale delle due sentenze si ‘salda’ in un unico corpo argomentativo.

È possibile presentare in Cassazione un motivo di ricorso non sollevato in appello?
No. La sentenza chiarisce che, in base all’art. 606, comma 3, cod. proc. pen., il ricorso per cassazione fondato su violazioni di legge non dedotte con i motivi di appello è inammissibile. Le questioni, come la richiesta di applicazione di un’attenuante, devono essere sollevate nel secondo grado di giudizio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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