Ricorso Inammissibile: La Cassazione e i Limiti del Giudizio di Legittimità
L’ordinanza della Corte di Cassazione in esame offre un chiaro esempio di come un ricorso inammissibile venga trattato in sede di legittimità. Il caso riguarda un individuo condannato per la violazione delle prescrizioni imposte dalla misura della sorveglianza speciale, una sanzione applicata a soggetti ritenuti socialmente pericolosi. La Suprema Corte, confermando le decisioni dei giudici di merito, ha respinto le doglianze del ricorrente, etichettandole come manifestamente infondate e volte, in sostanza, a ottenere una nuova valutazione dei fatti, compito che esula dalle competenze della Cassazione.
Il Contesto del Caso: Dalla Condanna al Ricorso
Il ricorrente era stato condannato in primo grado dal GIP del Tribunale e successivamente dalla Corte d’Appello a una pena di un anno, un mese e dieci giorni di reclusione. La condanna derivava dalla violazione dell’articolo 75, comma 2, del D.Lgs. 159/2011 (Codice Antimafia), che punisce chi non ottempera alle prescrizioni della sorveglianza speciale. Contro la sentenza d’appello, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, basandolo su tre motivi principali.
I Motivi del Ricorso: Un Tentativo di Riaprire il Merito
I motivi presentati dalla difesa miravano a smontare l’impianto accusatorio e la decisione dei giudici di merito su tre fronti specifici:
* Mancata applicazione della particolare tenuità del fatto: Si contestava la decisione di non applicare l’art. 131 bis del codice penale, che prevede la non punibilità per reati di lieve entità.
* Errata valutazione della recidiva: La difesa contestava il riconoscimento della recidiva e, di conseguenza, il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
* Insussistenza dell’elemento soggettivo: Si deduceva la mancanza del dolo, ovvero della volontà cosciente di commettere il reato.
La Corte di Cassazione ha analizzato ciascun motivo, giungendo sempre alla medesima conclusione: l’infondatezza manifesta.
Le Motivazioni della Cassazione su un Ricorso Inammissibile
La Corte ha smontato punto per punto le argomentazioni della difesa, fornendo una chiara lezione sui limiti del sindacato di legittimità. Per quanto riguarda la particolare tenuità del fatto, i giudici hanno sottolineato come la Corte d’Appello avesse già fornito una motivazione adeguata e coerente, basata sugli elementi specifici del caso (come i reati commessi e le ragioni della sorveglianza speciale), escludendo motivatamente l’applicabilità dell’art. 131 bis. Tale valutazione, essendo fondata su criteri di merito (art. 133 c.p.), non è sindacabile in Cassazione.
Anche la censura sulla recidiva è stata ritenuta palesemente infondata. Il giudice d’appello aveva correttamente fatto riferimento ai ‘plurimi precedenti penali’ dell’imputato per giustificare sia il giudizio di pericolosità sia il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche. Questa, ancora una volta, è una valutazione discrezionale del giudice di merito che, se logicamente motivata, non può essere messa in discussione in sede di legittimità.
Infine, la Corte ha liquidato come estremamente generica la doglianza relativa alla mancanza di dolo. La sentenza d’appello aveva già dato conto della sussistenza dell’elemento psicologico basandosi sulla condotta concreta tenuta dall’imputato, e il ricorso non offriva elementi concreti per confutare tale ricostruzione.
Conclusioni: L’Importanza di Motivi Specifici e non di Merito
La decisione finale è stata la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della cassa delle ammende. Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il giudizio di Cassazione non è un ‘terzo grado’ di merito. Non si possono riproporre questioni di fatto già ampiamente valutate dai giudici dei primi due gradi. Un ricorso, per essere ammissibile, deve denunciare vizi di legge o difetti di motivazione che siano palesi e decisivi, non può limitarsi a proporre una lettura alternativa dei fatti o a criticare in modo generico le valutazioni discrezionali del giudice. Per questo motivo, il ricorso inammissibile non è solo un esito processuale, ma una sanzione per un’impugnazione che non rispetta i confini del giudizio di legittimità.
Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando i motivi proposti sono manifestamente infondati, generici o mirano a sollecitare una diversa e alternativa lettura dei fatti già valutati dai giudici di merito, cosa non consentita in sede di legittimità.
Perché la Corte ha ritenuto infondata la richiesta di applicare la non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131 bis c.p.)?
Perché la Corte territoriale aveva già fornito una motivazione adeguata e coerente per escluderla, basandosi sugli elementi specifici posti a fondamento della sorveglianza speciale e sui reati commessi. Tale valutazione di merito, conforme ai principi di legge, non è sindacabile in Cassazione.
È possibile contestare in Cassazione la valutazione del giudice sulla recidiva?
No, se la valutazione è correttamente motivata. Nel caso di specie, il giudice d’appello aveva adeguatamente giustificato il giudizio di pericolosità e il diniego delle attenuanti generiche facendo riferimento ai numerosi precedenti penali dell’imputato. Si tratta di un esercizio del potere discrezionale del giudice di merito che, se logico, non è censurabile in sede di legittimità.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 21737 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 21737 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME NOME CARPI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/10/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
Rilevato che con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Bologna ha confermato la condanna ad anni uno e mesi uno e giodni dieci di reclusione pronunciata dal Gip del Tribunale di Modena il 3/11/2022 nei confronti di COGNOME NOME in relazione al reato di cui all’art. 75, comma 2, D.Lvo n. 159 del 2011;
Rilevato che con i tre motivi di ricorso si deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine alla mancata applicazione dell’art. 131 bis cod. pen., alla ritenuta sussistenza della recidiva e dell’elemento soggettivo del reato;
Rilevato che la doglianza oggetto del primo motivo è manifestamente infondata in quanto la Corte territoriale, con specifico riferimento agli elementi posti a fondamento della sorveglianza speciale e ai reati commessi, ha dato adeguato e coerente conto degli elementi sui quali ha ritenuto di escludere la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 131 bis cod. pen. e la motivazione sul punto, conforme ai principi esposti alla giurisprudenza di legittimità che impongono di fare riferimento ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen., non è sindacabile in questa sede risultando del tutto inconferente la differenza posta nel ricorso circa la presunta distinzione tra condotte antecedenti e susseguenti al reato;
Rilevato che le censure relative alla sussistenza della recidiva sono manifestamente infondate in quanto il giudice d’appello, con il riferimento ai plurimi precedenti penali (cfr. punto 5.2. a pag. 3 della sentenza impugnata), ha dato adeguato e coerente conto degli elementi posti a fondamento del giudizio di pericolosità e circa l’esercizio del potere discrezionale riconosciuto al giudice di merito nella determinazione della pena anche in ordine al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche (Sez. Un. n. 12602 del 17/12/2015, dep. 2016, Rv. 266818);
Rilevato che ad analoghe conclusioni si deve pervenire in ordine all’ultimo motivo di ricorso nel quale, in termini estremamente generici, si censura la ritenuta sussistenza dell’elemento psicologico, anche in ordine al dolo, infatti, il giudice d’appello, con il riferimento alla condotta tenuta, ha dato conto della sussistenza del dolo richiesto dalla norma;
Ritenuto pertanto che il ricorso è inammissibile in quanto i criteri di giudizio applicati sono corretti e le censure sono pertanto manifestamente infondate e comunque tese a sollecitare una diversa e alternativa lettura che non è consentita in questa sede (Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv 280601; Sez. 2, n. 19411 del 12/03/2019, Furlan, Rv. 276062);
Considerato che alla inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché – valutato il contenuto del ricorso e in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al versamento della somma, ritenuta congrua, di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 18/4/2024