Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12845 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12845 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a NOCERA INFERIORE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 18/09/2023 della CORTE APPELLO di SALERNO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
t
42525/2023
Rilevato che NOME ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Salerno, che ha confermato la pronunzia di primo grado, con la quale l’imputato era stato ritenuto responsabile dei delitti di lesioni personali e di minaccia;
Considerato che il primo, il secondo ed il terzo motivo di ricorso, con i quali il ricorrente denunzia erronea applicazione della legge penale e vizi di motivazione in ordine alla valutazione del quadro probatorio ed, in particolare, alla mancanza di riscontro esterno alle dichiarazioni rese dalla persona offesa, non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità, per come formulati, perché finalizzati a prefigurare una rivalutazione e/o alternativa rilettura delle fonti probatorie, estranee al sindacato d legittimità e avulse da pertinente individuazione di specifici travisamenti di emergenze processuali valorizzate dai giudici di merito (si vedano, in particolare, pag. 5-7 del provvedimento impugnato);
Considerato che il quarto motivo di ricorso, con il quale il ricorrente denunzia vizi di motivazione in ordine al mancato riconoscimento della causa di non punibilità per tenuità del fatto, oltre a non essere consentito in sede di legittimità, perché reiterativo di una doglianza già esaminata dal giudice di merito, è manifestamente infondato, posto che ai fini della configurabilità della causa di esclusione della punibilità pe particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131-bis cod. pen., pur non ostandovi, astratto, la presenza di più reati legati dal vincolo della continuazione, giacché quest’ultima non si identifica automaticamente con l’abitualità nel reato, occorre, tuttavia, valutare, anche in ragione del suo inserimento in un contesto più articolato, se la condotta sia espressione di una situazione episodica, se la lesione all’interesse tutelato dalla norma sia comunque minimale e, in definitiva, se il fatto nella sua complessità sia meritevole di un apprezzamento in termini di speciale tenuità (Sez. U n. 18891 del 27/01/2022 Ud. (dep. 12/05/2022 ), COGNOME, Rv. 283064); a tali principi si è attenuta la sentenza impugnata ( vedi pg. 14 della sentenza)
Considerato che il quinto motivo di ricorso, con il quale il ricorrente denunzia vizi di motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio, lamentando – in particolare la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, non è consentito in sede di legittimità, perché, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti e per fissare la pena base rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen. Nella specie, l’onere argomentativo del giudice è adeguatamente assolto attraverso un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti;
Considerato che il sesto motivo di ricorso, con il quale il ricorrente lamenta vizi di motivazione in ordine ai requisiti per la condanna al risarcimento del danno, è
assolutamente generico e non è ammesso in sede di legittimità, posto che i motivi di ricorso per cassazione sono inammissibili non solo quando risultano intrinsecamente indeterminati, ma altresì quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato (per tutte Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, in motivazione).
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
Dato atto che la costituita parte civile ha depositato memoria con la quale ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso e liquidarsi le spese come da nota depositata. Ritenuto che nulla è dovuto alla parte civile, che si è limitata a generiche conclusioni senza articolare alcuna argomentazione critica rispetto alla pretesa dell’imputato. Le Sezioni Unite (Sez. U, n. 5466 del 28/01/2004, Gallo, Rv. 22671601), con orientamento che il Collegio condivide, hanno, infatti, chiarito che, nel procedimento che si svolge dinanzi alla Corte di cassazione in camera di consiglio nelle forme previste dagli artt. 610 e 611 cod. proc. pen., ovvero con rito camerale cd. “non partecipato”, quando il ricorso dell’imputato viene dichiarato, per qualsiasi causa, inammissibile, ne va disposta la condanna al pagamento delle spese processuali in favore della parte civile, purché, in sede di legittimità, la stessa parte civile abbia effettivamente esplicato, nei modi e nei limiti consentiti, un’attività diretta a contrastare la pretesa dell’imputato per la tutela dei propri interessi. Il principio è stato ribadito costantemente in riferimento a tutte le forme di giudizio camerale non partecipato, e, da ultimo, ribadito da Sez. Un. n. 877 del 14/07/2022 Cc. (dep. 12/01/2023 ), COGNOME, in motivazione par. 20. Pertanto, la liquidazione delle spese processali riferibili alla fase di legittimità in favore della part civile non è dovuta, perché essa non ha fornito alcun contributo, essendosi limitata a richiedere la dichiarazione d’inammissibilità del ricorso, od il suo rigetto, con vittoria di spese, senza contrastare specificamente i motivi di impugnazione proposti. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende. Nulla per le spese di parte civile.
Così deciso il 28 febbraio 2024 Il Consigliere estensore