Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 791 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 791 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 27/09/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a CALTANISSETTA il 08/08/1991
avverso la sentenza del 10/11/2022 della CORTE APPELLO di CALTANISSETTA visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale COGNOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugnato, la Corte d’Appello di Caltanissetta, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha ridotto a quattro mesi di reclusione la pena inflitta n confronti di NOME COGNOME, imputato dei reati di lesioni e minaccia aggrava concedendogli le circostanze attenuanti generiche. La vicenda delittuosa si è sviluppata nel corso di un alterco tra due conoscenti – la vittim NOME COGNOME e l’imputato – iniziato all’interno dell’autovettura di COGNOME e prosegui strada; la persona offesa ha riportato varie ferite lacero-contuse ed è stata colpi
dall’imputato anche con una chiave meccanica “a croce”.
NOME COGNOME ricorre contro la citata sentenza deducendo, tramite il difensore fiducia, tre diversi motivi di censura.
2.1. Il primo motivo si concentra sulla denuncia del vizio di motivazione carente e manifestamente illogica del provvedimento impugnato quanto all’affermazione di responsabilità per il delitto di lesioni aggravate.
La difesa ritiene che la condanna sia stata basata sulle sole dichiarazioni della persona offesa, non credibile, per l’incoerenza anzitutto del racconto sul contesto di accadimento del reato, e pacificamente in stato di ubriachezza al momento dei fatti.
Vi sarebbe anche un travisamento delle prove costituite dalle testimonianze di NOME COGNOME una persona presente in strada al momento dell’aggressione contestata al ricorrente, e dell’agente di polizia giudiziaria intervenuto a casa dei genitori dell’imput subito dopo i fatti; inoltre, dal racconto del teste COGNOME si ricaverebbe che la lite è i per la provocazione di COGNOME nei confronti del ricorrente.
Mancherebbe, infine, riscontro anche alla ritenuta sussistenza dell’aggravante dell’utilizzo di un’arma impropria da parte di COGNOME per colpire la vittima, poiché la ch a croce di cui riferisce quest’ultima non è mai stata ritrovata e, d’altra parte, se e fosse stata realmente utilizzata, avrebbe determinato lesioni ben più gravi.
2.2. Il secondo argomento difensivo denuncia il vizio di mancanza di motivazione del provvedimento impugnato quanto all’affermazione di responsabilità per il delitto di minaccia aggravata, in relazione alla quale vi è totale assenza di argomentazioni, come si rileva anche dal punto di vista grafico, nonostante la proposizione di motivo d’appell al riguardo.
2.3. Nel terzo motivo di ricorso la difesa deduce mancanza di motivazione in relazione alla richiesta di riconoscimento della causa di esclusione della punibilità prevista dall’ 131-bis cod. pen., proposta nelle proprie conclusioni scritte in vista dell’udienza d giudizio di secondo grado.
Il Sostituto Procuratore Generale presso la Corte di cassazione ha chiesto, con requisitoria scritta, l’inammissibilità del ricorso.
La parte civile, tramite il difensore di fiducia, ha depositato un’articolata conclusiva, chiedendo l’inammissibilità del ricorso, segnalando le ragioni della su complessiva manifesta infondatezza; ha chiesto, altresì, la condanna di COGNOME Filippo alla rifusione delle spese e dei compensi del presente giudizio sostenute dalla parte civile costituita (quantificate con apposita nota in 2.938,97 euro complessivi: 2.457 euro, oltr accessori di legge), da distrarsi in favore dell’Erario, atteso che COGNOME NOME è st ammesso al beneficio del patrocinio a spese dello Stato con decreto n. 37/2021 R. G. Grat. Patr. del 24.12.2021 – 03.01.2022, emesso dal Tribunale di Enna, allegato alle conclusioni della stessa parte civile.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Il primo motivo di censura proposto dal ricorrente si risolve in una non consentit richiesta di rivalutazione delle prove raccolte in dibattimento e del loro significato tentativo di condurre il Collegio ad una diversa conclusione quanto all’affermazione di colpevolezza del ricorrente, in mancanza di manifeste illogicità o carenze motivazionali del provvedimento impugnato.
In tema di giudizio di cassazione, infatti, sono precluse al giudice di legittimità – a me che non si rivelino fattori di manifesta illogicità della motivazione del provvedimen impugnato – la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisio impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (cfr., più recenti, Sez. 6, n. 5465 del 4/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601; Sez. 6, n. 47204 del 7/10/2015, COGNOME, Rv. 265482).
Nella specie, la valutazione circa la credibilità della persona offesa-testimone, so genericamente attaccata dal ricorrente, è stata oggetto di specifica attenzione nella pronuncia d’appello, che ha ritenuto assolutamente valido il processo di verifica logico storico del portato dichiarativo della denuncia della vittima.
Anche le obiezioni alla complessiva cedevolezza del quadro probatorio ulteriore, che puntano a sostenere un travisamento della testimonianza “neutra” di NOME COGNOME e l’assenza di altri elementi di prova, oltre alle dichiarazioni della persona offesa, manifestamente infondate: le sentenze di merito, da valutarsi unitariamente in una doppia pronuncia conforme, hanno evidenziato una piattaforma complessa di elementi
per l’affermazione di responsabilità, rispondendo anche alle obiezioni sulla dinamica del litigio formulate dalla difesa dell’imputato.
In sintesi, accanto al credibile racconto della vittima del reato – la quale, pur non negan il litigio, ha descritto il parossismo improvviso che ha portato il ricorrente ad aggre violentemente, utilizzando un attrezzo da lavoro pesante, precisamente una “chiave a croce” – sono stati ritenuti elementi di coerente significato:
la testimonianza del teste neutrale COGNOME che, pur se non ha potuto assistere all’aggressione fisica vera e propria, ha offerto una ricostruzione coerente di quant accaduto tra i due litiganti, dando atto di come l’imputato abbia unilateralmente nuovamente aggredito verbalmente la vittima;
il referto delle importanti lesioni subite dalla persona offesa (ferita lacero contusa mano sinistra, con necessità di saturazione con punti; escoriazioni e ferita lacero-contusa alla mano destra; contusione all’avambraccio sinistro e contusione ed escoriazione al ginocchio sinistro), sintomatiche di una dinamica non di “contesa” paritaria, bensì di un subita aggressione da parte sua, con l’utilizzo di un attrezzo contundente;
gli accertamenti di polizia giudiziaria che hanno riscontrato l’assenza di ferite ripo dall’imputato, a riprova di uno sviluppo dell’azione lesiva compatibile con il racconto del vittima.
Non costituiscono fattori idonei a scalfire la convergente ricostruzione dei giudici di mer né l’obiezione riferita al mancato ritrovamento della chiave a croce utilizzata per colp la vittima, il cui uso emerge aliunde, né la genesi del litigio, che ben potrebbe essere stato dovuto ad un’iniziale intemperanza verbale della persona offesa, ma che poi è evoluto nell’aggressione fisica unilaterale commessa dall’imputato, del tutt affidabilmente ricostruita nelle sentenze di primo e secondo grado.
Il secondo ed il terzo motivo di ricorso sono di per sé generici, ma soprattutto son basati su motivi d’appello egualmente, originariamente, privi di specificità, c conseguente inammissibilità delle censure proposte con il ricorso per cassazione relativamente al vizio di omessa motivazione della sentenza d’appello.
Secondo consolidata giurisprudenza di questa Corte, non costituisce causa di annullamento della sentenza impugnata il mancato esame di un motivo di appello che, per la sua assoluta indeterminatezza e genericità, doveva essere dichiarato inammissibile (Sez. 4, n. 1982 del 15/12/1998, dep. 1999, COGNOME, Rv. 213230); infatti il difetto motivazione della sentenza di appello in ordine a motivi generici, proposti in concorso con altri motivi specifici, non può formare oggetto di ricorso per Cassazione, poiché motivi generici restano viziati da inammissibilità originaria anche quando la decisione de giudice dell’impugnazione non pronuncia in concreto tale sanzione (Sez. 5, n. 44201 del 29/9/2022, Testa, Rv. 283808; Sez. 3, n. 10709 del 25/11/2014, dep. 2015, Botta, Rv. 262700). E ben si comprende la ratio sottesa a tale orientamento, poiché non avrebbe
senso l’annullamento della sentenza di appello con rinvio al giudice di secondo grado a causa dell’omesso esame di un motivo di gravame, che in sede di rinvio per il suo esame sarebbe comunque destinato alla declaratoria di inammissibilità.
Alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso segue, ai sensi dell’art. 616 cod. pr pen., la condanna del ricorrente che lo ha proposto al pagamento delle spese processuali nonché, ravvisandosi profili di colpa relativi alla causa di inammissibilità (cfr. sul p Corte Cost. n.186 del 2000), al versamento, a favore della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in euro 3.000. 4.1. Letta la memoria della parte civile, condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione d spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile ammessa al patrocinio a spese dello Stato, nella misura che sarà liquidata dalla Corte d’Appello di Caltanissetta con separato decreto di pagamento ai sensi degli artt. 82 e 83
D.P.R. 115/2002, disponendo il pagamento in favore dello Stato.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile ammessa al patrocinio a spese dello Stato, nella misura che sarà liquidata dalla Corte d’Appello di Caltanissetta con separato decreto di pagamento ai sensi degli artt. 82 e 83 D.P.R. 115/2002, disponendo il pagamento in favore dello Stato.
Così deciso il 27 settembre 2023.