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Ricorso inammissibile: quando è generico o ripetitivo

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile quando i motivi sono generici o una mera ripetizione di quanto già discusso in appello. In questo caso, due ricorsi contro una condanna per rapina sono stati respinti: il primo per indeterminatezza, in violazione dell’art. 581 c.p.p., e il secondo perché si limitava a riproporre le stesse argomentazioni già respinte dalla Corte d’Appello. La decisione comporta per i ricorrenti la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione e i Limiti dell’Impugnazione

Presentare un ricorso in Cassazione è l’ultimo grado di giudizio, ma non è una porta aperta a qualsiasi tipo di contestazione. Un’ordinanza recente della Suprema Corte ci ricorda i rigorosi paletti procedurali che, se non rispettati, portano a una declaratoria di ricorso inammissibile. Questa decisione sottolinea due vizi capitali che ogni avvocato deve evitare: la genericità dei motivi e la mera ripetizione delle argomentazioni già respinte in appello. Analizziamo come la Corte abbia applicato questi principi in un caso concreto.

I fatti del caso

Due persone, condannate dalla Corte d’Appello di Roma per rapina aggravata (e, per una di esse, anche tentata rapina pluriaggravata), hanno proposto ricorso per Cassazione contestando la correttezza della motivazione che aveva fondato il loro giudizio di responsabilità. Entrambi i ricorsi, tuttavia, sono stati fermati prima ancora di poter essere discussi nel merito, poiché la Suprema Corte li ha ritenuti privi dei requisiti minimi per un’analisi approfondita.

L’analisi della Corte sul ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha esaminato separatamente i due ricorsi, riscontrando in ciascuno una diversa ma ugualmente grave carenza procedurale che ne ha determinato l’inammissibilità.

Il motivo generico e indeterminato

Il primo ricorso è stato giudicato inammissibile per “genericità e indeterminatezza”. Secondo i giudici, il motivo di impugnazione non rispettava i requisiti dell’art. 581, comma 1, lettera c), del codice di procedura penale. La norma impone al ricorrente di indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Nel caso di specie, l’atto si limitava a contestare la motivazione della sentenza d’appello in modo vago, senza fornire al giudice gli strumenti per individuare i punti specifici della decisione da riesaminare. Mancava, in sostanza, una critica mirata e argomentata, rendendo impossibile per la Corte esercitare il proprio sindacato.

La pedissequa reiterazione dei motivi d’appello

Il secondo ricorso inammissibile è stato invece stroncato perché considerato una “pedissequa reiterazione” dei motivi già presentati e respinti dalla Corte d’Appello. I giudici di legittimità hanno osservato che l’appellante si era limitato a riproporre le stesse identiche argomentazioni del secondo grado, senza confrontarsi criticamente con la motivazione della sentenza impugnata. La Corte d’Appello aveva fornito una risposta chiara e completa, individuando gli elementi costitutivi dei reati sulla base di un solido quadro probatorio. Il ricorso in Cassazione, ignorando tale motivazione e limitandosi a ripetere doglianze già superate, ha perso la sua funzione tipica, che è quella di criticare la sentenza di secondo grado, non di riproporre un appello.

Le motivazioni della decisione

La motivazione della Corte si fonda su un principio cardine del processo penale: il ricorso per Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono ripresentare all’infinito le stesse tesi difensive. La sua funzione è quella di controllare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. Per questo, i motivi devono essere specifici, pertinenti e devono attaccare direttamente le ragioni esposte dai giudici d’appello. Un ricorso è “apparente” e quindi inammissibile quando, pur essendo formalmente presentato, non assolve a questa funzione critica e si limita a ripetere argomenti già vagliati o a formulare censure generiche.

Le conclusioni

Questa ordinanza offre una lezione pratica fondamentale: la redazione di un ricorso per Cassazione richiede precisione e specificità. Non basta essere in disaccordo con una sentenza; è necessario smontarla pezzo per pezzo, evidenziandone i vizi logici o giuridici con argomenti nuovi o comunque calibrati sulla motivazione che si intende censurare. La conseguenza di un ricorso inammissibile non è solo la conferma della condanna, ma anche l’imposizione di una sanzione economica (in questo caso, 3.000 euro per ciascun ricorrente) e il pagamento delle spese processuali, a testimonianza della serietà con cui l’ordinamento sanziona l’abuso dello strumento processuale.

Quando un ricorso in Cassazione viene considerato “generico”?
Un ricorso è considerato generico quando non indica in modo specifico e chiaro i motivi di diritto e gli elementi di fatto su cui si fonda, violando l’art. 581, comma 1, lett. c) del codice di procedura penale. In pratica, non consente al giudice di individuare i rilievi mossi alla sentenza impugnata.

Cosa si intende per “pedissequa reiterazione” dei motivi d’appello?
Significa che il ricorso si limita a ripetere esattamente le stesse argomentazioni già presentate e respinte nel giudizio d’appello, senza formulare una critica specifica e argomentata contro la motivazione della sentenza di secondo grado.

Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile?
La Corte non esamina il merito della questione. Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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