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Ricorso inammissibile: quando è generico e tardivo

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile contro una condanna per violazione di una misura preventiva. Il ricorso è stato ritenuto inammissibile sia per la genericità e ripetitività dei motivi, che ricalcavano quelli già respinti in appello, sia perché la richiesta di assoluzione per particolare tenuità del fatto non era stata presentata nel precedente grado di giudizio.

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Pubblicato il 10 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione e i Limiti dell’Appello

Presentare un ricorso in Cassazione è l’ultima spiaggia per chi cerca giustizia, ma non è una strada priva di ostacoli. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ci ricorda quali sono i paletti procedurali invalicabili, dichiarando un ricorso inammissibile e spiegando chiaramente perché. Questo caso offre spunti preziosi sulla necessità di formulare motivi di appello specifici e di non introdurre nuove richieste nel giudizio di legittimità.

Il Contesto del Caso Giudiziario

Il ricorrente era stato condannato in primo e secondo grado per la violazione dell’art. 75, comma 2, del d.lgs. n. 159/2011, un reato legato all’inosservanza delle prescrizioni imposte da una misura di prevenzione. Nello specifico, era stato condannato a cinque mesi e dieci giorni di reclusione dalla Corte d’Appello di Brescia, in parziale riforma della sentenza del Tribunale. L’imputato decideva quindi di presentare ricorso per cassazione, affidandosi a due principali motivi di doglianza.

I Motivi del Ricorso e la loro Valutazione

I motivi presentati alla Suprema Corte erano essenzialmente due:
1. Violazione di legge e vizio di motivazione: Si contestava la valutazione dei giudici di merito, i quali non avrebbero ritenuto giustificato l’allontanamento dell’imputato dalla sua abitazione, nonostante le spiegazioni fornite.
2. Mancata assoluzione per particolare tenuità del fatto: Si lamentava il mancato proscioglimento ai sensi dell’art. 131-bis del codice penale, data la presunta palese tenuità del fatto commesso.

La Corte di Cassazione ha esaminato entrambi i punti, giungendo a una conclusione netta: il ricorso era, nel suo complesso, inammissibile.

La Decisione della Corte: un Ricorso Inammissibile

La Suprema Corte ha basato la sua decisione su principi consolidati della procedura penale, evidenziando due carenze fondamentali nell’atto di impugnazione.

La Genericità e Ripetitività dei Motivi

Il primo motivo di ricorso è stato giudicato generico e aspecifico. La Corte ha osservato che l’imputato si era limitato a riproporre le stesse argomentazioni già presentate e respinte con motivazione logica e completa nei precedenti gradi di giudizio. Secondo la giurisprudenza costante, è inammissibile un ricorso che reitera i motivi d’appello senza confrontarsi criticamente con le ragioni della sentenza impugnata. In pratica, non basta ripetere le proprie tesi, ma è necessario spiegare perché la decisione del giudice d’appello sarebbe errata.

La Tardività della Richiesta di Particolare Tenuità del Fatto

Ancora più netto il giudizio sul secondo motivo. La richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) non era mai stata formulata con i motivi di appello. Di conseguenza, non poteva essere proposta per la prima volta nel giudizio di legittimità. Questo principio serve a garantire la corretta progressione del processo, evitando che vengano introdotte questioni nuove in una fase, come quella della Cassazione, deputata al solo controllo di legittimità.

Le Motivazioni della Cassazione

Nelle sue motivazioni, la Corte ha ulteriormente precisato che, anche volendo considerare la possibilità per il giudice d’appello di rilevare ex officio la sussistenza della particolare tenuità del fatto, nel caso di specie tale valutazione era stata implicitamente effettuata e motivata. La Corte d’Appello, infatti, aveva valutato la gravità del fatto secondo i criteri dell’art. 133 c.p., ritenendola “modesta ma non particolarmente tenue”. Questa valutazione, seppur implicita, è stata considerata sufficiente a escludere l’applicabilità dell’art. 131-bis c.p., rendendo infondata qualsiasi doglianza sulla presunta lacuna motivazionale. Pertanto, la dichiarazione di inammissibilità è stata la conseguenza logica e inevitabile.

Conclusioni: Lezioni Pratiche dalla Sentenza

L’ordinanza in esame ribadisce due principi fondamentali per chiunque affronti un procedimento penale. Primo: un ricorso per cassazione deve essere specifico e critico nei confronti della sentenza impugnata, non una mera ripetizione di argomenti già vagliati. Secondo: le strategie difensive, inclusa la richiesta di applicazione di cause di non punibilità come la particolare tenuità del fatto, devono essere articolate fin dai primi gradi di giudizio. Introdurre nuovi elementi in Cassazione è una mossa destinata al fallimento, che comporta non solo la conferma della condanna, ma anche il pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria alla Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie.

Perché un ricorso per cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso può essere dichiarato inammissibile se è generico, aspecifico o se si limita a riproporre gli stessi motivi già respinti nei gradi di merito, senza confrontarsi criticamente con la motivazione della sentenza impugnata. È inoltre inammissibile se introduce per la prima volta questioni che dovevano essere sollevate in appello.

È possibile chiedere l’assoluzione per “particolare tenuità del fatto” per la prima volta in Cassazione?
No, la richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) deve essere formulata nei motivi di appello. Se non viene presentata in quella sede, non può essere dedotta per la prima volta nel giudizio di legittimità davanti alla Cassazione.

Cosa succede quando un ricorso viene dichiarato inammissibile?
Quando la Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile, non esamina il merito della questione. Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di una colpa scusabile, al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come nel caso specifico, quantificata in 3.000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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