Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 4926 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 4926 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME nato a Vibo Valentia il 01/11/1980
avverso l’ordinanza emessa il 30 aprile 2024 dal Tribunale di Catanzaro
visti gli atti, l’ordinanza e il ricorso; udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Catanzaro ha confermato la misura della custodia cautelare in carcere applicata a NOME COGNOME per il reato di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 dei 1990 e numerosi reati fine, in relazione ai quali è stata contestata l’aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen.
2.Ricorre per cassazione NOME COGNOME deducendo undici motivi di ricorso di seguito riassunti nei termini strettamente necessari per la motivazione.
2.1. Vizio di motivazione in relazione al ruolo verticistico attribuito al ricorrente nell’ambito del sodalizio, posto che dalle intercettazioni valorizzate ai fini del giudizio di gravità indiziaria relativo ai reati fine è emerso che lo stesso, ogni qual volta sorgeva un problema relativo ad un accordo, aveva la necessità di rivolgersi ad altri. Si rileva, inoltre, che non è stato svolto alcun accertamento in merito alla effettiva disponibilità della sostanza stupefacente in contestazione.
2.2. Con il secondo, terzo, quarto, quinto, sesto, settimo e ottavo motivo, tra loro logicamente connessi, si deducono vizi di violazione di legge in merito al giudizio di gravità indiziarla relativo ai reati di cui ai capi 2, 3, 5, 6, 7, 8, 9, 12, 13, e di motivazione in relazione al giudizio di gravità indiziaria relativo ai reati di cui ai capi 15, 16, 17, 21 e 25.
L’argomento che accomuna le censure formulate in relazione ai singoli capi attiene sia al ritenuto oggetto di tali conversazioni, riferito, sulla base d congetture, a sostanze stupefacenti, che alla mancanza di successivi riscontri, quali, ad esempio, un sequestro, che dimostri la effettiva disponibilità della sostanza.
2.3. Con il nono motivo si deduce il vizio di motivazione in relazione alla circostanza aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen., contestata in relazione a tutti i capi di imputazione provvisoria, non essendo emersi elementi indiziari indicativi della consapevolezza e volontà del ricorrente di occuparsi dell’attività di narcotraffico al fine di agevolare le locali di ‘ndrangheta di Zungri e Mileto e della oggettiva idoneità dei delitti a consolidare o rafforzare il sodalizio mafioso.
2.4 Con il decimo motivo si deduce il vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari, stante l’attuale detenzione del ricorrente in quanto sottoposto a misura custodiale in altro procedimento, la risalenza nel tempo dei fatti contestati nonché il c.d. tempo silente intercorso tra detti fatti e l’ordinanza cautelare.
2.5. Con l’undicesimo motivo si deduce il vizio di motivazione in relazione alla proporzionalità e adeguatezza della misura applicata e ciò in considerazione dei reati oggetto di imputazione provvisoria per i quali non si ritiene operante la duplice presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della sola misura custodiale e l’attuale detezione per altra causa del ricorrente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Prima di esaminare i singoli motivi di ricorso, appare necessaria una
considerazione generale sulla struttura argomentativa del ricorso (che non contiene alcun riferimento all’ordinanza impugnata, ma si limita a richiamare stralci dell’ordinanza genetica, confutandone gli argomenti sulla base di meri argomenti congetturali o ipotetici e senza alcuna illustrazione del vizio enunciato. Tale carenza argomentativa sarebbe già sufficiente a dichiarare inammissibile il ricorso, non rispondendo, questo, al necessario requisito di specificità dell’atto di impugnazione, quale critica argomentata alle ragioni poste a fondamento del punto della decisione oggetto di censura. In ogni caso, anche volendosi prescindere da tale carente ed inadeguata struttura argomentativa del ricorso, considerando implicito in ogni motivo il riferimento all’ordinanza impugnata, il ricorso è, comunque, inammissibile per le ragioni che saranno di seguito esposte.
Il primo motivo non è consentito in questa Sede in quanto, oltre ad esprimere un generico dissenso rispetto all’ordinanza impugnata, non è sorretto da un interesse ad impugnare del ricorrente, atteso che l’eventuale esclusione del ruolo verticistico non ha alcuna influenza sull’applicabilità della misura cautelare né sulla sua durata (cfr., da ultimo, Sez. 2, n. 17366 del 21/12/2022, dep.2023, Renna, Rv. 284489).
Il secondo, terzo, quarto, quinto, sesto, settimo e ottavo motivo di ricorso, da esaminare congiuntamente in quanto tra loro logicamente connessi, al di là della enunciazione del vizio di violazione di legge e di motivazione, non sono consentiti in questa Sede,in quanto si limitano ad esprimere un generico dissenso rispetto alla interpretazione del contenuto delle intercettazioni utilizzate quale piattaforma del giudizio di gravità indiziaria relativo ai reati fine. Va, a t riguardo, ribadito che, in tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715). In particolare, quanto alla fattispecie in esame, l’ordinanza impugnata ha ricostruito il contenuto delle conversazioni intercettate senza incorrere in alcuna manifesta illogicità, ponendo l’accento sugli espliciti riferimenti a prezzo, qualità e quantità concordati dagli interlocutori ( nonché sui termini adottati per riferirsi alla sostanza stupefacente. Parimenti adeguata ed immune da vizi è la motivazione sul giudizio di gravità indiziaria relativa ai singoli reati f (cfr. le pagine da 4 a 10 dell’ordinanza impugnata), non essendo, peraltro, a tal fine necessario, a fronte delle risultanze emergenti dalle intercettazioni e della
interpretazione offerta dai Giudici di merito, alcun riscontro correlato all’eventuale sequestro della sostanza stupefacente.
Il nono motivo è inammissibile per carenza di interesse del ricorrente, non derivando alcuna concreta utilità, sull'”an” o sul “quomodo” della misura, dall’eventuale accoglimento della doglianza (cfr. Sez. 6, n. 5213 del 11/12/2018, dep.2019, COGNOME, Rv. 275028).
Il decimo e l’undicesimo motivo, da esaminare congiuntamente in quanto tra loro logicamente connessi, sono generici. L’ordinanza impugnata, con motivazione immune da vizi logici o giuridici, completamente trascurata dal ricorrente, ha adeguatamente motivato sulla concretezza ed attualità delle esigenze cautelari nonché sulla adeguatezza esclusiva della misura custodiale (cfr. la pagina 11 dell’ordinanza). In particolare, il Tribunale, premessa l’applicabilità nella fattispecie della presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., ha escluso l’incidenza del cd. “tempo silente” e dell’attuale stato di detenzione per altra causa del ricorrente, ponendo l’accento sull’autonomia dei due procedimenti e, soprattutto, sul rilievo assorbente attribuito alla reiterazione dei reati-fine, all connessione dell’attività di narcotraffico con le cosche mafiose operanti nel territorio, ai precedenti penali a carico del ricorrente ed alla pendenza di altro procedimento specifico a suo carico.
All’inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila da versare in favore della Cassa delle ammende, non potendosi ritenere che lo stesso abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. n. 186 del 2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 21 novembre 2024
Il Consigliere estensore