Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 6009 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 6009 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/11/2023
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 17/11/2022 della CORTE APPELLO di TRIESTE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata in relazione al capo h), dichiarando inammissibili nel resto i ricorsi;
lette le conclusioni del difensore AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’annullamento della sentenza impugnata con le conseguenze di legge.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Trieste, con sentenza del 17/11/2022 ha parzialmente riformato la sentenza del Tribunale di Gorizia del 16/09/2020 e, per quanto qui di interesse, ha confermato la condanna inflitta a NOME COGNOME in relazione ai capi h) (art. 648 cod. pen.) e p) (artt. 110, 648 cod. pen.) e NOME COGNOME in relazione al capo j) (art. 648 cod. pen.), rideterminando la pena di giustizia, attesa la assoluzione degli stessi dai reati ascritti ai capi a) b) c) d) e) f) g) I) m) n) e o) per non aver commesso il fatto
e la dichiarazione di non doversi procedere per intervenuta prescrizione per i capi i) e k).
Avverso la predetta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione, per mezzo del proprio difensore, COGNOME e COGNOME, deducendo motivi di ricorso che qui si riportano nei limiti strettamente necessari per la motivazione ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Mancanza e contraddittorietà della motivazione in relazione alle censure difensive articolate con l’atto di appello relativamente ai reati di cui ai capi h) p) e j); la Corte di appello afferma con motivazione di stile e senza alcun approfondimento sui motivi di appello che le censure sul punto erano state proposte con esclusivo riferimento al COGNOME, mentre erano state articolate censure specifiche con riferimento a tutti e tre gli originari imputati sia in fatto quanto alle caratteristiche dei luoghi e alla portata degli accertamenti, che in diritto con la conclusione secondo la quale gli stessi dovevano essere assolti perché il fatto non costituisce reato.
2.2. Inosservanza o erronea applicazione dell’art. 62-bis cod. pen. e art. 99 cod. pen. ed art. 597 cod. proc. pen., oltre che vizio della motivazione nella parte in cui il giudice di appello non ha in alcun modo motivato in ordine alla richiesta di disapplicazione delle recidive ed alla mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche, già riconosciute dal Tribunale di Gorizia. Le circostanze attenuanti generiche avrebbero dovuto essere riconosciute, la loro mancata applicazione costituisce una reformatio in peius.
Il Procuratore generale ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio in relazione al capo h), con inammissibilità nel resto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono inammissibili, perché proposti con motivi manifestamente infondati, generici e non consentiti.
Il primo motivo di ricorso non è consentito, oltre che manifestamente infondato. In via preliminare, occorre rilevare come gli argomenti proposti in senso critico quanto alla intervenuta affermazione di responsabilità siano ampiamente reiterativi dei motivi di appello, che si caratterizzavano per estrema genericità ed aspecificità già in quella sede. In tal senso, deve essere ribadito il principio di diritt affermato da questa Corte, secondo il quale è inammissibile il ricorso per cassazione
fondato sugli stessi motivi proposti con l’appello e motivatamente respinti in secondo grado, sia per l’insindacabilità delle valutazioni di merito adeguatamente e logicamente motivate, sia per la genericità delle doglianze che, così prospettate, solo apparentemente denunciano un errore logico o giuridico determinato (Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, COGNOME, Rv. 260608-01). La giurisprudenza di legittimità ha, infatti, chiarito che il ricorso di cassazione che riproduce e reitera gli stessi motiv prospettati con l’appello, e motivatamente respinti in secondo grado, non si confronta criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato, ma si limita, in maniera generica, a lamentare una presunta carenza o illogicità della motivazione (Sez.2, n. 27816 del 22/03/2019, Rovinelli, Rv. 276970-01).
Inoltre, nel caso di specie, la Corte di appello ha ritenuto la responsabilità dei ricorrenti con motivazione del tutto conforme e piena condivisione delle argomentazioni spese dal giudice di primo grado. Vi è stata, dunque, non solo la medesima decisione, ma anche una concordanza nell’analisi e nella valutazione dei risultati probatori posti a fondamento della stessa. Si deve ricordare che la sentenza di appello si salda con quella precedente per formare un unico complessivo corpo argomentativo, specie quando i motivi di gravame non abbiano riguardato elementi nuovi, ma si siano limitati a prospettare circostanze già esaminate e ampiamente chiarite nella pronuncia di primo grado (Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218-01; Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, COGNOME, Rv. 257595-01; Sez. 3, n. 13926 del 01/12/2011, COGNOME, Rv. 252615-01; Sez. U, n. 6682 del 04/02/1992, COGNOME, Rv. 191229-01). Pertanto, in presenza di una doppia conforme anche nell’iter motivazionale, il giudice di appello non è tenuto a compiere un’analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente ogni risultanza processuale, essendo invece sufficiente che, anche attraverso una valutazione globale, egli spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni del suo convincimento, dimostrando di aver tenuto presente i fatti decisivi. Ne consegue che in tal caso debbono considerarsi implicitamente disattese le argomentazioni che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata (Sez. 2, n. 46261 del 18/09/2019, COGNOME, Rv. 277593-01; Sez. 1, n. 37588 del 18/06/2014, COGNOME, Rv. 260841-01). Ciò è all’evidenza riscontrabile nella sentenza impugnata, che ha esaminato ed espressamente confutato le deduzioni difensive negli aspetti fondamentali sollevati con motivazione congrua, articolata logicamente e priva di aporie, in relazione ai capi di imputazione oggetto di condanna, con particolare riferimento ad elementi del tutto univoci emergenti dai verbali di perquisizione e sequestro, anche con riferimento specifico ai beni rinvenuti, tenuto conto delle modalità di detenzione, delle caratteristiche dei Corte di Cassazione – copia non ufficiale
luoghi ove venivano rinvenuti (pag. 8 e seg.), chiaramente indicative della diretta riferibilità delle condotte agli stessi ricorrenti.
In sede di legittimità, quindi, non è censurabile la sentenza per il silenzio su una specifica doglianza prospettata con il gravame, quando questa risulti disattesa dalla motivazione complessivamente considerata, essendo sufficiente, per escludere la ricorrenza del vizio previsto dall’art. 606, comma 1 lett. e), cod. proc. pen., che essa evidenzi una ricostruzione dei fatti che implicitamente conduca alla reiezione della prospettazione difensiva, senza lasciare spazio a una valida alternativa (Sez. 2, n. 35817 del 10/07/2019, COGNOME, Rv. 276741-01; Sez. 5, n. 6746 del 13/12/2018, COGNOME, Rv. 275500-01; Sez. 2, n. 1405 del 10/12/2013, COGNOME, Rv. 259643-01; Sez. 5, n. 607 del 14/11/2013, COGNOME, Rv. 256879-01), come avvenuto nel caso in esame, con motivazione logica ed argomentata, che non si presta a censure in questa sede, soprattutto ove si consideri che i motivi di appello si caratterizzavano per estrema genericità ed aspecificità, senza essersi effettivamente confrontati con la pluralità di elementi riferibili ai ricorrenti quan alle condotte contestate, sicché nel caso concreto non si può certamente ritenere presente il vizio denunciato, dunque né la mancanza, né tanto meno la contraddittorietà della motivazione sul punto, essendo stato ampiamente ricostruito il contesto, le caratteristiche dei beni rinvenuti, la mancata giustificazione in ordin alla disponibilità degli stessi, la piena corrispondenza con una serie di beni oggetto di sottrazione illecita.
COGNOME Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato. Contrariamente a quanto affermato dalla difesa sussiste una motivazione specifica ed argomentata in tema di recidiva (pag.9), con la quale risulta totalmente omesso il confronto. Il tema della concessione e caratteristiche delle circostanze attenuanti generiche in materia di bilanciamento è poi affrontato in modo del tutto aspecifico e ancora una volta non si confronta con la motivazione della Corte di appello, quanto al regime delle stesse (pag.9), evidentemente ritenute in regime di equivalenza con la contestata recidiva, come emerge dal chiaro computo della pena, ampiamente inferiore alla media edittale e in mancanza di qualsiasi profilo di irragionevolezza nella argomentazione della Corte di appello. Non ricorre, quindi, alcuna reformatio in peius da riferire, come sostenuto dalla difesa nel proprio ricorso (pag.7), “alla mancata applicazione delle circostanze in esame”, atteso che le stesse sono state applicate in regime di equivalenza, come evidenziato con motivazione congrua dalla Corte di appello, che ha precisato come non potessero essere concesse in regime di prevalenza rispetto alla recidiva compiutamente ritenuta in motivazione, con argomenti che non si prestano ad alcuna censura in questa sede (pag.9).
Ne consegue che è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione (Sez. 2, n. 17347 del 26/01/2021, COGNOME NOME, Rv. 281217-01, in motivazione). Il giudice, dunque, nel realizzare il giudizio di determinazione della pena “non è tenuto ad una analitica enunciazione di tutti gli elementi presi in considerazione, ma può limitarsi alla sola enunciazione di quelli determinanti per la soluzione adottata, la quale è insindacabile in sede di legittimità qualora sia immune da vizi logici di ragionamento”. (Sez. 3, n. 6877 del 26/10/2016, S., Rv. 269196-01, Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, COGNOME, Rv. 259142-01, Sez. 3, n. 1182 del 17/10/2007, Cilia, Rv. 238851-01).
In conclusione, i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma, stimata equa, di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Così deciso il 14 novembre 2023.