Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 27110 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 27110 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a TORRE ANNUNZIATA il 29/08/1986
avverso la sentenza del 19/06/2024 della CORTE APPELLO di VENEZIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME
letta la memoria difensiva;
ritenuto che il primo motivo di ricorso, che deduce l’improcedibilità dell’azione penale per tardività della querela, non è consentito perché fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito a pag. 6 della sentenza impugnata, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
considerato che il secondo motivo di ricorso che deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla mancata rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale ex art. 603 cod. proc. pen. al fine di effettuare una perizia grafologica è manifestamente infondato poiché prospetta enunciati ermeneutici in palese contrasto con la consolidata giurisprudenza di legittimità per la quale “alla rinnovazione dell’istruzione nel giudizio di appello, di cui all’art. 603, comma primo, cod. proc. pen., può ricorrersi solo quando il giudice ritenga “di non poter decidere allo stato degli atti”, sussistendo tale impossibilità unicamente quando i dati probatori già acquisiti siano incerti, nonché quando l’incombente richiesto sia decisivo, nel senso che lo stesso possa eliminare le eventuali incertezze ovvero sia di per sé oggettivamente idoneo ad inficiare ogni altra risultanza” (Sez. 3, n. 35372 del 23/05/2007, COGNOME, Rv. 237410; Sez. 5, n. 32379 del 12/04/2018, COGNOME, Rv. 273577); in particolare, nel caso di specie, il giudice di appello, con motivazione priva di vizi logici, ha correttamente ritenuto l’indubbia autenticità della sottoscrizione dell’imputata (si veda pag. 4 della sentenza impugnata);
osservato che il terzo motivo di ricorso, che contesta la correttezza della motivazione posta a base del giudizio di responsabilità per il delitto di cui all’art. 642 cod. pen. ed il travisamento della prova in cui sarebbero incorsi i giudici di merito, è generico perché fondato su argomenti che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame e, pertanto, non specifici;
che, invero, la mancanza di specificità del motivo, dalla quale, a mente dell’art. 591 comma 1 lett. c), deriva l’inammissibilità, si desume dalla mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata (si vedano le pagg. 7-8 della sentenza impugnata) e quelle poste a fondamento dell’impugnazione;
che, inoltre, giova ribadire che il travisamento della prova, introdotto quale
ulteriore criterio di giudizio della contraddittorietà estrinseca della motivazione dalla legge 20 febbraio 2006, n. 46, non costituisce il mezzo attraverso cui
questa Corte possa valutare nel merito la prova, bensì lo strumento per saggiare la tenuta della motivazione alla luce della sua coerenza logica con i fatti sulla
base dei quali si fonda il ragionamento e, nel caso di specie, i giudici di merito hanno ampiamente motivato, in aderenza ai dati probatori emersi nel processo,
circa la riconducibilità della condotta criminosa all’odierna ricorrente;
ritenuto che il quarto motivo di ricorso che lamenta la mancata applicazione
della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen., non è consentito perché fondato su doglianze meramente reiterative di quelle già dedotte in
appello e puntualmente disattese dalla corte di merito alle pagg. 8-9 della sentenza impugnata, dovendosi le stesse considerare non caratterizzate da un
effettivo confronto con le ragioni poste a base della decisione omettendo, così, di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza
oggetto di ricorso(si vedano le pagg. 8-9 della sentenza impugnata);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 17 giugno 2025.