Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 2596 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 2596 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a ALGHERO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 28/03/2023 della CORTE di APPELLO di CAGLIARI SEZIONE DISTACCATA di SASSARI visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso; ricorso trattato con contraddittorio scritto ai sensi dell’art. 23, comma 8, D. L.
137/2020.
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
La Corte di appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, con sentenza del 28/3/2023 confermava la sentenza pronunciata dal Tribunale di Sassari in data 26/1/2018, che aveva condanNOME NOME COGNOME per il reato di cui all’art. 648 cod. pen.
L’imputato, a mezzo del difensore, ha interposto ricorso per cassazione, deducendo con il primo motivo la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen. per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione. Evidenzia che la sentenza impugnata non supera le doglianze difensive relative al reato presupposto, in quanto non vi è prova che il
profondimetro da polso messo in vendita dall’imputato fosse proprio quello sottratto alla persona offesa; che si tratta di un oggetto abbastanza diffuso e che ai canali tradizionali di vendita occorre aggiungere i siti on line di vendita.
2.1 Con il secondo motivo chiede applicarsi la causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen.
3. Il ricorso è inammissibile.
3.1 II primo motivo non è consentito dalla legge, in quanto costituito da mere doglianze di fatto, tutte finalizzate a prefigurare una rivalutazione alternativa delle fonti probatorie, estranee al sindacato di legittimità.
Deve esser evidenziato, inoltre, che il motivo è reiterativo di medesime doglianze inerenti alla ricostruzione dei fatti e all’interpretazione del materiale probatorio già espresse in sede di appello ed affrontate in termini precisi e concludenti dalla Corte territoriale.
Tenuto conto della peculiare modalità di redazione, che ha sostanzialmente riprodotto il contenuto del motivo di appello, rileva il Collegio come il ricorso non si confronti affatto con la motivazione del provvedimento impugNOME, che ha valorizzato, in particolare, la non attendibile giustificazione fornita dall’imputat in ordine al possesso del profondimetro da polso – che in un primo momento aveva ammesso di averlo offerto in vendita ad un prezzo irrisorio, per poi negare di averlo avuto nella materiale disponibilità – ed ha applicato il consolidato principio di diritto per cui risponde del reato di ricettazione colui, che, trovat nella disponibilità di refurtiva di qualsiasi natura, in assenza di elementi probatori indicativi della riconducibilità del possesso alla commissione del furto, non fornisca una spiegazione attendibile dell’origine del possesso (sul punto, ex plurimis, Sezione 2, n. 27867 del 17/6/2019, Poliziani, Rv. 276666 – 01; Sezione 2, n. 20193 del 19/4/2017, Kebe, Rv. 270120 – 01).
Come reiteratamente affermato dalla giurisprudenza di legittimità, è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi non specifici, ossia generici ed indeterminati, che ripropongono le stesse ragioni già esaminate e ritenute infondate dal giudice del gravame o che risultano carenti della necessaria correlazione tra le argomentazioni riportate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione (Sezione 6, n. 23014 del 29/4/2021, B., Rv. 281521 – 01; Sezione 3, n. 50750 del 15/6/2016, COGNOME, Rv. 268385 – 01; Sezione 4, n. 18826 del 09/02/2012, COGNOME, Rv. 253849; Sezione 4, n. 34270 del 3/7/2007, COGNOME Rv. 236945 – 01).
3.2 Inammissibile è anche il secondo motivo, in quanto del tutto generico.
Questa Corte ha avuto modo di affermare che l’applicabilità della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen., come novellato dall’art. 1, comma
1, lett. c), n. 1 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, in ragione della natura sostanziale dell’istituto, oltre ad essere questione deducibile per la prima volta nel giudizio di legittimità in quanto non proponibile in precedenza, può essere rilevata dalla Corte anche di ufficio ex art. 609, comma 2, cod. proc. pen. (Sezione 4, n. 9466 del 15/2/2023, Castrignano, Rv. 284133 – 01; Sezioni Unite, n. 13681 del 25/2/2016, Tushaj, Rv. 266589 – 01). Tuttavia, nel caso di specie, non sussistono le condizioni per addivenire ex officio a una pronuncia demolitoria da parte di questa Corte di legittimità, atteso che il tema non ha formato oggetto di trattazione nel giudizio di merito, con la conseguenza che dalla sentenza non è dato rilevare alcun elemento al quale possa essere agganciata la relativa valutazione. Del resto, la richiesta è posta in termini del tutto apodittici generici, non risultando adeguatamente argomentata, con la specifica indicazione delle ragioni legittimanti la pretesa applicazione di tale causa di non punibilità. In proposito, la giurisprudenza di legittimità ha avuto cura di precisare che l’interprete deve sindacare, in primo luogo, la specificità intrinseca, ancor prima che quella estrinseca, dell’atto di impugnazione, che richiede, per l’appunto, che essa non si articoli attraverso doglianze del tutto generiche o astratte (Sezioni Unite, n. 8825 del 27/10/2016, COGNOME, in motivazione), ciò che – come si è evidenziato – è avvenuto nella specie, essendosi il ricorrente limitato alla richiesta senza correlarla ad alcun elemento in fatto e in diritto.
All’inammissibilità del ricorso segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il giorno 15 gennaio 2024.