Ricorso inammissibile: quando è generico e infondato
L’esito di un processo penale non sempre si conclude con il giudizio di primo o secondo grado. Spesso, la difesa tenta un’ultima via presentando un ricorso alla Corte di Cassazione. Tuttavia, per accedere a questo ultimo grado di giudizio, è necessario rispettare requisiti stringenti. Una recente ordinanza della Suprema Corte ci offre un chiaro esempio di quando un ricorso inammissibile viene respinto, sottolineando l’importanza di formulare motivi specifici e pertinenti. Analizziamo insieme questo caso per capire quali errori evitare.
I Fatti del Caso
Un imputato, condannato nei gradi di merito, decideva di presentare ricorso per Cassazione contestando la sentenza della Corte d’Appello. I motivi del ricorso si concentravano su tre punti principali:
1. Assenza di dolo: La difesa sosteneva la mancanza di intenzione criminale, portando una versione dei fatti già esaminata e respinta nel corso del processo.
2. Mancata applicazione della particolare tenuità del fatto: Si richiedeva l’applicazione dell’art. 131-bis c.p., facendo leva su un presunto stato di esasperazione dell’imputato.
3. Diniego delle attenuanti generiche: Si contestava la decisione dei giudici di non concedere uno sconto di pena basato su circostanze generiche.
In sostanza, il ricorrente cercava di convincere la Cassazione a riconsiderare elementi fattuali e valutazioni già ampiamente dibattute e decise nei precedenti gradi di giudizio.
L’Analisi del Ricorso Inammissibile da Parte della Corte
La Corte di Cassazione ha esaminato i motivi del ricorso e li ha giudicati, nel loro complesso, inammissibili. La ragione di fondo è che le critiche mosse alla sentenza impugnata non denunciavano reali violazioni di legge o vizi logici nella motivazione, ma si limitavano a riproporre tesi difensive già scartate e a sollecitare una nuova valutazione delle prove. Questo è un compito che esula dalle competenze della Suprema Corte, il cui ruolo è quello di giudice di legittimità, non di merito.
La questione del Dolo e la Rivalutazione dei Fatti
Sul primo punto, relativo al dolo, la Corte ha osservato che la critica era una mera sollecitazione a una “rivalutazione in fatto”. La Corte d’Appello aveva già motivato in modo esauriente perché la versione dell’imputato non era credibile, basandosi su prove testimoniali. Chiedere alla Cassazione di riconsiderare quegli stessi fatti equivale a chiederle di svolgere un’attività che non le compete.
L’Inapplicabilità dell’Art. 131-bis e delle Attenuanti Generiche
Anche gli altri due motivi sono stati respinti con argomentazioni simili. La richiesta di applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto era stata negata dalla Corte d’Appello con una motivazione logica, basata sulle modalità della condotta e sull’intensità del dolo. Allo stesso modo, il diniego delle attenuanti generiche era stato giustificato in base alla personalità dell’imputato e ai suoi precedenti. La Cassazione ha ritenuto queste motivazioni congrue e prive di vizi logici, concludendo che anche questi motivi del ricorso erano generici e manifestamente infondati.
Le Motivazioni della Cassazione
La decisione della Corte si fonda su un principio cardine del nostro sistema processuale: la netta distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità. I tribunali e le corti d’appello valutano le prove e ricostruiscono i fatti. La Corte di Cassazione, invece, verifica che i giudici inferiori abbiano applicato correttamente la legge e abbiano motivato le loro decisioni in modo logico e non contraddittorio.
Un ricorso inammissibile è proprio quello che non rispetta questa distinzione. Se un ricorso si limita a ripetere le stesse argomentazioni già respinte, senza individuare uno specifico errore di diritto nella sentenza impugnata, si configura come un tentativo di ottenere un terzo grado di giudizio di merito, cosa non consentita. Per questo motivo, la Corte ha dichiarato l’inammissibilità, condannando il ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di tremila euro alla cassa delle ammende, una sanzione prevista proprio per scoraggiare ricorsi palesemente infondati.
Le Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce una lezione fondamentale per chiunque si approcci al giudizio di Cassazione. Non è sufficiente essere in disaccordo con la decisione di un giudice per poterla impugnare con successo davanti alla Suprema Corte. È indispensabile che il ricorso evidenzi vizi specifici, che si tratti di un’errata interpretazione di una norma di legge (error in iudicando) o di un difetto logico grave nella motivazione della sentenza (error in procedendo). In assenza di tali elementi, il ricorso sarà dichiarato inammissibile, con conseguenze economiche negative per il ricorrente.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi erano generici, manifestamente infondati e miravano a una rivalutazione dei fatti e delle prove, un’attività che non rientra nelle competenze della Corte di Cassazione.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in denaro alla cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro.
È possibile contestare la valutazione del dolo o delle attenuanti davanti alla Corte di Cassazione?
Sì, ma solo se si riesce a dimostrare un vizio di legge o un’illogicità manifesta nella motivazione della sentenza impugnata. Non è possibile, invece, chiedere alla Corte di sostituire la propria valutazione dei fatti a quella, logicamente argomentata, dei giudici di merito.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 23471 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 23471 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 31/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 20/09/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
ritenuto che i motivi di ricorso proposti nell’interesse di COGNOME NOME con i qua contesta la motivazione posta a fondamento dell’affermazione di responsabilità, in particolare sul dolo, e del trattamento sanzionatorio sono inammissibili per genericità e manifesta infondatezza;
rilevato, infatti, che il primo motivo censura la mancata considerazione dell’assenza di dolo e propone elementi di fatto, già esaminati in sentenza, laddove si è dato atto che la tes difensiva, secondo la quale l’imputato, allontanatosi dal luogo di detenzione si era recato Catania in commissariato, si era costituito ed era stato tradotto in carcere, non aveva trovat riscontro nelle dichiarazioni del teste di p.g. ( pag. 2), sicché la critica finisce per sol una rivalutazione in fatto;
analogamente reiterativo e diretto a sollecitare una rivalutazione del giudizio di merito il secondo motivo, che fa leva sullo stato di esasperazione dell’imputato detenuto e sul comportamento tenuto al fine di censurare la ritenuta inapplicabilità dell’art. 131 bis cod. pen., invece, giustificata dal rilievo attribuito alle modalità della condotta e all’intensità d (pag. 3);
non deducibile nonché generico e manifestamente infondato è anche l’ultimo motivo con cui si censura il diniego delle attenuanti generiche, invece, giustificato con congr motivazione per il rilievo assorbente attribuito alle modalità del fatto e alla person dell’imputato, gravato da precedenti (pag.3);
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende, che si stima equo determinare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 31 maggio 2024 Il consigliere estensore COGNOME
e
COGNOME