Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 7981 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 7981 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 05/12/2022 della CORTE APPELLO di MESSINA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO NOME COGNOME
che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio
Ricorso trattato con contraddittorio scritto ai sensi dell’art. 23 co. 8 D.L. n. 137/20 e s.m.i.
RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOME, a mezzo del difensore di fiducia, ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Messina del 5/12/2022, che ha confermato la sentenza del Tribunale di Patti con cui il ricorrente è stato condannato alla pena di giustizia in ordine al reato di usura, oltre al risarcimento del danno e alle spese in favore della parte civile.
Con il primo motivo si eccepisce la nullità della sentenza per difetto di notifica del decreto di citazione per il giudizio di appello. Si lamenta che, pur disponendo l’imputato di un domicilio di residenza, la notifica sia stata erroneamente effettuata al difensore ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen. senza prima tentare la notifica personale all’imputato. Lamenta, altresì, l’omessa pronuncia sulla relativa eccezione da parte della Corte di merito, sebbene formalmente dedotta dalla difesa con pec del 4/12/2022 per l’udienza del 5/12/2022 (si era proceduto con rito cartolare).
Con il secondo motivo si deduce la violazione di legge e la “mancata applicazione delle risultanze probatorie dei testi escussi in corso di dibattimento”.
La censura attiene all’affermazione di responsabilità a cui la Corte di merito era giunta unicamente attraverso le dichiarazioni della persona offesa che, invece, nel processo avrebbe dovuto rivestire tutt’altra veste – la quale aveva ricostruito i fatti in maniera poco accurata e congrua e soprattutto “a proprio uso e consumo”, con l’aiuto della sorella, la quale aveva fornito una ricostruzione dei fatti frammentaria, poco credibile e spesso decisamente contraddittoria.
Insussistente era, poi, l’aggravante soggettiva dell’usura, non essendo sufficiente ad integrare la circostanza la mera allegazione di una situazione di difficoltà economica o finanziaria così come di una misura elevata del tasso di interesse.
Con il terzo motivo si lamenta l’errata commisurazione della pena, da ritenersi “smisurata” rispetto alla condotta posta in essere, tenuto conto dell’assenza della contestata aggravante e dello stato di bisogno in capo alla persona offesa.
Il Pubblico ministero, nella persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, con requisitoria del 27/12/2023, ritenendo che sulla base di quanto prospettato dal ricorrente non possa escludersi la fondatezza del primo motivo di ricorso, ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
Con memoria del 19/01/2024, il difensore e procuratore speciale della parte civile COGNOME NOME, ha concluso per l’inammissibilità e/o il rigetto del
ricorso, con condanna dell’imputato al pagamento delle spese di giudizio, come da notula allegata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Il primo motivo è manifestamente infondato in quanto muove da un errato presupposto di fatto, ossia che non sia stata tentata previamente la notifica del decreto di citazione in appello all’imputato; invero, dall’esame del fascicolo, risulta invece che la Corte di merito dispose la notifica al domicilio di residenza e che questa non andò a buon fine poiché l’imputato risultò irreperibile come da attestazione sulla cartolina dell’ufficiale giudiziario. Di conseguenza, correttamente la notifica per l’udienza è stata poi disposta, ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen., al difensore.
Il secondo motivo è generico.
Quanto all’affermazione di responsabilità, il ricorrente si limita a lamentare l’inconferenza ed inattendibilità delle prove a carico dell’imputato, senza specificarne in concreto le ragioni alla luce dei plurimi argomenti sviluppati nella sentenza impugnata a conferma del narrato della persona offesa e degli elementi di convergente conferma (pagg. 2-3).
Ad analoghe conclusioni può pervenirsi con riferimento alle aggravanti speciali contestate (n. 3 e n. 4 del comma 5 dell’art. 644 cod. pen.), a fronte dell’indicazione di pertinenti elementi fattuali di rispettivo sostegno (pag. 2-3 e 4).
Il terzo motivo è generico in quanto non sono indicate – al di là dei profili legati all’insussistenza delle aggravanti speciali – specifiche ragioni a sostegno della dedotta sproporzione della pena inflitta, la cui misura rinviene congrua motivazione nella sentenza impugnata (pag. 4).
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa per le ammende, così determinata in ragione dei profili di inammissibilità rilevati (Corte cost., 13 giugno 2000 n. 186), nonché alla rifusione delle spese di assistenza e difesa sostenute dalla parte civile nel presente grado di giudizio, liquidate come in dispositivo tenendosi conto dell’attività defensionale svolta e della nota spese presentata.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, nonché alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile COGNOME NOME che liquida in complessivi euro 4.000,00, oltre accessori di legge.
Così deciso, il 25/01/2024