Ricorso Inammissibile: Analisi di una Decisione della Cassazione
Nel processo penale, l’impugnazione di una sentenza è un diritto fondamentale, ma deve rispettare precise regole formali e sostanziali. Quando queste non vengono seguite, il risultato può essere un ricorso inammissibile, come chiarito da una recente ordinanza della Corte di Cassazione. Questo provvedimento offre spunti importanti sulla necessità di formulare motivi di ricorso specifici e non contraddittori, specialmente in materie complesse come quella della continuazione tra reati.
I Fatti del Caso: La Richiesta di Continuazione tra Reati
Il caso ha origine dalla richiesta di un condannato di vedere riconosciuto il cosiddetto ‘vincolo della continuazione’ tra tre diverse sentenze penali emesse a suo carico. Questo istituto giuridico consente di unificare le pene per reati commessi in esecuzione di un unico disegno criminoso, ottenendo una pena complessiva più mite. Le sentenze in questione erano state emesse dalla Corte di Appello di Brescia, dal Tribunale di Mantova e dal GIP del Tribunale di Reggio Emilia.
La Corte di Appello di Bologna, in qualità di giudice dell’esecuzione, aveva respinto l’istanza. La sua decisione si basava su una constatazione precisa: mentre la continuazione era già stata riconosciuta tra le sentenze di Mantova e Reggio Emilia, esisteva una ‘consistente distanza cronologica’ rispetto ai fatti giudicati nella sentenza di Brescia. Questo lasso di tempo, secondo i giudici di merito, interrompeva l’unicità del disegno criminoso, impedendo di applicare il beneficio.
L’Impugnazione in Cassazione e i Motivi del Ricorrente
Contro questa decisione, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione. I suoi motivi si fondavano principalmente su due punti:
1. Contraddittorietà e carenza di motivazione: Il ricorrente sosteneva che la Corte di Appello avesse errato nel basare il rigetto esclusivamente sul dato cronologico.
2. Errata esclusione del vincolo: Si lamentava che la Corte avesse erroneamente escluso la continuazione tra reati gravi come l’associazione a delinquere di stampo mafioso (art. 416 bis c.p.) e l’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti (art. 74 DPR 309/90), nonostante le sentenze in esame non riguardassero tali fattispecie.
La Decisione della Corte: Un Ricorso Inammissibile
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile perché generico e manifestamente infondato. La decisione non entra nel merito della questione sulla continuazione, ma si concentra esclusivamente sui vizi procedurali dell’impugnazione presentata.
Le Motivazioni: Perché il Ricorso è Generico?
La Suprema Corte ha fornito una spiegazione chiara e lineare delle ragioni dell’inammissibilità.
In primo luogo, il ricorso è stato ritenuto contraddittorio. L’appellante accusava la Corte di Appello di aver ‘omesso di valutare l’aspetto della contiguità temporale’, quando invece era stato proprio questo elemento (la distanza cronologica) a fondare la decisione di rigetto. L’argomentazione, quindi, attaccava il provvedimento su una base illogica.
In secondo luogo, il riferimento a reati associativi gravi (art. 416 bis c.p. e 74 D.P.R. 309/90) è stato giudicato irrilevante e non pertinente, poiché nessuna delle tre sentenze in discussione riguardava tali crimini. Questo tipo di argomentazione viene considerata un tentativo di portare la discussione su un piano non attinente al caso specifico, rendendo il motivo di ricorso infondato.
Di conseguenza, la Corte ha concluso che il ricorso era stato proposto per motivi non consentiti dalla legge o, comunque, manifestamente infondati, rientrando così nella previsione dell’art. 606, comma 3, del codice di procedura penale.
Conclusioni: Le Conseguenze di un Ricorso Inammissibile
La pronuncia sottolinea un principio fondamentale: un ricorso in Cassazione non può essere una generica lamentela, ma deve articolare critiche specifiche, logiche e pertinenti rispetto alla motivazione del provvedimento impugnato. Un ricorso inammissibile non solo non ottiene il risultato sperato, ma comporta anche conseguenze negative per il ricorrente. Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la Cassazione ha condannato l’imputato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro alla Cassa delle ammende, proprio a causa dell’evidente infondatezza dei motivi. Questa decisione serve da monito sull’importanza di redigere atti di impugnazione rigorosi e giuridicamente solidi.
Per quale motivo principale la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché lo ha ritenuto generico. I motivi presentati erano contraddittori, in quanto accusavano la corte di merito di aver ignorato l’aspetto temporale, che era invece proprio l’elemento centrale della sua decisione di rigetto.
Cosa significa che un motivo di ricorso è ‘manifestamente infondato’?
Secondo l’ordinanza, un motivo di ricorso è manifestamente infondato quando è proposto per ragioni diverse da quelle consentite dalla legge, ovvero quando appare palesemente privo di qualsiasi base giuridica o fattuale per contestare la decisione precedente.
Quali sono le conseguenze economiche per chi presenta un ricorso inammissibile?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, il ricorrente il cui appello viene dichiarato inammissibile è condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro a favore della Cassa delle ammende (in questo caso, 3000 euro), data l’evidente inammissibilità dei motivi di impugnazione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 24648 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 24648 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 23/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a PALMI il 17/01/1973
avverso l’ordinanza del 28/02/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
La Corte di Appello di Bologna, quale giudice dell’esecuzione, con ordinanza in data 28 febbraio 2024 respingeva l’istanza di COGNOME NOME avente ad oggetto il riconoscimento del vincolo della continuazione fra tre sentenze di condanna: la prima emessa dalla Corte di Appello di Brescia il 27 settembre 2018, la seconda dal Tribunale di Mantova il 23 novembre 2020 e la terza dal Giudice delle Indagini Preliminari del Tribunale di Reggio Emilia in data 26 settembre 2016.
La Corte rilevava che la sentenza del Tribunale di Mantova aveva già riconosciuto la continuazione con i fatti di cui al punto tre, cioè alla sentenza del GIP di Reggio Emilia e, rispetto ai fatti giudicati dalla Corte di Appello di Brescia, ne rilevava la consistente distanza cronologica.
Avverso l’ordinanza di rigetto proponeva ricorso COGNOME Alfredo tramite il difensore lamentando la contraddittorietà e carenza di motivazione in ragione del rilievo ostativo del dato cronologico.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile in quanto generico.
Il ricorrente lamenta, infatti, un vizio di motivazione senza specificarne la natura e la consistenza, con ampie citazioni di sentenze di merito, nonché di sentenze di legittimità, affermando, del tutto contraddittoriamente che “la Corte ha omesso di valutare l’aspetto della contiguità temporale e spaziale”, laddove è proprio in ragione di tale aspetto che ha escluso la continuazione
Afferma altresì che la Corte avrebbe errato nell’escludere il vincolo della continuazione fra i fatti di cui all’art. 74 DPR 309/90 e 416 bis cod.pen., nonostante le sentenze in esame non rechino condanne per alcuno di detti reati.
Conseguentemente si deve ritenere che il ricorso sia inammissibile ai sensi dell’art. 606 co.3 cod. proc. pen perché proposto per motivi diversi da quelli consentiti, ovvero manifestamente infondati.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e – alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186 della Corte costituzionale e in mancanza di elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità» – della somma di euro 3000 a favore della cassa delle ammende, tenuto conto dell’evidente inammissibilità dei motivi di impugnazione
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro tremila in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso il 23/05/2024