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Ricorso inammissibile: quando è generico e aspecifico

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un’imputata condannata per false dichiarazioni. La Corte ha stabilito che un ricorso è inammissibile quando i motivi sono generici e non contestano in modo specifico e argomentato la sentenza di appello. In questo caso, le critiche su dolo e sanzione non erano sufficientemente dettagliate, portando alla conferma della condanna e all’addebito delle spese.

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Pubblicato il 28 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione Sottolinea l’Importanza della Critica Specifica

Nel processo penale, l’impugnazione di una sentenza è un diritto fondamentale, ma deve seguire regole precise per essere efficace. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce quando un ricorso inammissibile viene dichiarato tale per la genericità dei motivi, ribadendo la necessità di una critica argomentata e puntuale. L’analisi di questo caso offre spunti essenziali per comprendere i requisiti di un’impugnazione valida.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale ha origine da una condanna emessa dal Tribunale e parzialmente riformata dalla Corte di Appello. L’imputata era accusata del reato previsto dagli articoli 81 del codice penale e 95 del d.P.R. 115/2002, per aver reso false dichiarazioni in due diverse occasioni (nel 2016 e nel 2017) al fine, presumibilmente, di ottenere benefici di legge.

La Corte di Appello aveva dichiarato estinto per prescrizione il reato relativo alla dichiarazione del 2016. Tuttavia, per la dichiarazione del 2017, aveva rideterminato la pena in un anno di reclusione e 500 euro di multa, concedendo la sospensione condizionale della pena e riconoscendo le attenuanti generiche come equivalenti all’aggravante contestata.

Le Doglianze e il Ricorso Inammissibile in Cassazione

Contro la sentenza d’appello, la difesa ha proposto ricorso per cassazione, basandosi su due motivi principali:
1. Mancanza di motivazione sulla sussistenza del dolo: si contestava che la Corte d’Appello non avesse adeguatamente giustificato la presenza dell’intenzione cosciente e volontaria di commettere il reato.
2. Vizio di motivazione sul trattamento sanzionatorio: si lamentava che la pena inflitta non fosse stata motivata in modo congruo.

La Suprema Corte, tuttavia, ha ritenuto il ricorso interamente inammissibile, poiché entrambi i motivi erano stati formulati in maniera generica e non specifica, senza un reale confronto con le argomentazioni contenute nella sentenza impugnata.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La decisione della Cassazione si fonda su principi consolidati della procedura penale. I giudici hanno spiegato che un ricorso, per essere ammissibile, deve assolvere a una funzione di critica argomentata. Non basta enunciare un dissenso, ma è necessario contestare punto per punto le ragioni logico-giuridiche che hanno portato il giudice precedente a quella decisione.

La Genericità dei Motivi di Ricorso

Secondo la Corte, i motivi presentati dalla difesa si limitavano a ripetere doglianze generiche senza confrontarsi con la motivazione della Corte d’Appello. Quest’ultima, al contrario, era stata ritenuta appropriata, basata su elementi probatori definiti e priva di vizi logici. In particolare, la Corte territoriale aveva chiaramente argomentato sulla sussistenza del dolo, evidenziando l’obiettivo a cui la condotta dell’imputata era diretta e che era stato effettivamente raggiunto. Presentare un motivo di ricorso senza smontare questa argomentazione rende la censura inefficace e, quindi, inammissibile.

La Discrezionalità del Giudice nella Sanzione

Anche riguardo al secondo motivo, la Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: la determinazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito. L’obbligo di motivazione è assolto quando il giudice dà conto di aver applicato i criteri dell’art. 133 del codice penale (gravità del reato, capacità a delinquere del reo, etc.). Una motivazione particolarmente dettagliata è richiesta solo quando la pena inflitta è di gran lunga superiore alla media edittale, circostanza non verificatasi nel caso di specie. Poiché la difesa non ha dimostrato un uso illegittimo di tale potere discrezionale, anche questa critica è stata giudicata generica e, di conseguenza, il ricorso inammissibile.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

L’ordinanza in esame è un monito importante: per impugnare efficacemente una sentenza, non è sufficiente lamentare un errore, ma è indispensabile costruire una critica strutturata che dialoghi con la decisione contestata, evidenziandone le specifiche lacune o i vizi logici. In assenza di tale specificità, il ricorso rischia di essere dichiarato inammissibile, con la conseguenza non solo di rendere definitiva la condanna, ma anche di comportare l’addebito delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

Quando un ricorso per cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando i motivi di impugnazione sono generici e aspecifici, ovvero non si confrontano criticamente e in modo argomentato con le ragioni esposte nella sentenza impugnata, ma si limitano a esporre un dissenso generale.

Perché la motivazione sulla pena non deve essere sempre dettagliata?
La determinazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito. Una motivazione dettagliata è richiesta solo quando la pena inflitta è notevolmente superiore alla media prevista dalla legge per quel reato. Negli altri casi, è sufficiente che il giudice dia conto di aver applicato i criteri generali previsti dall’art. 133 del codice penale.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
Oltre alla conferma della decisione impugnata, la dichiarazione di inammissibilità comporta, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in denaro in favore della Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie con una sanzione di 3.000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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