Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12456 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12456 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 17/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato il 10/11/1994
avverso la sentenza del 05/06/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che NOME COGNOME – condannato in primo e secondo grado per i reati di cui agli artt. 73, comma 4, del d.P.R. n. 309 del 1990 e 697 cod. pen. – ha proposto impugnazione, lamentando, con un primo ricorso dell’avv. NOME COGNOME: 1) vizi della motivazione ed erronea applicazione della legge penale circa la specifica offensività della condotta contestata, dal momento che la Corte si sarebbe limitata a richiamare apoditticamente quanto affermato dal giudice di primo grado e circa l’omessa valutazione delle dichiarazioni del teste COGNOME; 2) vizi della motivazione ed erronea applicazione della legge penale, relativamente alla negata riqualificazione giuridica della fattispecie di cui al capo a) nell’ipotesi di più lieve entità di cui all’art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990; 3) vizi della motivazione ed erronea applicazione della legge penale, relativamente alla negata concessione delle attenuanti generiche ed alla mancata sostituzione della pena con i lavori di pubblica utilità;
che con un secondo ricorso, a firma dell’avv. NOME COGNOME si svolgono considerazioni analoghe a quelle dell’avv. COGNOME lamentando: 1) vizi della motivazione ed erronea applicazione della legge penale circa la specifica offensività della condotta contestata e la valutazione della prova in relazione alle testimonianze di COGNOME NOME e COGNOME NOME, alla prova documentale e all’esame dell’imputato; 2) vizi della motivazione ed erronea applicazione della legge penale, relativamente alla negata riqualificazione giuridica della fattispecie di cui al capo a) nell’ipotesi minore di cui all’art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990.
Considerato che i ricorsi sono inammissibili, perché generici e diretti a sollecitare una rivalutazione del quadro istruttorio sulla base di una rilettura di fatto preclusa al sindacato di questa Corte, non confrontandosi in modo puntuale con le argomentazioni poste a fondamento della decisione impugnata;
che il primo motivo dei ricorsi è manifestamente infondato, in quanto riproduttivo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici di merito e non scanditi da specifica critica delle argomentazioni a base della sentenza impugnata;
che, in particolare, la Corte di merito ha indicato la COGNOME quale teste di sicura attendibilità e priva di qualsiasi ragione di risentimento verso l’odierno imputato ed ha evidenziato come le dichiarazioni del teste COGNOME non inficino la valenza probatoria di quanto riportato dalla COGNOME, avendo egli riferito solo di una frequentazione saltuaria e occasionale, da parte dell’imputato nel periodo in contestazione, del diverso immobile ove era posta la residenza;
che, dunque, del tutto correttamente è stata ritenuta priva di consistenza la tesi difensiva – poi meramente riproposta con i ricorsi per cassazione – secondo
cui l’imputato viveva in realtà in un appartamento diverso da quello in cui erano state ritrovate droga e munizioni (pagg. 3-4 del provvedimento impugnato);
che la seconda censura di entrambi i ricorsi, riferita alla negata riqualificazione giuridica della fattispecie di cui al capo a) nell’ipotesi della più lieve entità di all’art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990, è inammissibile, perché non tiene conto della motivazione della sentenza impugnata, che, del tutto correttamente, attribuisce rilievo al fatto che il dato ponderale non sia l’unico elemento da valutare per ritenere un fatto sussumibile o meno sotto la fattispecie di minore gravità e che, nel caso in esame, a fronte del mancato accertamento della quantità del principio attivo, debbono valorizzarsi, per escludere il fatto di minore gravità, altri elementi, quali il continuativo spaccio segnalato dai residenti e la precedente condanna riportata dall’imputato per il medesimo titolo di reato;
che la terza censura dell’avv. COGNOME relativa al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche ed alla mancata sostituzione della pena detentiva con i lavori di pubblica utilità, è inammissibile, perché riproduttiva di un profilo di doglianza già adeguatamente vagliato e disatteso, con corretti argomenti giuridici di merito, e perché relativa a difetti della motivazione non emergenti dal provvedimento impugnato, dal momento che la Corte evidenzia che, anche agli arresti domiciliari, il comportamento dell’imputato non è stato caratterizzato da autodisciplina e rispetto delle regole e che la proclività dell’imputato alla commissione di violazioni della legge di stupefacenti e l’inaffidabilità di cui esso ha dato prova nel percorso cautelare inducono a ritenere inadeguata ai fini specialpreventivi la sostituzione della pena detentiva con i lavori di pubblica utilità.
che, tenuto conto della sentenza del 13 giugno 2000, n. 86, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in C 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 17 gennaio 2025.