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Ricorso inammissibile: quando è generico?

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile presentato da un imputato condannato per il reato previsto dagli artt. 110 e 494 c.p. La Corte ha stabilito che i motivi del ricorso erano generici e si limitavano a criticare la valutazione dei fatti (censure di merito), tentando di ottenere una nuova valutazione delle prove, compito che esula dalle funzioni del giudice di legittimità. Di conseguenza, l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione e i Limiti del Giudizio di Legittimità

Presentare un ricorso in Cassazione è l’ultima via di impugnazione ordinaria nel nostro ordinamento, ma non tutte le doglianze possono essere portate all’attenzione della Suprema Corte. Un recente provvedimento chiarisce ancora una volta i confini del giudizio di legittimità, sanzionando con la dichiarazione di ricorso inammissibile i tentativi di ottenere una terza valutazione dei fatti. Analizziamo questa ordinanza per comprendere meglio i principi che regolano l’accesso alla Cassazione.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale ha origine da una sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Firenze per un reato previsto dagli articoli 110 e 494 del codice penale. La Corte d’Appello di Firenze, successivamente, riformava parzialmente la decisione di primo grado in senso favorevole all’imputato. Nonostante ciò, l’imputato decideva di proseguire la sua battaglia legale, proponendo ricorso per cassazione al fine di ottenere l’annullamento della sentenza d’appello.

L’Appello in Cassazione e i Motivi del Ricorrente

L’imputato ha fondato il suo ricorso su due principali argomentazioni:
1. Violazione di legge: Sosteneva il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis c.p.
2. Vizio di motivazione: Lamentava un’inadeguata valutazione delle prove emerse durante il processo da parte della Corte d’Appello.

In sostanza, il ricorrente chiedeva alla Corte di Cassazione di riesaminare il materiale probatorio e di giungere a una conclusione diversa da quella dei giudici di merito.

Le Motivazioni della Cassazione sul Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile sulla base di argomentazioni molto chiare e consolidate nella giurisprudenza. La decisione si fonda su due pilastri fondamentali.

La Genericità e la Natura di Merito delle Censure

Il primo motivo di inammissibilità risiede nel fatto che le critiche sollevate dal ricorrente erano del tutto generiche e, soprattutto, attenevano al merito della vicenda. La Cassazione ha ribadito un principio cardine: il suo compito non è quello di agire come un ‘terzo giudice’ che riesamina le prove e i fatti, ma quello di essere un ‘giudice di legittimità’. Il suo ruolo è limitato a verificare che i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente la legge e abbiano fornito una motivazione logica e non contraddittoria. Chiedere alla Cassazione di rivalutare le prove, come ha fatto il ricorrente, significa demandarle un compito che per legge non le spetta.

La Semplice Reiterazione dei Motivi d’Appello

Il secondo punto cruciale è che il ricorso si limitava a riproporre le stesse argomentazioni già presentate e respinte dalla Corte d’Appello. Un ricorso in Cassazione, per essere specifico e ammissibile, deve confrontarsi criticamente con le motivazioni della sentenza che si impugna, evidenziando dove e perché il giudice d’appello avrebbe sbagliato nell’applicare la legge o nel ragionare. Ripetere semplicemente le proprie tesi, ignorando le risposte già fornite dalla Corte territoriale, rende il ricorso non specifico e solo apparentemente motivato, portando inevitabilmente a una dichiarazione di ricorso inammissibile.

Le Conclusioni: Conseguenze della Dichiarazione di Inammissibilità

La dichiarazione di inammissibilità non è priva di conseguenze. In base all’articolo 616 del codice di procedura penale, la Corte ha condannato il ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di 3.000 euro a favore della cassa delle ammende. La Corte ha sottolineato che l’evidente infondatezza e genericità dei motivi non consentivano di considerare il ricorrente immune da colpa nel proporre l’impugnazione. Questa ordinanza serve da monito: il ricorso in Cassazione è uno strumento serio, da utilizzare solo per denunciare vizi di legittimità specifici e argomentati, non per tentare una terza, non consentita, valutazione del merito.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano generici e si configuravano come censure di merito. Il ricorrente chiedeva alla Corte di Cassazione di rivalutare le prove, un compito che esula dal giudizio di legittimità, e si limitava a reiterare argomenti già respinti dalla Corte d’Appello senza un confronto specifico con le motivazioni di quest’ultima.

Qual è la differenza tra giudizio di merito e giudizio di legittimità?
Il giudizio di merito, svolto dal Tribunale e dalla Corte d’Appello, si occupa di ricostruire i fatti e valutare le prove per decidere sulla colpevolezza o innocenza dell’imputato. Il giudizio di legittimità, esclusivo della Corte di Cassazione, non riesamina i fatti, ma controlla solo che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza sia logica e coerente.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
In base alla decisione, la dichiarazione di inammissibilità ha comportato per il ricorrente la condanna al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di 3.000 euro a favore della cassa delle ammende. Questo avviene perché la palese infondatezza dei motivi del ricorso viene considerata una condotta colpevole da parte di chi lo ha proposto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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