Ricorso Inammissibile: La Cassazione e i Limiti del Giudizio di Legittimità
Quando una sentenza di condanna viene impugnata, si apre un percorso legale che può arrivare fino all’ultimo grado di giudizio: la Corte di Cassazione. Tuttavia, non tutti gli appelli vengono esaminati nel merito. Il concetto di ricorso inammissibile è fondamentale per comprendere i limiti del sistema giudiziario. Un’ordinanza recente della Suprema Corte ci offre un chiaro esempio di come e perché un ricorso possa essere respinto prima ancora di una discussione approfondita, specialmente quando le lamentele si concentrano sui fatti anziché sul diritto.
I Fatti del Caso: Una Condanna per Furto con Strappo
Il caso ha origine da una condanna emessa in primo grado e confermata dalla Corte di Appello di Venezia nei confronti di un’imputata, ritenuta responsabile del reato di furto con strappo. La difesa dell’imputata ha deciso di presentare ricorso per Cassazione, contestando la decisione dei giudici di merito su più fronti.
I Motivi del Ricorso: Una Questione di Identificazione
Il ricorso si basava principalmente su due motivi strettamente collegati:
1. Errata valutazione della documentazione: La difesa sosteneva che i giudici d’appello non avessero adeguatamente analizzato la documentazione prodotta, con la quale si contestava l’identificazione dell’imputata come autrice del reato.
2. Insufficienza del riconoscimento: Si criticava la ritenuta sufficienza del riconoscimento effettuato dalla persona offesa, considerato dalla difesa un elemento probatorio debole.
In aggiunta, un terzo motivo censurava la carenza di motivazione riguardo al diniego dei benefici di legge.
La Decisione della Cassazione: il Ricorso Inammissibile per Doglianze di Fatto
La Corte di Cassazione ha esaminato i motivi presentati e ha concluso per una declaratoria di inammissibilità del ricorso. Questa decisione si fonda su un principio cardine del nostro ordinamento processuale: la distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità.
La Distinzione tra Merito e Legittimità
I giudici di primo e secondo grado (tribunale e corte d’appello) sono giudici di merito: il loro compito è ricostruire i fatti attraverso l’analisi delle prove (testimonianze, documenti, perizie) e applicare la legge a quella ricostruzione.
La Corte di Cassazione, invece, è un giudice di legittimità. Non può riesaminare le prove o proporre una ricostruzione alternativa dei fatti. Il suo ruolo è verificare che i giudici di merito abbiano applicato correttamente la legge e abbiano motivato la loro decisione in modo logico, coerente e privo di vizi giuridici.
Nel caso in esame, la Corte ha stabilito che i primi due motivi di ricorso non denunciavano un errore di diritto, ma si risolvevano in “mere doglianze in punto di fatto”. In altre parole, l’imputata non stava contestando una violazione di legge, ma chiedeva alla Cassazione di rivalutare le prove (la documentazione e il riconoscimento) in modo diverso da come aveva fatto la Corte d’Appello. Questa richiesta esula dai poteri della Suprema Corte, rendendo il ricorso inammissibile.
La Valutazione sul Diniego dei Benefici
Anche il terzo motivo, relativo al mancato riconoscimento dei benefici di legge, è stato giudicato infondato. La Corte ha ritenuto che la sentenza impugnata avesse fornito una motivazione “del tutto adeguata” su quel punto, precludendo ogni ulteriore discussione.
Le Motivazioni della Corte
La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando che i giudici della Corte d’Appello avevano “correttamente esplicitato le ragioni del suo convincimento” con una motivazione “esente da vizi logici e giuridici”. L’imputata, con il suo ricorso, tentava una “inammissibile ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal Giudice di merito”. Poiché il compito della Cassazione non è quello di fornire una nuova interpretazione dei fatti, ma solo di controllare la legalità e la logicità della decisione impugnata, il ricorso non poteva che essere respinto.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
La decisione ha conseguenze pratiche significative. In primo luogo, la condanna dell’imputata diventa definitiva. In secondo luogo, a causa dell’inammissibilità del ricorso, è stata condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa pronuncia ribadisce un messaggio importante per chiunque intenda rivolgersi alla Corte di Cassazione: il ricorso deve essere attentamente focalizzato su questioni di diritto (violazioni di legge, vizi di motivazione), altrimenti il rischio di una declaratoria di inammissibilità, con le relative conseguenze economiche, è molto elevato.
Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando, invece di denunciare vizi di legge o di motivazione, si limita a contestare la valutazione delle prove e la ricostruzione dei fatti già operate dai giudici di merito, chiedendo di fatto un nuovo giudizio sulla vicenda.
È possibile contestare l’identificazione dell’imputato davanti alla Corte di Cassazione?
Non è possibile se la contestazione si traduce in una richiesta di riconsiderare elementi di fatto, come l’affidabilità di un riconoscimento. La Cassazione può intervenire solo se la motivazione del giudice di merito su quel punto è manifestamente illogica, contraddittoria o giuridicamente errata, ma non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice precedente.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
Comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende. Inoltre, la sentenza impugnata diventa definitiva e non più contestabile.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 2956 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 2956 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
DUMITRU ALINA NOME nato il 30/11/1998
avverso la sentenza del 28/03/2024 della CORTE APPELLO di VENEZIA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
,32,À
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Venezia che ha confermato la pronunzia di primo grado con la quale ella era stata ritenuta responsabile del delitto di furto con strappo;
letta e valutata la memoria difensiva pervenuta via PEC il 6 novembre 2024 a firma dell’avv. COGNOME difensore di fiducia della COGNOME
ritenuto che il primo e il secondo motivo di ricorso, con i quali la ricorrente denunzia l’insufficienza e la contraddittorietà della motivazione in ordine, rispettivamente, all’analisi della documentazione prodotta dalla difesa in appello con cui si contestava l’identificazione dell’imputata come autrice del reato e alla ritenuta sufficienza del riconoscimento operato dalla persona offesa, siano entrambi non consentiti in sede di legittimità, risolvendosi in mere doglianze in punto di fatto volte a una inammissibile ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal Giudice di merito, il quale, con motivazione esente da vizi logici e giuridici, ha correttamente esplicitato le ragioni del suo convincimento (si veda, in particolare, la pag. 5 della sentenza impugnata);
ritenuto che il terzo motivo di ricorso – con cui si censura la carenza motivazionale in ordine al diniego dei benefici di legge – è manifestamente infondato, dal momento che, sul punto, il provvedimento impugnato ha offerto una motivazione del tutto adeguata;
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende;
PER QUESTI MOTIVI
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 18 dicembre 2024.