Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4547 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 4547  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a CATANZARO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 28/03/2023 della CORTE APPELLO di CATANZARO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
 Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Catanzaro ha confermato la sentenza del Tribunale di Catanzaro del 18 luglio 2022, con cui COGNOME NOME era stato condanNOME alla pena complessiva di anni quattro e mesi tre di reclusione ed euro millecinquecento di multa in relazione al reato di cui agli artt. 624 bis cod. pen. (capo A) e 187, comma 1-bis, C.d.S. (capo B).
Il COGNOME, a mezzo del proprio difensore, ricorre per Cassazione avverso la sentenza della Corte di appello, proponendo due motivi di impugnazione.
2.1. Vizio di motivazione in ordine all’affermazione della responsabilità penale per il reato di cui al capo A).
2.2. Vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta sussistenza dello stato di alterazione in relazione al reato di cui al capo B).
3.  Il ricorso è inammissibile.
Quanto al primo motivo di ricorso, la Corte di appello ha dato conto adeguatamente, come meglio specificato nella parte in fatto della sentenza, delle ragioni della propria decisione, sorretta da motivazione congrua, affatto immune da illogicità di sorta, sicuramente contenuta entro i confini della plausibile opinabilità di apprezzamento e valutazione (Sez. 1, n. 30348 del 10/07/2008, COGNOME, non massimata; Sez. 4, n. 4842 del 02/12/2003, dep. 2004, Elia, Rv. 229369) e, pertanto, sottratta a ogni sindacato nella sede del presente scrutinio di legittimità.
Le deduzioni e le doglianze espresse dal ricorrente, benché inscenate sotto la prospettazione di violazioni di legge o di vizi della motivazione, si sviluppano tutti nell’orbita delle censure di merito: a fronte della ricostruzione e della valutazione delle emergenze investigative, operata dal giudice a quo, il difensore non offre la compiuta rappresentazione e dimostrazione di alcuna evidenza (infedelmente rappresentata dal giudicante) di per sé dotata di univoca, oggettiva e immediata valenza esplicativa, tale, cioè, da disarticolare, a prescindere da ogni soggettiva valutazione, il costrutto argomentativo della decisione impugnata, per l’intrinseca incompatibilità degli enunciati, bensì oppone la propria valutazione e la propria ricostruzione dei fatti di causa e del merito del procedimento (Sez. 1, n. 47499 del 29/11/2007, COGNOME, Rv. 238333; Sez. F, n. 37368 del 13/09/2007, Torino, Rv. 237302).
La Corte di appello ha riconosciuto la fondatezza dell’impianto accusatorio, illustrando in dettaglio (vedi pagg. 2 e ss.) le ragioni dell’affermazione di responsabilità dell’imputato.
Il COGNOME si limita a censurare solo l’aspetto della tardività della denuncia, ma non si confronta con la motivazione ampia e congrua sopra esposta sulla configurabilità del reato di cui all’art. A) e modalità di svolgimento della vicenda criminosa, compiutamente rappresentata dalla Corte distrettuale.
Con riferimento al secondo motivo di ricorso e, in particolare al reato di cui al capo B), va rilevato che sussistevano ragionevoli motivi per ritenere il conducente sotto l’effetto di sostanze stupefacenti al momento del fatto (vedi Sez. 4, n. 12197 del 11/01/2017, Taglialatela, Rv. 269394 in riferimento al reato previsto dall’art. 187, comma 5, C.d.S.).
La Corte di merito infatti, ha evidenziato, con motivazione lineare ed esauriente, che il COGNOME aveva provocato l’incidente a causa del recente uso di stupefacenti (elevata velocità tale da distruggere la segnaletica stradale, oltrepassando uno spartitraffico in cemento e danneggiando sei autovetture parcheggiate sulla pubblica via), non rilevando che, a distanza di tre ore dal fatto, si mostrasse lucido.
I dati appena riportati, peraltro, trovavano riscontro negli accertamenti ematici, nell’analisi delle urine e nelle dichiarazioni dei testi.
La Corte territoriale, pertanto, ha illustrato analiticamente gli elementi, in base ai quali si è logicamente ritenuto l’imputato sotto l’effetto conseguente all’uso di sostanze stupefacenti o psicotrope.
La difesa non si confronta con l’ampio apparato argomentativo, reiterando le doglianze già formulate con l’atto di appello e alle quali la sentenza impugnata ha risposto con motivazione congrua ed adeguata.
 Per le ragioni che precedono, il ricorso va dichiarato inammissibile con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – non ricorrendo ragioni di esonero – al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 17 gennaio 2024.