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Ricorso inammissibile: quando è censura di fatto

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per estorsione. La sentenza chiarisce che il ricorso inammissibile per cassazione è quello che, invece di denunciare vizi di legge, tenta di ottenere una nuova e diversa valutazione delle prove già esaminate nei gradi di merito. La Corte ribadisce il suo ruolo di giudice di legittimità, non di terzo grado di giudizio, confermando la condanna basata su una motivazione logica e coerente delle corti inferiori.

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Pubblicato il 23 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso inammissibile per cassazione: quando l’appello è solo una rilettura dei fatti

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22546/2025, offre un importante chiarimento sui limiti del giudizio di legittimità, ribadendo un principio fondamentale: il ricorso alla Suprema Corte non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul fatto. La pronuncia dichiara il ricorso inammissibile per cassazione presentato da un imputato, condannato per estorsione, poiché i motivi di appello si limitavano a proporre una lettura alternativa delle prove, attività preclusa in questa sede. Questo caso emblematico ci permette di analizzare la differenza cruciale tra un vizio di legge, che può essere esaminato dalla Cassazione, e una mera censura sull’apprezzamento dei fatti.

I fatti del processo

La vicenda giudiziaria trae origine da un prestito di denaro che si è trasformato in un’azione estorsiva. L’imputato, a fronte di una somma concessa in prestito, aveva richiesto la restituzione di un importo doppio, utilizzando minacce e violenza per ottenere il pagamento. Sia il Tribunale di primo grado sia la Corte d’Appello avevano riconosciuto la sua colpevolezza, emettendo una doppia sentenza conforme. La difesa dell’imputato, non soddisfatta della ricostruzione, ha proposto ricorso per cassazione, contestando l’attendibilità della persona offesa, l’interpretazione delle conversazioni intercettate e la sussistenza di un’aggravante.

L’analisi del ricorso inammissibile per cassazione

Il ricorso presentato dall’imputato si fondava su diversi motivi, tutti mirati a smontare la ricostruzione fattuale operata dai giudici di merito. In particolare, la difesa sosteneva:

1. Errata valutazione delle prove: Si contestava l’attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa e si proponeva una diversa interpretazione dei messaggi e delle intercettazioni, sostenendo che si trattasse di un semplice prestito senza natura usuraria.
2. Insussistenza dell’aggravante: Si eccepiva l’erronea applicazione dell’aggravante delle più persone riunite, affermando che il complice non fosse consapevole dell’illegalità della pretesa.
3. Mancato riconoscimento della continuazione: Si chiedeva di unificare questa condanna con una precedente per fatti simili, sotto il vincolo della continuazione.
4. Diniego delle sanzioni sostitutive: Si lamentava la mancata concessione di misure alternative alla detenzione, nonostante un percorso di semilibertà già in atto per una precedente condanna.

La Suprema Corte ha respinto tutti i motivi, qualificando l’intero ricorso come una generica e inammissibile richiesta di rivalutazione del compendio probatorio.

La distinzione tra vizio di motivazione e rivalutazione del fatto

Il cuore della decisione della Cassazione risiede nella netta distinzione tra il controllo sulla legittimità della sentenza e un nuovo giudizio sul merito. La Corte ha ribadito che il suo compito non è quello di sovrapporre la propria valutazione delle prove a quella compiuta dai giudici dei gradi precedenti. Il controllo consentito dall’art. 606 c.p.p. riguarda la manifesta illogicità della motivazione o la violazione di legge, non la scelta tra diverse possibili interpretazioni dei fatti.

Quando, come nel caso di specie, le sentenze di primo e secondo grado giungono a una “doppia conforme”, ovvero a una medesima conclusione basata su argomentazioni coerenti, il ricorso in Cassazione deve individuare uno specifico e palese vizio logico o giuridico, e non limitarsi a riproporre le stesse argomentazioni già respinte in appello. Chiedere alla Cassazione di riconsiderare l’attendibilità di un testimone o il significato di una conversazione equivale a chiederle di compiere un’operazione che la legge riserva esclusivamente ai giudici di merito.

Le motivazioni della Corte

Nelle sue motivazioni, la Corte di Cassazione ha spiegato punto per punto perché il ricorso fosse inammissibile. In primo luogo, ha evidenziato come le censure mosse dall’imputato fossero semplici “doglianze in fatto”, volte a ottenere una lettura alternativa delle prove, senza dimostrare alcuna illogicità manifesta nel percorso argomentativo seguito dalla Corte d’Appello. La motivazione della sentenza impugnata è stata giudicata “esaustiva”, “coerente” e “priva di criticità logiche e/o giuridiche”.

Anche gli altri motivi sono stati respinti. La sussistenza dell’aggravante delle più persone riunite è stata considerata correttamente motivata, dato che la presenza di un’altra persona aveva aumentato la capacità intimidatoria dell’azione. Il mancato riconoscimento della continuazione è stato giustificato dall’assenza di un “medesimo disegno criminoso” tra i diversi episodi. Infine, il diniego delle sanzioni sostitutive è stato ritenuto legittimo alla luce della “personalità fortemente trasgressiva” dell’imputato, emersa proprio dai nuovi gravi fatti commessi.

Le conclusioni

La sentenza si conclude con una dichiarazione di inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. La decisione rappresenta un’importante conferma dei principi che regolano il giudizio di legittimità. Essa serve da monito: il ricorso per cassazione è uno strumento per far valere errori di diritto, non un’ulteriore opportunità per ridiscutere i fatti. Per avere successo in Cassazione, è necessario dimostrare che la decisione impugnata è viziata da un errore giuridico o da un’argomentazione palesemente illogica, non semplicemente proporre una ricostruzione dei fatti più favorevole.

Perché il ricorso alla Corte di Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché non denunciava vizi di legge o illogicità manifeste nella motivazione, ma si limitava a chiedere una nuova e diversa valutazione delle prove e dei fatti già esaminati dai giudici di primo e secondo grado, un’attività che esula dalle competenze della Corte di Cassazione.

Cosa significa che la sentenza era una “doppia conforme”?
Significa che sia il Tribunale (primo grado) sia la Corte d’Appello (secondo grado) avevano raggiunto la stessa conclusione di colpevolezza, basando le loro decisioni su un’analisi coerente e convergente delle stesse prove. Questo rende la ricostruzione dei fatti particolarmente solida.

Perché non è stata concessa una sanzione sostitutiva al carcere?
La sanzione sostitutiva non è stata concessa perché i giudici hanno ritenuto che non fosse idonea a rieducare il condannato. La commissione dei nuovi e gravi reati per cui si procedeva è stata valutata come un sintomo di una personalità “fortemente trasgressiva” e di una pericolosità sociale che rendeva necessaria la pena detentiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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