Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 22546 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 2 Num. 22546 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/05/2025
SECONDA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOMENOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a Salerno il 10/11/1994
avverso la sentenza del 08/10/2024 della Corte di appello di Salerno visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso; udito il difensore, avv. NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 08/10/2024 la Corte di appello di Salerno, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Salerno del 05/10/2023, che aveva condannato NOME COGNOME per i reati ascrittigli, riqualificata la recidiva contestata in quella infraquinquennale, confermava la pena irrogata e le altre statuizioni emesse in primo grado.
L’imputato, a mezzo del difensore, ha interposto ricorso per cassazione.
2.1. Con il primo motivo deduce l’erronea applicazione degli artt. 629 e 393 cod. pen., nonchŁ mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. Evidenzia che la Corte territoriale erra nel ritenere attendibili le dichiarazioni di NOME COGNOME, del quale riconosce, altresì, la figura di truffatore seriale; che, invero, dagli atti non emerge la natura usuraria del prestito effettuato dal ricorrente al COGNOME, per la restituzione del quale il COGNOME ha usato violenza e minaccia; che anche il contenuto delle conversazioni intercettate, in assenza di qualsivoglia riferimento alla pattuizione di interessi, depone nel senso di un mero prestito di denaro; che del tutto assertiva e suggestiva Ł l’interpretazione che la Corte territoriale opera in relazione ad un messaggio di testo scambiato tra l’imputato e la persona offesa, nel quale il COGNOME rifiuta un ‘regalo’ (solo per non lasciare traccia della pattuizione di interessi) ed in relazione al contenuto di una
conversazione intercettata in carcere tra l’imputato ed i suoi familiari, nel corso della quale il primo afferma di essere stato raggirato dal NOME (sospettando di essere intercettato); che il prestito effettuato trova spiegazione in un’operazione commerciale che i due avrebbero dovuto portare a termine insieme nel periodo delle festività natalizie; che la difformità delle dichiarazioni rese in ordine alla cifra data in prestito Ł frutto della confusione, essendo intercorsi tra ricorrente e persona offesa plurimi rapporti di dare-avere e dello stato di animo in cui il dichiarante versava, avendo reso una delle due versioni mentre era in vinculis.
2.2. Con il secondo motivo eccepisce l’erronea applicazione della legge penale, con riferimento alla circostanza aggravante delle piø persone riunite, nonchŁ mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. Osserva che la contestazione dell’aggravante si fonda essenzialmente sulla presenza di un soggetto non identificato, tale NOME, che avrebbe aiutato il COGNOME a costringere il NOME a salire in auto il 15/03/2022; che, tuttavia, di tale persona si sconosce il ruolo avuto nella vicenda in esame e, soprattutto, la consapevolezza di una condotta antigiuridica posta in essere dall’odierno ricorrente, non emergendo dagli atti la sua conoscenza dei rapporti economici intercorsi tra le parti e la conseguente illegittimità della pretesa del COGNOME; che, diversamente da quanto affermato in sentenza, l’ignoto concorre solo nel reato di sequestro di persona, per il quale Ł stato dichiarato non doversi procedere per essere venuta meno la condizione di procedibilità e non anche nel fatto estorsivo, al quale Ł rimasto estraneo, non avendo la Corte territoriale accertato la consapevolezza di una pretesa antigiuridica da parte del COGNOME.
2.3. Con il terzo motivo lamenta il mancato riconoscimento del vincolo della continuazione tra i fatti del presente procedimento e quelli giudicati con sentenza del 24/10/2022, irrevocabile il 13/04/2023, nonchŁ mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. Rileva che trattasi di vicende del tutto coeve, in quanto i fatti già giudicati partono dal 2020 e si protraggono fino al 2022, di talchŁ si Ł in presenza di una omogeneità della condotta lucrativa posta in essere in un medesimo contesto temporale.
2.2. Con il quarto motivo si duole della mancata applicazione delle sanzioni sostitutive, nonchŁ mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. Osserva che nel corso del giudizio di secondo grado il COGNOME Ł stato detenuto in regime di semilibertà in virtø dell’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Salerno del 15/11/2023, che ha operato una valutazione della pericolosità sociale del ricorrente sulla base di una articolata istruttoria; che la Corte territoriale si Ł discostata dalle valutazioni espresse dal Tribunale di Sorveglianza, nonostante il provvedimento di tale Autorità Giudiziaria abbia superato le medesime criticità individuate nella sentenza impugnata; che, dunque, risultano violati i principi espressi nell’art. 27 Cost., che prevedono una progressività del trattamento penitenziario in fieri nel solco del reinserimento del reo nella società, costituendo un assurdo giuridico la regressione al regime piø afflittivo di tipo carcerario in assenza di violazione delle prescrizioni.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso Ł inammissibile.
1.1. Il primo motivo non Ł consentito, atteso che Ł costituito da doglianze in fatto, che appaiono prevalentemente finalizzate a richiedere al giudice di legittimità una diversa ed alternativa lettura degli elementi di prova, a fronte di una motivazione del provvedimento impugnato che nel complesso non presenta evidenti criticità logiche e/o giuridiche; senza tacere che reitera le medesime doglianze avanzate nei motivi di appello, ritenute infondate con motivazione completa ed esaustiva dai giudici di secondo grado.
Orbene, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza della Suprema Corte, anche
a seguito della modifica apportata all’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., dalla legge n. 46 del 2006, resta non deducibile nel giudizio di legittimità il travisamento del fatto, stante la preclusione per la Corte di cassazione di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito. In questa sede di legittimità, infatti, Ł precluso il percorso argomentativo seguito dal ricorrente, che si risolve in una mera e del tutto generica lettura alternativa o rivalutazione del compendio probatorio, posto che, in tal caso, si demanderebbe alla Corte di cassazione il compimento di una operazione estranea al giudizio di legittimità, quale Ł quella di reinterpretazione degli elementi di prova valutati dal giudice di merito ai fini della decisione. In altri termini, eccede dai limiti di cognizione del giudice di legittimità ogni potere di revisione degli elementi materiali e fattuali, trattandosi di accertamenti rientranti nel compito esclusivo del giudice di merito, posto che il controllo sulla motivazione rimesso a detto giudice Ł circoscritto, ex art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., alla sola verifica dell’esposizione delle ragioni giuridicamente apprezzabili che l’hanno determinata, dell’assenza di manifesta illogicità dell’esposizione e, quindi, della coerenza delle argomentazioni rispetto al fine che ne ha giustificato l’utilizzo e della non emersione di alcuni dei predetti vizi dal testo impugnato o da altri atti del processo, ove specificamente indicati nei motivi di gravame, requisiti la cui sussistenza rende la decisione insindacabile (cfr., Sez. 3, n. 17395 del 24/01/2023, NOME COGNOME Rv. 284556 – 01; Sez. 5, n. 26455 del 09/06/2022, COGNOME, Rv. 283370 – 01; Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747 – 01).
Pertanto, il sindacato di legittimità non ha per oggetto la revisione del giudizio di merito, bensì la verifica della struttura logica del provvedimento e non può, quindi, estendersi all’esame ed alla valutazione degli elementi di fatto acquisiti al processo, riservati alla competenza del giudice di merito, rispetto alla quale la Suprema Corte non ha alcun potere di sostituzione al fine della ricerca di una diversa ricostruzione dei fatti in vista di una decisione alternativa.
Dunque, il dissentire dalla ricostruzione compiuta dai giudici di merito ed il voler sostituire ad essa una propria versione dei fatti, costituisce una mera censura di fatto sul profilo specifico dell’affermazione di responsabilità dell’imputato, anche se celata sotto le vesti di pretesi vizi di motivazione o di violazione di legge penale, in realtà non configurabili nel caso in esame, posto che il giudice di secondo grado ha fondato la propria decisione su di un esaustivo percorso argomentativo, contraddistinto da intrinseca coerenza logica.
Orbene, la sentenza impugnata – che in relazione alla ricostruzione dei fatti ascritti all’imputato ed alla sua dichiarazione di responsabilità costituisce una c.d. doppia conforme della decisione di primo grado, con la conseguenza che le due sentenze di merito possono essere lette congiuntamente costituendo un unico corpo decisionale, essendo stato rispettato sia il parametro del richiamo da parte della sentenza d’appello a quella del Tribunale, sia l’ulteriore parametro costituito dal fatto che entrambe le decisioni adottano i medesimi criteri nella valutazione delle prove (Sez. 2, n. 6560 del 08/10/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280654 – 01; Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218 – 01) – ha evidenziato come la persona offesa non fosse mossa da sentimenti di astio o di rancore, avendo rimesso la querela ed avendo in ogni modo cercato di ridimensionare le accuse mosse nei confronti del COGNOME; come, tuttavia, la narrazione del nucleo centrale dei fatti fosse rimasta costante in ordine a due elementi: la richiesta della somma di quarantamila euro a fronte di un prestito di ventimila euro e le minacce effettuate dal ricorrente per ottenere la restituzione della somma; come le dichiarazioni accusatorie del COGNOME avessero trovato plurimi riscontri in atti; come, viceversa, la versione offerta dall’imputato fosse del tutto inattendibile, in quanto per un verso poco credibile e per altro verso contraddittoria, anche con riferimento alla cifra concessa in prestito; come il COGNOME avesse fondato timore di essere intercettato, avendo appreso dopo l’arresto che a suo carico vi erano anche conversazioni
registrate; come, in conclusione, l’odierno ricorrente avesse avanzato con minaccia e violenza pretese creditorie non tutelabili davanti al giudice, circostanza questa che esclude la configurabilità del meno grave reato di cui all’art. 393 cod. pen.
Ebbene, a fronte di questa articolata trama motivazionale, che non risulta affetta da vizi logici, il motivo si limita a reiterare pedissequamente le stesse doglianze già avanzate con l’appello, prospettando una lettura alternativa degli elementi di prova, senza argomentare criticamente in ordine ad eventuali illogicità del percorso argomentativo seguito nel provvedimento impugnato. Dunque, Ł inammissibile anche sotto questo ulteriore profilo, risultando aspecifico.
Come reiteratamente affermato dalla giurisprudenza di legittimità, Ł inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi non specifici, ossia generici ed indeterminati, che ripropongono le stesse ragioni già esaminate e ritenute infondate dal giudice del gravame o che risultano carenti della necessaria correlazione tra le argomentazioni riportate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione (Sez. 6, n. 23014 del 29/4/2021, B., Rv. 281521 – 01; Sez. 3, n. 50750 del 15/6/2016, COGNOME, Rv. 268385 – 01; Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012, COGNOME, Rv. 253849 – 01; Sez. 4, n. 34270 del 3/7/2007, COGNOME, Rv. 236945 – 01).
1.2. Anche il secondo motivo Ł reiterativo delle medesime doglianze poste ai giudici di appello, che sono state disattese con una motivazione che non presenta i vizi denunciati. Ed invero, la Corte territoriale ha dato puntualmente conto delle ragioni per le quali ha ritenuto sussistente la circostanza aggravante delle piø persone riunite, contestata al capo 1), valorizzando i) sia l’amplificazione della portata intimidatoria della condotta violenta del Bifulco determinata dall’azione del soggetto non identificato, grazie alla quale il primo riusciva a far salire in auto il COGNOME, ii) sia il dato che il ricorrente, dopo aver fatto un giro, era passato a riprendere detto soggetto, facendolo salire in macchina, evidenziando come tale circostanza fosse indicativa del pieno coinvolgimento di del terzo nella condotta estorsiva posta in essere dal COGNOME, non trovando diversamente spiegazione, iii) sia infine il fatto per cui la presenza all’interno dell’autovettura di questa terza persona aveva ulteriormente aumentato lo stato di terrore in cui versava persona offesa, inducendola a lanciarsi dall’auto in corsa.
Del resto, osserva il Collegio, la ratio della circostanza aggravante di discorso Ł proprio quella di punire piø severamente quelle condotte che hanno maggiore idoneità a produrre piø gravi effetti fisici e/o psicologici in danno del soggetto passivo, di cui tendono ad elidere o diminuire la capacità di resistere o di reagire.
1.3. Il terzo motivo non Ł consentito, perchØ aspecifico.
Deve, in proposito, rilevarsi che non si misura con il tessuto motivazionale della sentenza impugnata, che ha escluso che i fatti di usura – che si sono sviluppati per circa due danni (dal 2020 al 2022) e per i quali il ricorrente Ł stato già giudicato – e la vicenda estorsiva per cui si procede siano avvinti dal vincolo della continuazione, in considerazione del fatto che il rapporto tra l’imputato ed il Fortunato nasceva grazie alla intermediazione di un comune amico nell’estate del 2021 a causa della contingente crisi di liquidità della persona offesa, circostanze queste che hanno portato i giudici di appello a ritenere oltremodo improbabile che i fatti del presente procedimento possano essere frutto della medesima volizione ideativa di un reato iniziato ai danni di altra persona oltre un anno prima.
A fronte di tali argomenti, il ricorso insiste nel ribadire la che trattasi di condotte coeve circostanza questa non messa in dubbio dalla Corte territoriale, che dà atto che i fatti per cui il Bifulco Ł stato giudicato coprono il biennio 2020/2022 -, ma non confuta l’argomento relativo all’assenza della comune ideazione.
Orbene, si osserva che la funzione tipica dell’impugnazione Ł quella della critica argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce; tale revisione critica si realizza attraverso la presentazione
di motivi che, a pena di inammissibilità, debbono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Contenuto essenziale del ricorso in cassazione Ł, pertanto, il confronto puntuale con le argomentazioni del provvedimento oggetto di impugnazione (per tutte, Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822 – 01). Ne consegue che, se il ricorso si limita, come nel caso di specie, a riprodurre il motivo di appello, per ciò solo si destina all’inammissibilità, venendo meno in radice l’unica funzione per la quale Ł previsto e ammesso, posto che con siffatta mera riproduzione il provvedimento impugnato, lungi dall’essere destinatario di specifica critica argomentata, Ł di fatto del tutto ignorato.
1.4. L’ultimo motivo Ł manifestamente infondato.
L’elemento nuovo, valorizzato dalla Corte di merito, rispetto alla decisione del Tribunale di Sorveglianza di Salerno del 15/11/2023, Ł costituito dalla commissione dei fatti per i quali si procede (solo citati in quel provvedimento come ‘carico pendente’), che i giudici di appello hanno valutato come rappresentativi dell’allarmante profilo criminale dell’odierno ricorrente e sintomatici dell’assenza di qualsivoglia resipiscenza. In altri termini, la sanzione sostitutiva richiesta Ł stata ritenuta inidonea a rieducare il condannato ed a fungere da deterrente per la reiterazione di ulteriori reati, a fronte della personalità fortemente trasgressiva che emerge anche dal citato provvedimento del Tribunale di Sorveglianza. Del resto, l’aver ottenuto la semilibertà in relazione ad una condanna non comporta l’automatico riconoscimento della sanzione sostitutiva in relazione a condanne successive, sintomatiche peraltro di una piø accentuata pericolosità, oltre che della assoluta inefficacia di sanzioni meno afflittive.
Trattasi, dunque, di motivazione congrua ed esente da vizi logici, che, dunque, non può essere censurata in sede di legittimità.
All’inammissibilità del ricorso segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonchØ, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 08/05/2025.
Il Presidente NOME COGNOME