Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 36156 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 36156 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/09/2025
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME COMO il DATA_NASCITA COGNOME NOME NOME NOME RONAGO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 24/01/2025 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
R.G. 15711/2025 – Rel. Borrelli – Ud. 24/09/2025
– Rilevato che NOME COGNOME e NOME COGNOME ricorrono avverso la sentenza della Corte di appello di Milano, che ha confermato la sentenza del Tribunale d Como, con cui sono stati ritenuti responsabili del reato di bancarotta fraudolen e condannati alla pena ritenuta di giustizia.
Ritenuto che il primo ed unico motivo di ricorso di NOME COGNOME – che contesta la correttezza della motivazione posta a base della dichiarazione di responsabili -non è deducibile in sede di legittimità, avendo ad oggetto una questione ( riconducibilità del suo ruolo a quello di una mera testa di legno) che non costituito oggetto dei motivi di appello, tale dovendosi intendere anche la generic prospettazione nei motivi di gravame di una censura solo successivamente illustrata in termini specifici con la proposizione del ricorso in cassazione. consegue l’inammissibilità del ricorso perché non possono essere dedotte con il ricorso per cassazione questioni sulle quali il giudice di appello abbia correttame omesso di pronunciare siccome non devolute con la dovuta specificità alla sua cognizione, tranne che si tratti di questioni rilevabili di ufficio in ogni stato e del giudizio o che non sarebbe stato possibile dedurre in precedenza (cfr. l’a 606, comma 3, cod. proc. pen. quanto alla violazione di legge; si vedano, con specifico riferimento al vizio di motivazione, Sez. 2, n. 29707 del 08/03/2017 COGNOME, Rv. 270316; Sez. 2, n. 13826 del 17/02/2017, COGNOME, Rv. 269745 01; Sez. 2, n. 22362 del 19/04/2013, COGNOME).
Ritenuto che il primo motivo di ricorso di NOME COGNOME – che lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza de qualifica di amministratore di fatto – non è deducibile in sede di legittimità quanto fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quel già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla Corte di merito, dovendosi g stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono d assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggett di ricorso (Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, COGNOME, Rv. 277710; Sez. 3, n 44882 del 18/07/2014, COGNOME e altri, Rv. 260608; Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, COGNOME e altri, Rv. 243838).
Ritenuto che il secondo motivo di ricorso di NOME COGNOME – che contesta la correttezza della motivazione posta a base del giudizio di responsabilità – non consentito dalla legge in sede di legittimità in quanto costituito da mere doglia in punto di fatto; esso è, inoltre, aspecifico, essendo fondato su argomenti
ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice d gravame e che non dialogano criticamente con il costrutto della decisione avversata mancando di adeguarsi all’attuale disposto di cui all’art. 581 cod. pr pen. A questo riguardo, va altresì ricordato che Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016 dep. 2017, Galtelli Rv. 268823, ha ribadito un principio già noto nell giurisprudenza di legittimità, secondo cui i motivi di ricorso per cassazione so inammissibili non solo quando risultino intrinsecamente indeterminati, ma altresì quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugNOME e che le ragioni di tale necessaria correlazione tra la decisione censurata e l’atto di impugnazione risiedono nel fatto che quest’ultim non può ignorare le ragioni del provvedimento censurato.
Considerato che il terzo motivo di ricorso di NOME COGNOME – che contesta l correttezza della motivazione in relazione alla sussistenza dell’elemento soggettiv – è inedito, in quanto non vi era motivo sul dolo nell’atto di appello, ed è al anch’esso aspecifico.
Considerato che all’inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, ai sensi dell’art. 616, comma cod. proc. pen., al pagamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che si reputa equo fissare in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spe processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 24/09/2025.