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Ricorso inammissibile: prove nuove e motivi reiterati

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 6103/2024, ha dichiarato un ricorso inammissibile avverso una condanna per evasione. L’impugnazione è stata respinta poiché i motivi si basavano su prove prodotte tardivamente, sulla reiterazione di argomenti già valutati nel merito e su censure aspecifiche riguardo la tenuità del fatto. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione e i Limiti delle Nuove Prove

Quando un ricorso arriva in Corte di Cassazione, non è detto che i giudici entrino nel merito della questione. Esiste infatti l’istituto del ricorso inammissibile, un filtro procedurale che blocca le impugnazioni che non rispettano determinati requisiti. L’ordinanza n. 6103/2024 della Suprema Corte offre un chiaro esempio di come e perché un ricorso possa essere fermato prima ancora di una discussione approfondita, delineando i confini tra ciò che è discutibile in sede di legittimità e ciò che non lo è.

I Fatti del Caso: un Appello contro una Condanna per Evasione

Il caso trae origine da un ricorso presentato da un imputato contro la sentenza della Corte d’Appello che lo aveva condannato per il reato di evasione. L’imputato, nel tentativo di ribaltare la decisione, ha articolato il proprio ricorso in Cassazione su tre distinti motivi: un presunto vizio di motivazione basato su una nuova perizia psichiatrica, la mancata applicazione delle scriminanti della legittima difesa e dello stato di necessità, e l’erronea esclusione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

L’Analisi della Cassazione: Perché il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha esaminato ciascuno dei tre motivi, concludendo per l’inammissibilità totale del ricorso. Vediamo nel dettaglio le argomentazioni della Suprema Corte.

Il Primo Motivo: La Prova “Sopravvenuta”

L’imputato ha tentato di introdurre nel giudizio di Cassazione una perizia sullo stato mentale, redatta dopo la sentenza d’appello. La Corte ha respinto questo motivo come manifestamente infondato, sottolineando un principio fondamentale: la Cassazione non può valutare prove nuove. La Corte d’Appello non poteva tener conto di un documento che, al momento della sua decisione, non esisteva ancora. Inoltre, il ricorso è stato giudicato generico perché non specificava in quali tempi sarebbe insorto il presunto vizio di mente.

Il Secondo Motivo: Reiterazione di Argomenti di Fatto

Per quanto riguarda la richiesta di applicare le scriminanti della legittima difesa e dello stato di necessità, la Corte ha rilevato che il motivo era meramente reiterativo. L’imputato, in sostanza, ha riproposto le stesse argomentazioni fattuali già esaminate e respinte con adeguata motivazione dalla Corte territoriale. Il giudizio di Cassazione, è bene ricordarlo, è un giudizio di legittimità, non di merito: non può riesaminare i fatti, ma solo verificare la corretta applicazione della legge.

Il Terzo Motivo e il ricorso inammissibile per genericità

Anche il terzo motivo, relativo alla tenuità del fatto ex art. 131-bis c.p., è stato dichiarato inammissibile. Le censure sono state ritenute aspecifiche e, ancora una volta, ripetitive di quelle già respinte in appello. La Corte ha validato la motivazione dei giudici di merito, che avevano escluso la tenuità del fatto basandosi su due elementi chiave: l’abitualità delle condotte di evasione e la gravità oggettiva della specifica azione, una fuga attraverso i tetti.

Le Motivazioni della Decisione

La decisione della Corte si fonda su principi cardine della procedura penale. In primo luogo, il divieto di introdurre nuove prove nel giudizio di legittimità, che è destinato al solo controllo di diritto sulla decisione impugnata. In secondo luogo, la necessità che i motivi di ricorso siano specifici e non meramente ripetitivi di questioni già decise. L’inammissibilità scatta quando l’impugnazione non presenta reali critiche alla logicità e correttezza giuridica della sentenza impugnata, ma si limita a riproporre una diversa lettura dei fatti. La Corte ha ritenuto congrua e priva di vizi logici la motivazione della sentenza d’appello, che aveva correttamente valutato l’abitualità della condotta e la gravità dell’evasione per escludere la tenuità del fatto.

Le Conclusioni: Conseguenze Pratiche del Ricorso Inammissibile

La dichiarazione di inammissibilità del ricorso non è priva di conseguenze. Ai sensi dell’articolo 616 del codice di procedura penale, essa comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. Inoltre, la Corte ha disposto il versamento di una somma di 3000 euro in favore della cassa delle ammende, ritenuta equa in ragione della natura delle questioni sollevate. Questa pronuncia ribadisce l’importanza di redigere ricorsi per Cassazione con rigore tecnico, evitando di presentare prove nuove o di riproporre questioni di fatto già ampiamente dibattute e decise nei precedenti gradi di giudizio.

È possibile presentare nuove prove, come una perizia, per la prima volta in Cassazione?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che non può tenere conto di documenti sopravvenuti rispetto al giudizio di appello, specialmente senza alcuna specificazione riguardo al momento in cui sarebbero insorti i fatti che tali documenti intendono provare.

Perché un motivo di ricorso viene considerato ‘reiterativo’ e quindi respinto?
Un motivo è considerato reiterativo quando ripropone le stesse questioni di fatto già esaminate e decise con motivazione adeguata dalla corte del grado precedente. La Cassazione non può riesaminare i fatti, ma solo controllare la corretta applicazione della legge.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro a favore della cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in 3000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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