Ricorso Inammissibile: Quando la Prova della Disponibilità dell’Immobile Fonda la Condanna per Stupefacenti
La recente ordinanza della Corte di Cassazione offre un chiaro esempio di come viene valutata la fondatezza di un appello in materia di detenzione di stupefacenti, sottolineando l’importanza delle prove concrete e la natura del giudizio di legittimità. Quando un imputato presenta un ricorso inammissibile, le conseguenze sono la conferma della condanna e l’addebito delle spese. Analizziamo questo caso per capire le ragioni dietro una simile decisione.
I Fatti del Caso
Un individuo veniva condannato in primo e secondo grado per il reato di illecita detenzione di ingenti quantità di sostanze stupefacenti di diversa tipologia. Le sostanze erano state rinvenute all’interno di una mansarda di cui, secondo l’accusa, l’imputato aveva la piena disponibilità. L’imputato decideva di presentare ricorso alla Corte di Cassazione, lamentando un vizio di motivazione nella sentenza d’appello, sostenendo che l’affermazione della sua responsabilità penale fosse basata su una ricostruzione dei fatti errata.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile. La decisione si fonda su due pilastri principali: la natura meramente ripetitiva delle censure presentate e la mancanza di autosufficienza del ricorso stesso. Secondo gli Ermellini, le argomentazioni del ricorrente non erano altro che una riproposizione di quanto già esaminato e respinto dalla Corte d’Appello, trasformando l’appello in un tentativo di ottenere una nuova valutazione dei fatti, attività preclusa nel giudizio di legittimità.
Analisi del ricorso inammissibile
Il concetto di ricorso inammissibile è centrale in questa vicenda. La Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si riesamina il merito della vicenda, ma un giudice di legittimità che valuta se i giudici precedenti abbiano applicato correttamente la legge e motivato la loro decisione in modo logico e coerente. Nel caso di specie, il ricorrente ha tentato di contestare l’individuazione della sua persona come soggetto avente la disponibilità della mansarda, ma lo ha fatto riproponendo le stesse tesi già bocciate, senza evidenziare un vero e proprio errore di diritto.
Il Principio di Autosufficienza
Un altro punto cruciale è la violazione del principio di autosufficienza. Il ricorrente ha fatto riferimento a presunte dichiarazioni contenute in un verbale che, a suo dire, avrebbero supportato la sua versione. Tuttavia, non ha allegato tale verbale al ricorso. La Corte ha sottolineato che non è suo compito andare a cercare gli atti nei fascicoli del processo; il ricorso deve contenere in sé tutti gli elementi necessari per permettere alla Corte di decidere, senza dover fare ricerche esterne. La mancanza di questo requisito ha contribuito a rendere il ricorso inammissibile.
Le Motivazioni
La motivazione della Corte si basa sulla solidità del quadro probatorio che aveva portato alla condanna. Gli elementi a carico dell’imputato erano molteplici e concordanti. Innanzitutto, il proprietario dell’immobile e sua moglie lo avevano riconosciuto come colui al quale avevano affittato la mansarda, sebbene senza un contratto formale. Inoltre, le forze dell’ordine avevano osservato direttamente l’imputato usare le chiavi per aprire il portone dello stabile. Un altro elemento significativo era che le luci della mansarda si accendevano proprio in concomitanza con il suo ingresso nell’edificio, e che veniva raggiunto lì dagli occupanti del piano di sotto. Questi fatti, messi insieme, creavano un quadro logico e coerente che dimostrava inequivocabilmente la sua disponibilità del locale e, di conseguenza, la sua responsabilità per quanto vi era contenuto.
Conclusioni
L’ordinanza in esame ribadisce un principio fondamentale del nostro ordinamento processuale: il ricorso in Cassazione non può essere utilizzato per ottenere una terza valutazione dei fatti. Se le prove sono state correttamente valutate nei gradi di merito e la motivazione della sentenza è logica e priva di vizi giuridici, un ricorso che si limiti a contestare la ricostruzione fattuale sarà dichiarato inammissibile. La decisione impone anche una riflessione sull’onere di diligenza del difensore nel redigere un ricorso: è essenziale non solo sollevare censure pertinenti al giudizio di legittimità, ma anche fornire tutti gli elementi documentali a supporto, in ossequio al principio di autosufficienza, per evitare una declaratoria di inammissibilità e la condanna al pagamento di spese e sanzioni.
Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché era una semplice ripetizione di argomentazioni già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello e perché mirava a una rivalutazione dei fatti, cosa non permessa in sede di Cassazione. Inoltre, mancava del requisito di autosufficienza, non avendo allegato i documenti necessari a supportare le sue tesi.
Quali prove concrete sono state usate per condannare l’imputato?
La condanna si è basata su diverse prove convergenti: il riconoscimento da parte del proprietario dell’immobile e di sua moglie; l’osservazione diretta da parte delle forze dell’ordine dell’imputato mentre usava le chiavi dello stabile; la correlazione tra il suo ingresso nell’edificio e l’accensione delle luci nella mansarda; e il fatto che venisse raggiunto lì da altre persone.
Cosa significa che un ricorso non è ‘autosufficiente’?
Significa che il ricorso non contiene al suo interno tutti gli elementi necessari (come documenti, verbali o trascrizioni specifiche) perché la Corte di Cassazione possa valutare la fondatezza delle censure sollevate, senza dover cercare autonomamente tali elementi negli atti dei precedenti gradi di giudizio.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 299 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 299 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 01/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 02/10/1980
avverso la sentenza del 09/06/2023 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME – imputato del reato di illecita detenzione di ingenti quantità sostanze stupefacenti di diversa tipologia – ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza del 09/01/2023 (con cui la Corte d’Appello di L’Aquila ha confermato la condanna in primo grado irrogata dal Tribunale di Avezzano), deducendo vizio di motivazione con riferimento all’affermazione di penale responsabilità, dopo aver premesso una “ricostruzione in fatto ed excursus processuale”;
ritenuto la censura sia inammissibile perché meramente reiterativa della prospettazione esaminata e disattesa in appello quanto alla individuazione, nel ricorrente, del soggetto avente la disponibilità della mansarda all’interno della quale era stato rinvenuto lo stupefacente per cui è causa. Individuazione fondata – oltre che sul riconoscimento operato dal proprietario della mansarda e dalla moglie di questi, che gli avevano locato l’immobile pur senza formale contratto sui servizi di o.c.p. che avevano non solo visto l’NOME COGNOME aprire il portone dello stabile con le chiavi, ma anche il fatto che la mansarda si illuminava proprio quando il ricorrente faceva ingresso nello stabile, e veniva raggiunto in mansarda dagli occupanti del piano sottostante, come comprovato dall’accensione e dallo spegnimento delle luci (cfr. pag. 1 seg. della sentenza impugnata);
ritenuto che tale percorso argomentativo sia stato contrastato con rilievi che da un lato appaiono volti ad una rivalutazione delle risultanze acquisite (in questa sede preclusa), dall’altro non risultano connotati dalla necessaria autosufficienza, non essendo stato allegato il verbale da cui emergerebbero le dichiarazioni ritenute idonee a supportare la diversa prospettazione;
ritenuto pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle nmende
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in GLYPH na, il 1 dicembre 2023 Il Consigl GLYPH stensore GLYPH
Ir Presidente