Ricorso inammissibile: quando la prescrizione non può essere dichiarata
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre l’opportunità di approfondire un tema tecnico ma fondamentale della procedura penale: gli effetti di un ricorso inammissibile sulla possibilità di dichiarare la prescrizione del reato. Quando un ricorso viene giudicato tale, le conseguenze per il condannato sono definitive e precludono l’esame di questioni che, altrimenti, potrebbero portare a un esito diverso. Analizziamo insieme questa decisione per capire la logica che guida i giudici supremi.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine da una condanna per furto pluriaggravato, confermata sia in primo grado dal Tribunale di Treviso sia in appello dalla Corte di Appello di Venezia. L’imputato, non rassegnandosi alla decisione, ha proposto ricorso per Cassazione affidandosi a due principali motivi. Con il primo, lamentava la violazione di norme procedurali e convenzionali relative all’acquisizione di una testimonianza, sostenendo che fosse stata illegittimamente utilizzata. Con il secondo motivo, chiedeva alla Corte di riconoscere l’avvenuta prescrizione del reato.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 14139 del 2024, ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile. Di conseguenza, non solo ha respinto le doglianze del ricorrente, ma lo ha anche condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro a favore della Cassa delle ammende. La decisione si fonda su principi consolidati della giurisprudenza di legittimità, in particolare per quanto riguarda il rapporto tra inammissibilità e prescrizione.
Le Motivazioni della Sentenza
La Corte ha smontato punto per punto le argomentazioni della difesa, evidenziandone la manifesta infondatezza.
Il primo motivo di ricorso e la sua infondatezza
Per quanto riguarda la presunta violazione delle norme sull’acquisizione della prova testimoniale, i giudici hanno rilevato che le dichiarazioni contestate non erano affatto decisive per l’affermazione della responsabilità penale dell’imputato. La Corte ha fatto riferimento alla sentenza di appello, la quale aveva già chiarito come la colpevolezza fosse basata su un quadro probatorio ben più ampio e solido. Un motivo di ricorso che si concentra su un elemento non cruciale per la decisione è, per sua natura, destinato a fallire.
Il Ricorso inammissibile e il blocco della prescrizione
Il punto centrale della decisione riguarda il secondo motivo, relativo alla prescrizione. La Corte ha ribadito un principio cardine, sancito dalle Sezioni Unite già nel 2000 (sentenza n. 32, De Luca): l’inammissibilità del ricorso per cassazione preclude la possibilità di rilevare e dichiarare l’eventuale prescrizione del reato maturata in un momento successivo alla sentenza impugnata.
In altre parole, se l’impugnazione è viziata in origine perché basata su motivi non consentiti dalla legge o manifestamente infondati, si forma una barriera processuale. Questa barriera impedisce al giudice di esaminare il merito della questione e, di conseguenza, anche di verificare se, nel frattempo, il tempo per punire il reato sia scaduto. L’inammissibilità cristallizza la situazione giuridica definita dalla sentenza di appello, rendendola definitiva.
Conclusioni
Questa ordinanza ci insegna una lezione fondamentale: la presentazione di un ricorso in Cassazione non è un atto da prendere alla leggera. Se i motivi non sono solidi e giuridicamente pertinenti, il rischio non è solo quello di un rigetto, ma di una declaratoria di inammissibilità. Tale esito comporta conseguenze molto gravi: la condanna diventa irrevocabile, si viene condannati al pagamento di spese e sanzioni pecuniarie, e, soprattutto, si perde la possibilità di far valere cause di estinzione del reato come la prescrizione. La decisione rafforza la funzione della Corte di Cassazione come giudice di legittimità, chiamato a vagliare la corretta applicazione della legge e non a riesaminare nel merito i fatti, sanzionando le impugnazioni meramente dilatorie o pretestuose.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati sono stati ritenuti manifestamente infondati. Il primo motivo si basava su prove testimoniali giudicate non decisive per la condanna, mentre il secondo motivo, relativo alla prescrizione, era in contrasto con un consolidato principio giurisprudenziale.
La Corte di Cassazione può dichiarare la prescrizione se il ricorso è inammissibile?
No. Secondo un orientamento consolidato delle Sezioni Unite della Cassazione, l’inammissibilità del ricorso impedisce al giudice di rilevare e dichiarare l’eventuale prescrizione del reato che sia maturata dopo la data della sentenza impugnata. L’inammissibilità crea una preclusione processuale.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
La parte che ha presentato il ricorso inammissibile viene condannata al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro, in questo caso fissata in tremila euro, in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 14139 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 14139 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 31/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 23/04/2023 della CORTE APPELLO di VENEZIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDEATO IN DIRITTO
Rilevato che la Corte di appello di Venezia ha confermato la sentenza del Tribunale di Treviso nei confronti DI NOME, di condanna per il reato di furto pluriaggravato;
Considerato che il ricorso per cassazione è affidato a due motivi, con i quali è denunciata violazione dell’art. 512 cod. proc. peri in relazione agli artt. 111 della Costituzione e art. 6 paragrafi 1 e 3, lett. d) della CEDU, ed erronea applicazione delle norme in materia di prescrizione del reato;
Considerato che il difensore del ricorrente ha depositato memoria integrativa con la quale insiste nei motivi;
Rilevato che il primo motivo di ricorso – con cui il ricorrente denunzia violazione dell’art. 512 cod. proc. pen in relazione agli artt. 111 della Costituzione e art. 6 paragrafi 1 e 3, lett. d) della CEDU – è manifestamento infondato in quanto le dichiarazioni acquisite alle quali si riferisce il ricorso, ossia le SIT della signora NOME COGNOME, non risultano decisive ai fini dell’accertamento della responsabilità penale (si veda pagina 3 della sentenza impugnata).
Rilevato che il secondo motivo di ricorso – con cui il ricorrente denunzia violazione di legge in relazione all’avvenuta prescrizione del reato ascrittogli – è manifestamente infondato, in considerazione del consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui l’inammissibilità del ricorso preclude il rilievo della eventual prescrizione maturata successivamente alla sentenza impugnata (Sez. U., n. 32 del 22/11/2000, COGNOME Luca, Rv. 217266);
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 31 gennaio 2024.