Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 28236 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 28236 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a ROMA il 26/11/1960
avverso la sentenza del 19/12/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letti il ricorso di NOME COGNOME e la memoria sopravvenuta in data 5 giugno 2025, intesa a criticare l’assegnazione del fascicolo alla settima sezione penale;
ritenuto che il primo e il terzo dei motivi d’impugnazione, entrambi sostanzialmente afferenti al dolo e alla consapevolezza del reato presupposto, sono manifestamente infondati, atteso che la corte di appello ha fatto corretta applicazione del principio di diritto a mente del quale,a i fini della configurabilit del delitto di ricettazione è necessaria la consapevolezza della provenienza illecita del bene ricevuto, senza che sia indispensabile che tale consapevolezza si estenda alla precisa e completa conoscenza delle circostanze di tempo, di modo e di luogo del reato presupposto (Sez. 4, n. 4170 del 12/12/2006, dep. 2007, COGNOME, Rv. 235897) e la prova dell’elemento soggettivo può essere raggiunta da qualsiasi elemento, anche indiretto, e quindi anche dall’omessa o non attendibile indicazione della provenienza della cosa ricevuta da parte del soggetto agente, la quale è sicuramente rivelatrice della volontà di occultamento, logicamente spiegabile con un acquisto in mala fede (Sez. 2, n. 29198 del 25/05/2010, Fontanella, Rv. 248265 e n. 53017 del 22/11/2016, COGNOME, Rv. 268713);
considerato che il secondo motivo di ricorso, con cui si contesta la mancata declaratoria di estinzione del reato in esito al riconoscimento della fattispecie della ricettazione attenuata di cui all’art. 648, comma quarto, cod. pen., risulta manifestamente infondato, poiché a tal proposito deve ribadirsi il principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità, secondo cui «In tema di ricettazione, l’ipotesi del fatto di speciale tenuità non costituisce una autonoma figura di reato, ma una circostanza attenuante, sicché, ai sensi dell’art. 157 cod. pen., non può tenersene conto ai fini della determinazione del termine di prescrizione, da computarsi con riferimento al limite edittale massimo previsto per l’ipotesi-base.» (così, Sez. 7, n. 39944 del 08/07/2022, COGNOME, Rv. 284186; conforme, ex multis, Sez. 2, n. 14767 del 21/03/2017, Aquaro, Rv. 269492 – 01; Sez. 2, n. 4032 del 10/01/2013, Rv. 254307 – 01);
evidenziato, infine, che non è possibile rilevare la prescrizione dei reati eventualmente maturata nelle more della trattazione dell’odierna impugnazione, atteso che il ricorso inammissibile per causa originaria non consente l’instaurazione di un regolare rapporto processuale di impugnazione, con la conseguenza che la sentenza impugnata passa automaticamente in cosa giudicata e resta precluso qualsiasi accertamento di sopravvenute cause di non punibilità (nella specie, la prescrizione del reato (in questo senso, Sez. 2, n. 28848 del 08/05/2013, COGNOME, Rv. 256463 – 01; Sez. 3, n. 42839 del 08/10/2009, COGNOME, Rv. 244999 – 01);
rimarcato che l’inammissibilità del ricorso originario preclude ogni possibilità
di valutare i motivi nuovi e le argomentazioni esposte con la memoria sopravvenuta, dovendosi a tale proposito rammentare che
«l’inammissibilità dei motivi originari del ricorso per cassazione non può essere sanata dalla proposizione di motivi nuovi, atteso che si trasmette a questi ultimi il
vizio radicale che inficia i motivi originari per l’imprescindibile vincolo connessione esistente tra gli stessi e considerato anche che deve essere evitato il
surrettizio spostamento in avanti dei termini di impugnazione» (Sez. 5, n. 48044
del 02/07/2019, COGNOME, Rv. 277850 – 01)
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 17 giugno 2025.