Ricorso Inammissibile: Quando la Prescrizione non Salva dalla Condanna
Nel processo penale, l’impugnazione di una sentenza è un diritto fondamentale, ma deve essere esercitato nel rispetto di precise regole. Un ricorso inammissibile, ovvero un’impugnazione che non rispetta i requisiti di legge, non solo non viene esaminata nel merito, ma produce conseguenze molto gravi per chi lo propone, come la cristallizzazione della condanna e sanzioni economiche. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio di come l’inammissibilità possa vanificare anche un’argomentazione forte come quella della prescrizione del reato.
Il Caso in Esame: Un Appello contro la Condanna
Un individuo, condannato dalla Corte di Appello di Bologna per il reato previsto dall’art. 489 del codice penale, decideva di presentare ricorso per cassazione. L’obiettivo era ottenere l’annullamento della sentenza di condanna, facendo leva principalmente su due argomenti: l’avvenuta prescrizione del reato e vizi nella motivazione della sentenza stessa.
I Motivi del Ricorso: Prescrizione e Critiche alla Sentenza
Il ricorrente basava la sua difesa su due pilastri principali:
1. L’intervenuta prescrizione: Sosteneva che il tempo massimo previsto dalla legge per punire il reato (sette anni e sei mesi) fosse ormai trascorso.
2. La violazione della legge penale: Criticava la sentenza d’appello, ritenendo che la motivazione a sostegno della sua colpevolezza fosse debole e non adeguatamente provata.
Queste argomentazioni, tuttavia, si sono scontrate con un ostacolo insormontabile: l’analisi preliminare della Corte sulla validità stessa del ricorso.
L’Analisi della Cassazione su un Ricorso Inammissibile
La Corte di Cassazione, prima di entrare nel merito delle questioni, ha valutato se il ricorso fosse stato presentato correttamente. L’esito di questa valutazione è stato negativo, portando a dichiarare il ricorso inammissibile per due ragioni distinte, una per ciascun motivo di doglianza.
Il Calcolo della Prescrizione e l’Effetto della Sospensione
Analizzando il primo motivo, la Corte ha ricalcolato i termini di prescrizione. Ha evidenziato che al totale di sette anni e sei mesi dovevano essere aggiunti 124 giorni di sospensione, dovuti a un legittimo impedimento del difensore e al differimento di un’udienza per l’emergenza Covid-19. Con questo calcolo, alla data della sentenza d’appello (13 dicembre 2022), il reato non era ancora prescritto. La Corte ha quindi ribadito un principio fondamentale: se il ricorso è inammissibile, la prescrizione maturata successivamente alla sentenza impugnata non può essere dichiarata. L’inammissibilità del ricorso impedisce l’esame di qualsiasi questione di merito, compresa l’estinzione del reato.
La Genericità dei Motivi come Causa di Inammissibilità
Riguardo al secondo motivo, i giudici hanno rilevato che le critiche alla motivazione erano del tutto generiche. Il ricorrente si era limitato a negare la propria responsabilità e la sussistenza della prova, senza però indicare specifiche contraddizioni o travisamenti nel ragionamento dei giudici d’appello. Un ricorso in Cassazione non può essere una semplice riproposizione delle proprie tesi difensive, ma deve individuare con precisione i vizi logici o giuridici della sentenza impugnata. La mancanza di questa specificità ha reso anche questo motivo inammissibile.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte di Cassazione ha fondato la propria decisione su principi consolidati della giurisprudenza. In primo luogo, ha applicato la regola secondo cui l’inammissibilità del ricorso preclude la possibilità di rilevare cause di estinzione del reato, come la prescrizione, verificatesi in un momento successivo alla pronuncia della sentenza impugnata. Questo principio serve a evitare che impugnazioni palesemente infondate vengano utilizzate come meri strumenti dilatori per far maturare la prescrizione. In secondo luogo, ha sottolineato che i motivi di ricorso devono essere specifici e non meramente assertivi. Limitarsi a contestare genericamente la valutazione delle prove, senza dimostrare un errore logico o un travisamento del fatto da parte del giudice, non costituisce un motivo valido per l’annullamento di una sentenza. La combinazione di questi due elementi ha reso inevitabile la dichiarazione di inammissibilità.
Le Conclusioni
Le implicazioni di questa ordinanza sono chiare. La presentazione di un ricorso inammissibile non è priva di conseguenze. In questo caso, non solo la condanna è diventata definitiva, ma il ricorrente è stato anche condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. Questa sanzione viene comminata quando l’inammissibilità è talmente evidente da configurare una colpa da parte del ricorrente nell’aver adito la Corte. La decisione serve da monito: le impugnazioni devono essere ponderate e fondate su motivi solidi e specifici, altrimenti si rischia non solo di vedere confermata la condanna, ma anche di incorrere in ulteriori sanzioni economiche.
Quando un ricorso per cassazione viene considerato inammissibile?
Un ricorso è inammissibile quando manca dei requisiti previsti dalla legge. Ad esempio, quando i motivi presentati sono generici, si limitano a contestare la valutazione dei fatti già operata dai giudici di merito, oppure quando non vengono rispettate le forme e i termini per la sua presentazione.
Se il reato si prescrive dopo la sentenza d’appello, si può far valere la prescrizione con un ricorso inammissibile?
No. Secondo un principio consolidato, se il ricorso per cassazione è inammissibile, la Corte non può dichiarare l’estinzione del reato per prescrizione maturata dopo la data della sentenza impugnata. L’inammissibilità del ricorso ‘cristallizza’ la situazione giuridica al momento della decisione di secondo grado.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta tre conseguenze principali: 1) la sentenza impugnata diventa definitiva e irrevocabile; 2) il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento; 3) il ricorrente viene condannato al pagamento di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, il cui importo è stabilito dal giudice.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 2953 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 2953 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/10/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a TELAVI( GEORGIA) il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/12/2022 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Bologn che ne ha confermato la condanna per il reato di cui all’art. 489 cod. pen.;
ritenuto che il primo motivo di ricorso – con cui si deduce l’intervenuta prescrizione del re – è inammissibile in quanto, tenuto conto della sospensione ex art. 159 cod. pen. di 124 giorni (60 giorni in ragione del rinvio dell’udienza del 26 novembre 2019 per legittimo impedimento del difensore dell’imputato; 64 giorni per il differimento dell’udienza del 5 maggio 2020 rinv a causa dell’emergenza epidemiologica da Covid-19: cfr. Sez. U, n. 5292 del 26/11/2020 – dep. 2021, Sanna, Rv. 280432 – 03), il termine di sette anni e sei mesi (artt. 157 e 161 cod. pen dal tempo del commesso reato (il 6 maggio 2015) non era decorso allorché è stata pronunciata la sentenza di appello (il 13 dicembre 2022) e la prescrizione successivamente maturata non può essere in questa sede rilevata a fronte dell’inammissibilità del ricorso (cfr. Sez. U, n. 12 del 17/12/2015 – dep. 2016, Ricci, Rv. 266818 – 01);
ritenuto che il secondo motivo di ricorso – con cui, pur adducendo la violazione della legg penale si censura la motivazione posta a base dell’affermazione di responsabilità dell’imputato lungi dal prospettare compiute censure di legittimità, contiene asserti del tutto generici, n irritualmente che sussistenza della prova, senza neppure ipotizzarne il travisamento (cfr. Sez 2, n. 46288 del 28/06/2016, COGNOME, Rv. 268360 – 01; Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, COGNOME, Rv. 254584 – 01);
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna de ricorrente ex art. 616 cod. proc. pen. al pagamento delle spese processuali nonché – ravvisandosi profili di colpa in ragione dell’evidente inammissibilità dell’impugnazione (cfr. Corte cost., n. 186 del 13/06/2000; Sez. 1, n. 30247 del 26/01/2016, Failla, Rv. 267585 – 01) – a versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro tremila;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 18 ottobre 2023 Il Consigliere estensore
Il Presidente