Ricorso Inammissibile: Quando i Precedenti Giustificano la Pena
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha chiarito un punto fondamentale riguardo la valutazione della pena in presenza di precedenti penali, anche quando il reato contestato è di lieve entità. Il caso analizzato riguarda un ricorso inammissibile presentato da un imputato condannato per spaccio di sostanze stupefacenti, fattispecie attenuata dal comma 5 dell’art. 73 del d.P.R. 309/1990. Questa decisione sottolinea l’importanza della specificità dei motivi di ricorso e il peso dei precedenti penali nella commisurazione della sanzione.
I Fatti del Caso: Il Ricorso contro la Condanna per Lieve Entità
Un soggetto, condannato dalla Corte d’Appello per detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, ha presentato ricorso in Cassazione. La difesa lamentava vizi di motivazione della sentenza impugnata, un’erronea applicazione dell’articolo 62-bis del codice penale (riguardante le circostanze attenuanti generiche) e l’eccessività della pena inflitta. Sebbene il reato fosse stato qualificato come di ‘minore gravità’, la pena applicata si discostava dal minimo edittale, e su questo punto si concentravano le doglianze del ricorrente.
La Decisione della Corte: Perché il Ricorso è Inammissibile?
La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile. La decisione si fonda su due pilastri argomentativi principali: la genericità dei motivi presentati e la corretta valutazione operata dai giudici di merito.
La Genericità del Motivo di Ricorso
In primo luogo, i giudici di legittimità hanno evidenziato come il ricorso fosse formulato in maniera generica. La doglianza, infatti, non richiamava elementi positivi specifici che sarebbero stati omessi o erroneamente valutati dalla Corte d’Appello. Un ricorso per cassazione, per essere ammissibile, deve indicare con precisione le presunte violazioni di legge o i vizi logici della motivazione, non potendosi limitare a una generica lamentela sulla decisione.
La Corretta Valutazione dei Precedenti Penali
In secondo luogo, la Corte ha ritenuto che la motivazione della sentenza di secondo grado fosse pienamente corretta e logica. I giudici di merito avevano già tenuto conto della ‘modestia dell’episodio’, riconoscendo la fattispecie attenuata del reato. Tuttavia, lo scostamento della pena dal minimo legale era stato ampiamente e correttamente giustificato sulla base dei ‘plurimi e specifici precedenti’ penali dell’imputato. In altre parole, la storia criminale del soggetto ha avuto un peso determinante e legittimo nella decisione del giudice.
Le Motivazioni della Cassazione sul ricorso inammissibile
La Corte ha ribadito un principio consolidato: la valutazione del trattamento sanzionatorio è una prerogativa del giudice di merito, e il suo giudizio può essere sindacato in sede di legittimità solo se la motivazione è manifestamente illogica o contraddittoria. Nel caso di specie, la motivazione era coerente: da un lato, si riconosceva la lieve entità del singolo fatto; dall’altro, si considerava la personalità dell’imputato, desunta dai suoi precedenti specifici, per determinare una pena adeguata e non limitata al minimo. La declaratoria di ricorso inammissibile ha comportato, come previsto dall’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, fissata equitativamente in 3.000,00 euro.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza offre importanti spunti di riflessione. Anzitutto, conferma che la presentazione di un ricorso per cassazione richiede un’argomentazione tecnica e specifica, non essendo sufficiente una mera contestazione della decisione. In secondo luogo, chiarisce che la presenza di precedenti penali, soprattutto se specifici rispetto al reato contestato, è un fattore che il giudice può e deve legittimamente considerare per inasprire la pena oltre il minimo edittale, anche nei casi di reati considerati di ‘minore gravità’. La decisione bilancia correttamente l’esigenza di valutare il singolo episodio con quella di considerare la storia e la pericolosità sociale del reo.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché considerato generico: non indicava elementi positivi specifici che i giudici di merito avrebbero erroneamente valutato o omesso di considerare.
Come ha giustificato la Corte la pena inflitta, superiore al minimo previsto?
La Corte ha ritenuto la pena pienamente giustificata dai plurimi e specifici precedenti penali dell’imputato, anche se il fatto era stato riconosciuto come di minore gravità.
Quali sono le conseguenze per il ricorrente quando un ricorso viene dichiarato inammissibile?
A seguito della declaratoria di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11129 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11129 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 20/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ROMA 11 17/02/1954
avverso la sentenza del 07/05/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che COGNOME NOME – condannato per il reato di cui all’art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990 – ha proposto ricorso per cassazione, lamentando, con un unico motivo di gravame, vizi della motivazione ed erronea applicazione dell’art. 62-bis cod. pen., nonché l’eccessività della pena.
Considerato che il ricorso è inammissibile, in quanto la doglianza – con la quale non si richiamano nello specifico elementi positivi di valutazione che sarebbero stati premessi o erroneamente valutati dai giudici di merito – non tiene conto della motivazione della sentenza impugnata, la quale correttamente valorizza il fatto che la modestia dell’episodio sia stata apprezzata, dal momento che è stata riconosciuta la fattispecie di minore gravità di cui al comma 5, dell’art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990, mentre lo scostamento dal minimo edittale della pena risulta pienamente giustificato dai plurimi e specifici precedenti dell’imputato;
che, tenuto conto della sentenza del 13 giugno 200, n. 86, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in C 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 20 dicembre 2024.