Ricorso Inammissibile Post Patteggiamento: Quando l’Errata Qualificazione non Basta
L’istituto del patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, rappresenta una delle vie più comuni per la definizione dei procedimenti penali. Tuttavia, la scelta di questo rito speciale comporta significative limitazioni al diritto di impugnazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini entro cui è possibile contestare una sentenza di patteggiamento, sottolineando come il ricorso inammissibile post patteggiamento sia una conseguenza quasi certa quando i motivi non rientrano nelle strette maglie previste dalla legge. Analizziamo la decisione per comprendere meglio il concetto di ‘errore manifesto’.
I Fatti del Caso: Detenzione di Stupefacenti e Patteggiamento
Il caso trae origine da una sentenza del Tribunale di Monza, che aveva ratificato un accordo tra l’imputato e la pubblica accusa. L’accusa era quella di detenzione illecita di 300 grammi di hashish, un reato previsto dall’art. 73, comma 4, del d.P.R. 309/1990. L’imputato, tramite il suo difensore, aveva quindi concordato la pena, ottenendo una sentenza di patteggiamento.
Il Ricorso in Cassazione e i Motivi dell’Appello
Nonostante l’accordo raggiunto, la difesa decideva di proporre ricorso per Cassazione. Il motivo principale del gravame era un presunto vizio di motivazione legato alla qualificazione giuridica del fatto. Secondo il ricorrente, il Tribunale avrebbe dovuto inquadrare la condotta nella fattispecie di lieve entità, prevista dal comma 5 dello stesso articolo 73, che comporta una pena significativamente inferiore. Si contestava, in sostanza, che la qualificazione giuridica concordata nel patteggiamento fosse errata.
Le Motivazioni della Cassazione: il ricorso inammissibile post patteggiamento e il concetto di ‘errore manifesto’
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, applicando il rigoroso dettato dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma limita drasticamente i motivi per cui si può impugnare una sentenza di patteggiamento.
La Suprema Corte ha ribadito un principio consolidato: la possibilità di contestare l’erronea qualificazione giuridica del fatto in una sentenza di patteggiamento è circoscritta ai soli casi di errore manifesto. Ma cosa si intende per ‘manifesto’?
Secondo gli Ermellini, l’errore è ‘manifesto’ solo quando la qualificazione giuridica adottata dal giudice risulta, con indiscussa immediatezza e senza margini di opinabilità, palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo di imputazione. In altre parole, l’errore deve essere così evidente da saltare all’occhio dalla semplice lettura degli atti, senza la necessità di alcuna attività interpretativa o di rivalutazione del materiale probatorio.
Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che tale erroneità non emergesse affatto nei termini richiesti. L’impugnazione è stata giudicata aspecifica e non autosufficiente, poiché non dimostrava una violazione di legge immediatamente percepibile. Di conseguenza, non rientrando nei ristretti limiti concessi dalla legge, il ricorso è stato dichiarato inammissibile.
Le Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Decisione
Questa ordinanza conferma che la via dell’impugnazione di una sentenza di patteggiamento è estremamente stretta, specialmente per questioni relative alla qualificazione giuridica del reato. La scelta di patteggiare implica una sostanziale accettazione del quadro accusatorio e delle sue conseguenze giuridiche. Per poter sperare in un accoglimento del ricorso, non è sufficiente sostenere che una diversa qualificazione sarebbe stata più corretta o plausibile; è necessario dimostrare un errore macroscopico, inequivocabile e immediatamente rilevabile. La declaratoria di inammissibilità ha comportato, per il ricorrente, non solo la conferma della condanna ma anche il pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
È sempre possibile fare ricorso in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento?
No, non è sempre possibile. L’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale limita i motivi di ricorso a specifiche ipotesi, come l’erronea qualificazione giuridica del fatto solo se manifesta.
Quando si può contestare un’erronea qualificazione giuridica in una sentenza di patteggiamento?
Soltanto quando si tratta di un ‘errore manifesto’, ovvero un errore che risulta con indiscussa immediatezza, senza margini di opinabilità e palesemente eccentrico rispetto al contenuto del capo di imputazione.
Cosa succede se il ricorso contro una sentenza di patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come stabilito dalla Corte nel caso esaminato.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 27328 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 27328 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 29/11/2023 del TRIBUNALE di MONZA
svolta la relazione dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
Il difensore di NOME ha proposto ricorso con difensore avverso la sentenza con la quale il Tribunale di Monza ha recepito l’accordo delle parti su una pena per il reato di all’art. 73, comma 4, d.P.R. n. 309/1990 (detenzione illecita di gr. 300 lordi di hashish Cinisello Balsamo, il 15/10/2023);
ritenuto che il ricorso é inammissibile, per causa che può essere dichiarata senza formalità ai sensi dell’art. 610 comma 5-bis cod. proc. pen., aggiunto dall’art. 1, comma 62, della legge 23 giugno 2017, n. 103, in vigore a decorrere dal 3 agosto 2017;
che, in particolare, si tratta di ricorso avverso sentenza applicativa di pena proposto motivi (dedotto vizio della motivazione in relazione ai presupposti per la riqualificazione in ip di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990), non deducibili ai sensi dell’art. 448 comma bis cod. proc. pen. (inserito dall’art. 1, comma 50, della legge 103/2017 citata), essendosi g chiarito che, in tema di applicazione della pena su richiesta delle parti, la possib di ricorrere per cassazione deducendo, ai sensi dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., l’erronea qualificazione giuridica del fatto contenuto in sentenza è limitata ai soli casi di manifesto, configurabile quando tale qualificazione risulti, con indiscussa immediatezza e senza margini di opinabilità, palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo di imputazione sicché è inammissibile l’impugnazione che denunci, in modo aspecifico e non autosufficiente, una violazione di legge non immediatamente evincibile dal tenore dei capi di imputazione e dalla motivazione della sentenza (tra le altre, sez. 4, n. 13749 del 23/3/2022, Gamal, Rv. 28302301; sez. 2, n. 14377 del 31/3/2021, COGNOME, Rv. 281116-01);
che, nella specie, tale erroneità non emerge nei termini sopra chiariti, alla stregua contenuto stesso della imputazione;
che alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero in ordine alla causa di inammissibilità (Corte cost. 186/2000);
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende.
Deciso il 26 giugno 2024
La Consigliera est.
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