Ricorso Inammissibile Plea Bargain: Quando Non Si Possono Contestare le Attenuanti
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale riguardo i limiti di impugnazione delle sentenze emesse a seguito di un ‘plea bargain’ (patteggiamento). La questione centrale riguarda l’impossibilità di contestare in Cassazione il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche. Questa decisione sottolinea la natura del ricorso inammissibile plea bargain quando le doglianze non riguardano l’illegalità della pena ma la sua commisurazione.
Il Caso: Dal Patteggiamento al Ricorso
Il Tribunale di Lodi, con sentenza del 24 ottobre 2023, aveva applicato a un imputato, su richiesta delle parti ai sensi dell’art. 444 c.p.p., una pena di 1 anno e 8 mesi di reclusione e 8.000 euro di multa per un reato legato agli stupefacenti (art. 73, comma 5, d.P.R. 309/1990).
Contro questa sentenza, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando un vizio di legittimità specifico: l’omessa motivazione riguardo al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, che avrebbero potuto portare a una riduzione della pena.
I Limiti dell’Impugnazione Dopo il Plea Bargain
La difesa dell’imputato si è scontrata con una precisa norma del codice di procedura penale. L’articolo 448, comma 2-bis, stabilisce che il pubblico ministero e l’imputato non possono presentare ricorso per cassazione contro la sentenza di patteggiamento se non per motivi specifici, tra cui l’illegalità della pena applicata.
Il punto cruciale, come chiarito dalla Corte, è la distinzione tra ‘illegalità della pena’ e ‘profili commisurativi’ della stessa.
* Illegalità della pena: Si verifica quando la sanzione non è prevista dalla legge, oppure eccede i limiti massimi di specie o quantità stabiliti.
* Profili commisurativi: Riguardano la discrezionalità del giudice nel quantificare la pena entro i limiti legali, includendo il bilanciamento delle circostanze aggravanti e attenuanti o la concessione delle attenuanti generiche.
L’appello dell’imputato rientrava chiaramente nella seconda categoria, rendendo il ricorso inammissibile plea bargain.
Le motivazioni della decisione
La Suprema Corte, nel dichiarare l’inammissibilità del ricorso, ha richiamato un suo precedente orientamento (Sez. 5, n. 19757 del 16/04/2019), secondo cui è inammissibile il ricorso per cassazione che deduca motivi relativi non all’illegalità della pena, ma a ‘profili commisurativi’ della stessa. Questi includono la violazione dei parametri dell’art. 133 c.p., il bilanciamento delle circostanze o, come nel caso di specie, il mancato riconoscimento di circostanze attenuanti.
La Corte ha specificato che la richiesta di applicazione delle attenuanti generiche attiene alla valutazione discrezionale del giudice sulla misura della pena, un ambito precluso al sindacato di legittimità nel contesto di una sentenza di patteggiamento. Pertanto, la doglianza dell’imputato è stata giudicata manifestamente infondata.
Conclusioni
La decisione della Cassazione conferma la natura definitiva dell’accordo raggiunto con il patteggiamento per quanto riguarda la quantificazione della pena. La dichiaratoria di inammissibilità ha comportato non solo il rigetto del ricorso, ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle Ammende.
Questa pronuncia serve come monito: la scelta del patteggiamento implica l’accettazione della pena concordata, e le possibilità di impugnazione sono estremamente limitate a vizi di manifesta illegalità, escludendo le valutazioni di merito sulla sua entità. Chi intende contestare tali aspetti deve percorrere la via del rito ordinario.
È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento (plea bargain) se non vengono concesse le attenuanti generiche?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che un simile ricorso è inammissibile. L’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. limita l’impugnazione ai soli casi di ‘illegalità della pena’, escludendo le questioni relative alla sua commisurazione, come il riconoscimento o il bilanciamento delle circostanze attenuanti.
Cosa si intende per ‘illegalità della pena’ ai fini dell’impugnazione di un patteggiamento?
Per ‘illegalità della pena’ si intende l’applicazione di una sanzione non prevista dall’ordinamento giuridico o che eccede, per specie o quantità, i limiti massimi fissati dalla legge. Non rientrano in questa categoria le valutazioni discrezionali del giudice sulla misura della pena all’interno della cornice edittale.
Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile in questi casi?
La parte che ha proposto un ricorso inammissibile viene condannata al pagamento delle spese processuali. Inoltre, come nel caso di specie, può essere condannata a versare una somma di denaro alla Cassa delle Ammende, equitativamente fissata dal giudice (in questa ordinanza, 3.000 euro).
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 18713 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 18713 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 24/10/2023 del TRIBUNALE di LODI
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RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 24/10/2023 il Tribunale di Lodi ha applicato a NOME, su richiesta ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., la pena di anni 1 mesi 8 di reclusione ed € 8.000 di multa, con confisca e distruzione dello stupefacente in sequestro, per il reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
Avverso tale sentenza – allegando vizio di legittimità – è stato proposto ricorso per cassazione, in forza del quale è stata censurata l’omessa motivazione con riguardo all’omesso riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso (da trattarsi ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis cod. proc. pen.) è inammissibile.
Deve invero rammentarsi che secondo questa Corte (Sez. 5, n. 19757 del 16/04/2019, Bonfiglio, Rv. 276509 . – 01) è inammissibile ai sensi dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. il ricorso per cassazione che deduca motivi concernenti, non l’illegalità della pena, intesa come sanzione non prevista dall’ordinamento giuridico ovvero eccedente, per specie e quantità, il limite legale, ma «profili commisurativi» della stessa, discendenti dalla violazione dei parametri di cui all’art. 133 cod. pen., ovvero attinenti al bilanciamento delle circostanze del reato o alla misura delle diminuzioni conseguenti alla loro applicazione (fattispecie in cui la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso volto censurare l’omesso bilanciamento della circostanza aggravante di cui all’art. 625, n. 7 cod. pen. con le circostanze attenuanti generiche di cui all’art. 62-bis cod. pen.), ipotesi in cui va ricompreso anche il riconoscimento (o l’omesso riconoscimento) delle circostanze atipiche.
Non può quindi che concludersi, data la manifesta infondatezza delle doglianze, nel senso dell’inammissibilità del ricorso.
Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di curo tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso in Roma il 23 febbraio 2024.