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Ricorso inammissibile plea bargain: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che, dopo un plea bargain (patteggiamento) per reati di droga, contestava il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche. La Suprema Corte ha ribadito che, secondo l’art. 448, comma 2-bis c.p.p., le sentenze di patteggiamento sono appellabili solo per l’illegalità della pena e non per aspetti legati alla sua commisurazione, come la valutazione delle circostanze. Di conseguenza, il ricorso inammissibile plea bargain ha portato alla condanna del ricorrente alle spese e al pagamento di una somma alla Cassa delle Ammende.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile Plea Bargain: Quando Non Si Possono Contestare le Attenuanti

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale riguardo i limiti di impugnazione delle sentenze emesse a seguito di un ‘plea bargain’ (patteggiamento). La questione centrale riguarda l’impossibilità di contestare in Cassazione il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche. Questa decisione sottolinea la natura del ricorso inammissibile plea bargain quando le doglianze non riguardano l’illegalità della pena ma la sua commisurazione.

Il Caso: Dal Patteggiamento al Ricorso

Il Tribunale di Lodi, con sentenza del 24 ottobre 2023, aveva applicato a un imputato, su richiesta delle parti ai sensi dell’art. 444 c.p.p., una pena di 1 anno e 8 mesi di reclusione e 8.000 euro di multa per un reato legato agli stupefacenti (art. 73, comma 5, d.P.R. 309/1990).

Contro questa sentenza, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando un vizio di legittimità specifico: l’omessa motivazione riguardo al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, che avrebbero potuto portare a una riduzione della pena.

I Limiti dell’Impugnazione Dopo il Plea Bargain

La difesa dell’imputato si è scontrata con una precisa norma del codice di procedura penale. L’articolo 448, comma 2-bis, stabilisce che il pubblico ministero e l’imputato non possono presentare ricorso per cassazione contro la sentenza di patteggiamento se non per motivi specifici, tra cui l’illegalità della pena applicata.

Il punto cruciale, come chiarito dalla Corte, è la distinzione tra ‘illegalità della pena’ e ‘profili commisurativi’ della stessa.

* Illegalità della pena: Si verifica quando la sanzione non è prevista dalla legge, oppure eccede i limiti massimi di specie o quantità stabiliti.
* Profili commisurativi: Riguardano la discrezionalità del giudice nel quantificare la pena entro i limiti legali, includendo il bilanciamento delle circostanze aggravanti e attenuanti o la concessione delle attenuanti generiche.

L’appello dell’imputato rientrava chiaramente nella seconda categoria, rendendo il ricorso inammissibile plea bargain.

Le motivazioni della decisione

La Suprema Corte, nel dichiarare l’inammissibilità del ricorso, ha richiamato un suo precedente orientamento (Sez. 5, n. 19757 del 16/04/2019), secondo cui è inammissibile il ricorso per cassazione che deduca motivi relativi non all’illegalità della pena, ma a ‘profili commisurativi’ della stessa. Questi includono la violazione dei parametri dell’art. 133 c.p., il bilanciamento delle circostanze o, come nel caso di specie, il mancato riconoscimento di circostanze attenuanti.

La Corte ha specificato che la richiesta di applicazione delle attenuanti generiche attiene alla valutazione discrezionale del giudice sulla misura della pena, un ambito precluso al sindacato di legittimità nel contesto di una sentenza di patteggiamento. Pertanto, la doglianza dell’imputato è stata giudicata manifestamente infondata.

Conclusioni

La decisione della Cassazione conferma la natura definitiva dell’accordo raggiunto con il patteggiamento per quanto riguarda la quantificazione della pena. La dichiaratoria di inammissibilità ha comportato non solo il rigetto del ricorso, ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle Ammende.

Questa pronuncia serve come monito: la scelta del patteggiamento implica l’accettazione della pena concordata, e le possibilità di impugnazione sono estremamente limitate a vizi di manifesta illegalità, escludendo le valutazioni di merito sulla sua entità. Chi intende contestare tali aspetti deve percorrere la via del rito ordinario.

È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento (plea bargain) se non vengono concesse le attenuanti generiche?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che un simile ricorso è inammissibile. L’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. limita l’impugnazione ai soli casi di ‘illegalità della pena’, escludendo le questioni relative alla sua commisurazione, come il riconoscimento o il bilanciamento delle circostanze attenuanti.

Cosa si intende per ‘illegalità della pena’ ai fini dell’impugnazione di un patteggiamento?
Per ‘illegalità della pena’ si intende l’applicazione di una sanzione non prevista dall’ordinamento giuridico o che eccede, per specie o quantità, i limiti massimi fissati dalla legge. Non rientrano in questa categoria le valutazioni discrezionali del giudice sulla misura della pena all’interno della cornice edittale.

Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile in questi casi?
La parte che ha proposto un ricorso inammissibile viene condannata al pagamento delle spese processuali. Inoltre, come nel caso di specie, può essere condannata a versare una somma di denaro alla Cassa delle Ammende, equitativamente fissata dal giudice (in questa ordinanza, 3.000 euro).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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