Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 26713 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 26713 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a PIAZZA ARMERINA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 28/09/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME interponeva ricorso avverso la sentenza della Corte di appello di Milano in data 28/09/2023, che aveva confermato la sentenza del Tribunale di Como del 25/10/2022, che aveva condanNOME l’imputato alla pena di giorni 20 di reclusione, con i doppi benefici:
con il primo motivo, il ricorrente lamenta vizio di motivazione, ritenendo che la corte di appello sia incorsa ner medesimo vizio della prima sentenza, laddove, pur dando atto della sussistenza di un “corto circuito” nella vicenda della residenza dell’imputato, conferma la condanna ritenendo la fittizietà della dichiarazione.
Con il secondo motivo lamenta vizio di motivazione in riferimento alla mancata concessione del beneficio della pena sospesa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo è inammissibile.
Evidenziano i secondi giudici come le prove siano «tutte di natura documentale, superabili solo con l’allegazione della prova del trasferimento della dimora abituale del COGNOME in Campione d’Italia, prova che l’imputato non ha fornito e che, invero, non fornirà nemmeno con riferimento al periodo successivo, anche successivamente ai fatti oggetto della sentenza impugnata, in quanto dal certificato penale dell’imputato risulta una condanna per analogo reato commesso in Campione d’Italia il 16 aprile 2019, a seguito, evidentemente, di una ulteriore ennesima falsa dichiarazione».
GLYPH Il ricorso, che non si confronta con il tenore del provvedimento impugNOME, è quindi inammissibile per genericità estrinseca.
Le Sezioni Unite della Corte (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822 – 01; confrmi, ex multis, Sez. 2, n. 51531 del 19/11/2019, COGNOME, Rv. 277811 – 01; Sez. 3, n. 12727 del 21/02/2019, COGNOME, Rv. 275841 01) hanno infatti precisato che i motivi di impugnazione (sia in appello che in cassazione) sono affetti da genericità «estrinseca» quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugNOME (fermo restando che tale onere di specificità, a carico dell’impugnante, è direttamente proporzionale alla specificità con cui le predette ragioni sono state esposte nel provvedimento impugNOME), posto che l’atto di impugnazione «non può ignorare le ragioni del provvedimento censurato» (Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014, Lavorato, Rv. 259425).
Il secondo motivo è inammissibile in quanto censura profili non dedotti in appello.
Ed infatti, dal non contestato riepilogo dei motivi di appello, emerge che l’impugnazione verteva esclusivamente sulla richiesta di assoluzione perché il fatto non sussiste o non costituisce reato.
Secondo questa Corte, è inammissibile il ricorso per cassazione con cui si deduca una violazione di legge verificatasi nel giudizio di primo grado, se non si procede alla specifica contestazione del riepilogo dei motivi di appello, contenuto nella sentenza impugnata, che non menzioni la medesima violazione come doglianza già proposta in sede di appello, in quanto, in mancanza della predetta contestazione, il motivo deve ritenersi proposto per la prima volta in cassazione, e quindi tardivo (v., ex multis, Sez. 2, n. 31650 del 03/04/2017, COGNOME, Rv. 270627 – 01).
Il ricorso non può quindi che essere dichiarato inammissibile.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso, tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere RAGIONE_SOCIALE spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condannailil ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE Ammende.
Così deciso in Roma il 19 aprile 2024.