Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 22772 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22772 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOMENOME COGNOME
Data Udienza: 20/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a COSENZA il 25/05/2001
avverso la sentenza del 21/01/2025 del TRIBUNALE di COSENZA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 21 gennaio 2025 il Tribunale di Cosenza ha condannato COGNOME NOME NOME alla pena di euro 2.750,00 di ammenda in ordine al reato di cui all’art. 116, comma 15, d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, deducendo, con tre distinti motivi, violazione di legge e vizio di motivazione in ordine: alla ritenuta integrazione del delitto contestatogli; all’omessa concessione delle circostanze attenuanti generiche; al mancato riconoscimento del beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale.
Il difensore ha depositato successiva memoria scritta, con cui ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto con motivi non deducibili in questa sede di legittimità.
2.1. Con riferimento, infatti, alle censure eccepite con il primo e il terzo motivo di ricorso, deve essere osservato come esse, lungi dal confrontarsi con la congrua e logica motivazione resa dalla Corte territoriale in replica alle analoghe doglianze eccepite con l’atto di appello – nella quale erano state congruamente evidenziate le ragioni di sussistenza della penale responsabilità dell’imputato e di mancato riconoscimento del beneficio previsto dall’art. 175 cod. pen. (cfr. pp. 3 e s. della sentenza impugnata) – reiterino le medesime considerazioni critiche espresse nel precedente atto impugnatorio, proposto avverso la sentenza di primo grado.
Per come ripetutamente chiarito da questa Corte di legittimità (cfr., ex plurimis, Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584-01), la funzione tipica dell’impugnazione è quella della critica argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce. Tale critica argomentata si realizza attraverso la presentazione di motivi che, a pena di inammissibilità (artt. 581 e 591 cod. proc. pen.), devono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Contenuto essenziale dell’atto di impugnazione, cioè, è innanzitutto e indefettibilmente il confronto puntuale (con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano i dissenso) con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta. Risulta di chiara evidenza, pertanto, che se il motivo di ricorso, come nel caso in esame, non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, per ciò
solo si destina all’inammissibilità, venendo meno in radice l’unica funzione per la quale è previsto e ammesso (la critica argomentata al provvedimento).
E’ inammissibile, quindi, il ricorso per cassazione che riproduce e reitera gli stessi motivi prospettati con l’atto di appello e motivatamente respinti in secondo
grado, senza confrontarsi criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato ma limitandosi, in maniera generica, a lamentare una
presunta carenza o illogicità della motivazione (così, tra le altre: Sez. 2, n.
27816 del 22/03/2019, COGNOME, Rv. 276970-01; Sez. 3, n. 44882 del
18/07/2014, COGNOME Rv. 260608-01; Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, COGNOME
Rv. 243838-01).
2.2. Del pari inammissibile è la doglianza eccepita con il secondo motivo di ricorso, osservato che la motivazione resa dalla Corte di appello (cfr. p. 3) ben
rappresenta e giustifica, in punto di diritto, le ragioni per cui il giudice di secon grado ha ritenuto di negare all’imputato il riconoscimento del beneficio ex art.
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-bis cod. pen., esprimendo una motivazione priva di vizi logici e coerente con
le emergenze processuali, in quanto tale insindacabile in sede di legittimità (Sez.
6, n. 42688 del 24/09/2008, COGNOME e altri, Rv. 242419-01).
All’inammissibilità del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 20 maggio 2025
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Il Consigliere estensore
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