Ricorso Inammissibile: La Cassazione sulla Violazione della Sorveglianza Speciale
Quando un ricorso in Cassazione viene giudicato generico e non coglie nel segno, la conseguenza è una declaratoria di ricorso inammissibile. È quanto accaduto in una recente ordinanza della Suprema Corte, che ha confermato la condanna di un individuo per la violazione delle prescrizioni imposte dalla misura di prevenzione della sorveglianza speciale. Analizziamo insieme i fatti e le motivazioni della decisione.
I Fatti del Caso
Un soggetto, sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel comune di residenza, veniva condannato sia in primo grado che in appello. Le violazioni contestate erano due: non portare con sé la carta precettiva e allontanarsi dalla propria abitazione dopo le ore 20:00, contravvenendo a una delle prescrizioni imposte dalla misura.
Contro la sentenza della Corte d’Appello, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione, affidandosi a diversi motivi, tra cui:
* La mancata rivalutazione della sua pericolosità sociale dopo un periodo di detenzione.
* L’errata esclusione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.).
* Il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
* Contestazioni sulla recidiva.
La Decisione della Corte di Cassazione e il Ricorso Inammissibile
La Corte di Cassazione ha esaminato i motivi del ricorso, ritenendoli infondati e, in definitiva, generici. Di conseguenza, ha dichiarato il ricorso inammissibile, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
La decisione si fonda su un’analisi puntuale di ogni doglianza sollevata dalla difesa, evidenziando come la sentenza della Corte d’Appello avesse già fornito una motivazione logica e adeguata su tutti i punti controversi.
Le Motivazioni della Corte
La Suprema Corte ha smontato uno per uno i motivi del ricorso. In primo luogo, ha chiarito che non vi era prova di una detenzione superiore ai due anni che avrebbe imposto una rivalutazione obbligatoria della pericolosità e che, in ogni caso, una valutazione aggiornata era stata effettuata.
Il punto cruciale della decisione riguarda l’esclusione dell’art. 131-bis c.p. La Corte ha sottolineato come i giudici di merito avessero correttamente valorizzato le risultanze del casellario giudiziale, da cui emergeva l’abitualità del comportamento del ricorrente. Questa condizione, unita alla concreta gravità delle violazioni, è ostativa all’applicazione della causa di non punibilità. Similmente, il diniego delle attenuanti generiche è stato ritenuto ben motivato, facendo riferimento alle modalità specifiche del fatto e ai precedenti del soggetto.
Infine, la Corte ha concluso che le argomentazioni del ricorrente si limitavano a contestare in modo generico la valutazione del giudice di merito, senza individuare vizi logici o giuridici specifici. Questo ha portato inevitabilmente a dichiarare il ricorso inammissibile.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale del processo di Cassazione: non è una terza istanza di giudizio dove si possono rivalutare i fatti. Il ricorso deve evidenziare precise violazioni di legge o vizi di motivazione. Quando, come in questo caso, i motivi sono generici e si limitano a riproporre questioni già adeguatamente decise nei gradi precedenti, l’esito è segnato. La decisione sottolinea inoltre l’importanza dei precedenti penali e dell’abitualità del comportamento nel precludere l’accesso a benefici come la non punibilità per tenuità del fatto, confermando un approccio rigoroso verso chi viola sistematicamente le prescrizioni imposte dalle misure di prevenzione.
Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Secondo l’ordinanza, un ricorso è dichiarato inammissibile quando i motivi presentati sono generici e confutativi, cioè si limitano a contestare la valutazione dei fatti compiuta dai giudici dei gradi precedenti senza individuare specifiche violazioni di legge o vizi logici nella motivazione della sentenza impugnata.
Perché non è stata applicata la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.)?
La sua applicazione è stata esclusa perché la Corte ha ritenuto che il comportamento del ricorrente fosse abituale, basandosi sulle risultanze del suo casellario giudiziale. L’abitualità del comportamento è una delle condizioni che, per legge, impedisce il riconoscimento della particolare tenuità del fatto.
La violazione delle prescrizioni della sorveglianza speciale è un reato grave?
Sì, la violazione delle prescrizioni imposte con la sorveglianza speciale costituisce un reato (previsto dall’art. 75 del D.Lgs. 159/2011). In questo caso, la Corte ha confermato che la gravità concreta delle violazioni, unita ai precedenti del soggetto, giustificava la condanna e l’esclusione di benefici di legge.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6327 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6327 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a REGGIO CALABRIA il 29/12/1996
avverso la sentenza del 14/05/2024 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Visti gli atti e la sentenza impugnata con la quale la Corte di appello di Reggio Calabria ha confermato quella di primo grado con la quale NOME COGNOME è stato ritenuto responsabile del delitto di cui all’art. 75 d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 perché, sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel Comune di residenza, violava la prescrizione di non portare con sé o esibire la carta precettiva e si allontanava dalla propria abitazione la sera dopo le ore 20.00;
letti i motivi di ricorso con i quali sono state eccepite la mancata rivalutazione della pericolosità dopo la detenzione, la mancata applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131bis cod. pen., nonché delle circostanze attenuanti generiche e della recidiva;
rilevato che:
quanto al primo motivo non risulta, né viene affermato, che la detenzione sia stata superiore a due anni (ex art. 14, comma 2ter d.lgs. n. 159 del 2011) e, comunque, viene riportata l’esistenza di una rinnovata valutazione della pericolosità alla data del 14.6.2023;
in merito alla causa di non punibilità di cui all’art. 131bis cod. pen., l sentenza della Corte reggina ha valorizzato le risultanze del casellario giudiziale concludendo per l’abitualità del comportamento del ricorrente, in uno con la logica (e insindacabile) valutazione circa la concreta gravità delle violazioni;
anche con riguardo alle circostanze attenuanti generiche l’esclusione è stata motivata con riferimenti concreti e specifici alle modalità del fatto e all’essere lo stesso stato commesso da soggetto gravato da precedenti specifici;
pertanto, anche il riconoscimento della recidiva risulta essere stato adeguatamente motivato;
ritenuto a fronte della motivazione della Corte di appello, il ricorrente si pone in termini del tutto generici e confutativi;
considerato che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 19/1212024