Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 8938 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2   Num. 8938  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a San Severo il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 28/10/2022 della Corte di Appello di Bari visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
udite le conclusioni del difensore del ricorrente, AVV_NOTAIO, che ha insistito nei motivi di ricorso e chiesto l’annullamento del provvedimento impugnato.
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
 NOME COGNOME, a mezzo del suo difensore, propone ricorso per cassazione avverso la sentenza del 28 ottobre 2022 con la quale la Corte di Appello di Bari, ha confermato la sentenza emessa, in data 2 ottobre 2019, con la quale il Tribunale di Foggia, lo ha condannato alla pena di anni 5 di reclusione ed euro 10.000,00 di multa in relazione al reato continuato di cui all’art. 644 cod. pen.
Il ricorrente, con il primo motivo di impugnazione, lamenta violazione degli artt. 125, 192, 546 cod. proc. pen. e 644 cod. pen. conseguente al mancato GLYPH accoglimento  GLYPH della  GLYPH richiesta GLYPH di  GLYPH rinnovazione GLYPH dell’istruttoria dibattimentale, travisamento della prova nonché carenza, contraddittorietà e
manifesta illogicità della motivazione in ordine alla determinazione del tasso di usura.
2.1. Secondo il ricorrente sarebbe stato indispensabile procedere a perizia al fine di individuare con esattezza le somme effettivamente ricevute e successivamente restituite dalla persona offesa, la data di ciascun pagamento e dazione e, quindi, procedere al calcolo degli interessi pattuiti.
2.2. La motivazione sarebbe carente ed illogica in ordine alla prova dell’usurarietà del tasso di interesse applicato e, quindi, in relazione alla sussistenza del reato di cui all’art. 644 cod. pen.
Gli accertamenti ed i calcoli svolti dalla polizia giudiziaria di cui ha riferito i NOME COGNOME non sarebbero idonei a dimostrare l’usurarietà degli interessi pattuiti in quanto fondati sulle inattendibili dichiarazioni della persona offesa, dichiarazioni, che oltre ad essere generiche e nebulose, sarebbero state sostanzialmente modificate in occasione dell’escussione dibattimentale.
I giudici di appello avrebbero travisato le dichiarazioni della persona offesa affermando che il COGNOME avrebbe ricevuto la somma di 10.000,00 euro nel luglio 2008, senza tenere conto che del fatto che lo stesso non è stato in grado di quantificare la somma complessivamente percepita, le date delle singole dazioni e della estinzione del debito maturato nei confronti del ricorrente.
La Corte territoriale, con motivazione apodittica e carente, avrebbe ritenuto la deposizione del NOME COGNOME idonea a sopperire alle approssimazioni che connotano le dichiarazioni della persona offesa, conferendo alla testimonianza del teste di p.g. valore surrogatorio di quella del COGNOME, senza tenere conto che le dichiarazioni di quest’ultimo sarebbero state confutate nel corso del dibattimento.
Il ricorrente, con il secondo motivo di impugnazione, lamenta violazione degli artt. 125, 192, 546 cod. proc. pen. e 644 cod. pen. nonché contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla sussistenza della seconda fattispecie di usura descritta nel capo di imputazione (promessa di piano di rientro a fronte di un ulteriore prestito pari a 20.000 euro).
La Corte territoriale, con percorso argomentativo illogico e contraddittorio, avrebbe fondato la condanna sulla scorta di un foglio manoscritto dalla persona offesa, privo di sottoscrizione e data e, quindi, privo di valore probatorio, senza tenere conto che il COGNOME, nel corso della sua deposizione, ha riferito di aver rifiutato la proposta di rientro e di non aver più pagato interessi, essendosi limitato a restituire le somme prestategli.
Il ricorrente, con il terzo motivo di impugnazione, lamenta violazione degli artt. 125, 192, 546 cod. proc. pen. e 644, commi primo e quinto, n. 3, cod. pen. nonché contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla sussistenza dell’aggravante dello stato di bisogno.
La Corte territoriale avrebbe erroneamente affermato che la persona offesa ha accettato condizioni particolarmente onerose a causa della situazione di estrema criticità economica in cui versava, senza tenere conto che il COGNOME ha riferito di esser ricorso a prestiti di denaro dei propri genitori e di aver utilizzat lo stipendio del figlio per ripagare i suoi debiti, dichiarazioni che dimostrerebbero che la persona offesa era nella condizione di ottenere prestiti di denaro senza ricorrere al credito bancario.
 Il ricorrente, con il quarto motivo di impugnazione, lamenta violazione degli artt. 125, 546 cod. proc. pen. e 62-bis cod. pen. nonché carenza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche ed alla determinazione del trattamento sanzionatorio.
La Corte territoriale avrebbe ritenuto congrua la pena, determinata dal primo giudice in misura superiore al minimo edittale, facendo esclusivo riferimento ad una generica gravità della condotta e, quindi, con motivazione meramente apparente ed apodittica.
I giudici di appello avrebbero rigettato la richiesta di applicazione delle attenuanti generiche in considerazione della gravità dei fatti senza tenere in adeguato conto la personalità dell’imputato e della mancata realizzazione di condotte violente o minatorie finalizzate alla restituzione delle somme dovute dalla persona offesa.
 Il ricorso è inammissibile per le ragioni che seguono.
 Il primo motivo di impugnazione è aspecifico e non consentito.
7.1. La Corte di appello ha adeguatamente illustrato le ragioni della superfluità della perizia richiesta dal ricorrente alla luce della chiarezza del quadro probatorio già formatosi con l’esame della persona offesa e del NOME COGNOME, rimarcando “la non classificabilità della perizia nei termini di prova decisiva dovendosi procedere ad una semplice operazione di verifica del TEGM secondo parametri oggettivi” (vedi pagg. 6 della sentenza impugnata). Tale decisione non è sindacabile in sede di legittimità in quanto fondata su motivazione coerente con le risultanze processuali, priva di illogicità manifeste e valutazioni incongrue in ordine alla ricostruzione della vicenda in esame.
Deve essere ricordato, in proposito, che, secondo la costante elaborazione della giurisprudenza di legittimità, anche a Sezioni Unite, la rinnovazione nel giudizio di appello, attesa la presunzione di completezza dell’istruttoria espletata in primo grado, è un istituto di carattere eccezionale al quale può farsi ricorso esclusivamente allorché il giudice ritenga, nella sua discrezionalità, di non poter decidere allo stato degli atti (vedi Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015, dep. 2016, Ricci, Rv. 266820 – 01; Sez. 3, n. 34626 del 15/07/2022, Grosso, Rv. 283522 – 01).
7.2. La Corte di merito, con motivazione coerente con le risultanze istruttorie che riprende le argomentazioni dal Giudice di primo grado, come è fisiologico in presenza di una doppia conforme affermazione di responsabilità, ha ritenuto sulla base delle attendibili dichiarazioni rese dalla persona offesa e degli accertamenti svolti dalla polizia giudiziaria- dimostrata la natura usuraria degli interessi richiesti dal COGNOME in considerazione dell’accertata natura e durata dei due negozi usurari (vedi pagg. da 7 a 12 della sentenza impugnata), motivazione che non può esser rivalutata, in questa sede, non essendo i giudici di merito incorsi in contraddizioni o illogicità manifeste.
Il ricorrente, senza confrontarsi adeguatamente con quanto motivato dalla Corte territoriale e dal primo giudice, si è limitato a reiterare le medesime allegazioni difensive che sostiene essere state pretermesse, chiedendo a questa Corte di entrare nella valutazione dei fatti e di privilegiare, tra le diverse ricostruzioni, quella a lui più gradita.
8.  Il secondo motivo di ricorso è aspecifico.
I giudici di merito primo e secondo grado hanno motivato adeguatamente in ordine all’attendibilità intrinseca delle dichiarazioni accusatorie rese dalla persona offesa (vedi pagg. da 10 a 13 della sentenza di primo grado e pagg. da 8 a 10 della sentenza di appello): la versione dei fatti offerta dal COGNOME risulta essere stata valutata in maniera logica, congrua, lineare, anche in considerazione della portata dei rimanenti elementi di prova, che non hanno evidenziato alcun profilo di contrasto significativo con le dichiarazioni rese della persona offesa né alcun interesse all’accusa da parte del dichiarante (vedi Sez. 2, n. 43278 del 24/09/2015, Manzini, Rv. 265104).
Il ricorrente oblitera le argomentazioni dei giudici di merito in ordine alla completezza ed attendibilità delle propalazioni accusatorie della persona offesa, senza confrontarsi adeguatamente con il percorso argomentativo seguito nelle due sentenze in proposito conformi ed invocando una rilettura di elementi probatori estranea al sindacato di legittimità.
9.  Il terzo motivo di impugnazione è aspecifico.
Entrambe le motivazioni di merito ricostruiscono in modo ineccepibile dal punto di vista logico-giuridico gli elementi da cui dedurre la sussistenza della circostanza aggravante di cui all’art. 644 comma 5, n. 3 cod. pen.; i giudici di merito hanno, infatti, evidenziato che il COGNOME versava in stato di bisogno in quanto lo stesso, non potendo accedere al credito bancario perché in precedenza “protestato”, ha dovuto accettare condizioni di prestito inique ed onerose che lo hanno costretto a far firmare delle cambiali alla figlia e prelevare gl introiti mensili del figlio, condizioni che lo ponevano in uno stato di necessità che ne comprometteva la libertà negoziale in modo assai significativo (cfr. pagina 16 della sentenza di primo grado e pagg. 12 ed 13 della sentenza oggetto di ricorso).
La sentenza impugnata richiama correttamente il principio di diritto elaborato da questa Corte secondo cui lo stato di bisogno può essere provato anche in base alla misura degli interessi, qualora siano di entità tale da far ragionevolmente presumere che soltanto un soggetto in quello stato possa contrarre il prestito a condizioni tanto inique e onerose (Sez. 2, n. 21993 del 03/03/2017, Surgo, Rv. 270064-01; da ultimo Sez. 2, n. 24511 del 27/04/2023, COGNOME, non massimata).
 Il quarto motivo di ricorso è generico ed aspecifico.
La doglianza è priva di qualsivoglia indicazione di elementi favorevoli ad una mitigazione della pena, non potendosi ritenere tale il mancato ricorso a violenza o minaccia da parte del COGNOME come apoditticamente affermato nel ricorso; la difesa si è limitata a sostenere una generica carenza di motivazione sul punto, rassegnando poi le conclusioni favorevoli al proprio assistito, senza alcuna valida confutazione delle argomentazioni espresse dai giudici di appello.
10.1. I giudici di appello hanno correttamente valorizzato, ai fini del diniego delle attenuanti generiche (vedi pag. 14 della sentenza impugnata), la gravità delle condotte e del danno subito dalla persona offesa, il precedente penale specifico nonché la mancanza di elementi favorevoli alla mitigazione della pena (vedi Sez. 3, n. 2233 del 17/06/2021, COGNOME, Rv. 282693-01; Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, COGNOME, Rv. 279549 – 02).
10.2. Inoltre, la Corte territoriale ha adeguatamente individuato una pena base di poco superiore al minimo edittale in ragione della gravità del fatto e della capacità a delinquere dell’imputato (vedi pag. 15 della sentenza impugnata), elementi con i quali il ricorso ha omesso di confrontarsi con conseguente aspecificità della doglianza.
 All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento
nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso il 24 novembre 2023
,2 1 La Presidente