Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 4362 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2   Num. 4362  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 27/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a CATANIA il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 11/07/2022 della CORTE d’APPELLO di CATANIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio;
uditi i difensori:
AVV_NOTAIO NOME chiede il rigetto del ricorso, la conferma integrale della sentenza della Corte, depositando conclusioni e nota spese.
AVV_NOTAIO COGNOME AVV_NOTAIO insiste nei motivi di ricorso e chiede l’annullamento della sentenza.
AVV_NOTAIO insiste nei motivi di ricorso e chiede l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnata sentenza la Corte d’appello di Catania ha parzialmente riformato la sentenza del Tribunale di Catania che aveva condannato NOME COGNOME per due ipotesi di usura ed una di tentata estorsione. La sentenza di appello dichiarava di non doversi proceder per l’intervenuta prescrizione in ordine al tentativo di estorsione e, riconosciute le circo attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti contestate, rideterminava e riduceva la pe irrogata di giustizia.
NOME COGNOME ha presentato ricorso per cassazione in cui deduce con unico motivo la violazione della legge penale (art.606 lett.b c.p.p.) in relazione all’articolo 644 manifesta illogicità della motivazione in relazione alla verifica di credibilità sogge attendibilità intrinseca della parte civile ed in relazione alla valutazione dell commissoria del preliminare stipulato con il COGNOME.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile poiché fondato su un unico motivo che si risolve nella consentita riproposizione degli argomenti già formulati e adeguatamente respinti nei gra precedenti di giudizio.
Va detto in premessa che, per la parte residua della imputazione, a seguito dell estinzione del reato tentato per prescrizione, si è in presenza di c.d. “doppia conforme” punto affermazione della penale responsabilità dell’imputato, con la conseguenza che le due sentenze di merito possono essere lette congiuntamente costituendo un unico corpo decisionale, essendo stati rispettati i parametri del richiamo della pronuncia di appel quella di primo grado e dell’adozione – da parte di entrambe le sentenze – dei medesimi crite nella valutazione delle prove (cfr., Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, COGNOME, Rv. 2575 Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218).
Lungi dal delineare un effettivo vizio di legittimità, le doglianze articolate finisc contestare il giudizio di responsabilità, ovvero il risultato probatorio cui sono approdati i di merito che, con valutazione conforme delle medesime emergenze istruttorie, sono stati concordi nel ritenere al contrario tali elementi pienamente e integralmente riscontrati all della ricostruzione della concreta vicenda processuale. Ed in effetti, è utile ribadire che, della corretta deduzione del vizio di violazione di legge di cui all’art. 606, comma 1, l cod. proc. pen., il motivo di ricorso deve strutturarsi sulla contestazione della ríconduc del fatto – come ricostruito dai giudici di merito – nella fattispecie astratta deli legislatore; altra cosa, invece, è, come accade sovente ed anche nel caso di specie, sostenere che le emergenze istruttorie acquisite siano idonee o meno a consentire la ricostruzione della condotta di cui si discute in termini tali da ricondurla al paradigma l Nel primo caso, infatti, viene effettivamente in rilievo un profilo di violazione di legge si deduce l’erroneità dell’opera di “sussunzione” del fatto (non suscettibile di essere rim in discussione in sede di legittimità) rispetto alla fattispecie astratta; nel second invece, la censura si risolve nella contestazione della possibilità di enucleare, dalle p acquisite, una condotta corrispondente alla fattispecie tipica che è, invece, operazi prettamente riservata al giudice di merito. Con le censure svolte, il ricorrente contesta, vari profili, l’approdo decisionale cui sono pervenuti i giudici di merito nell’affermare la responsabilità dello stesso, sottoponendo alla Corte di legittimità una serie di argomentazi che si risolvono nella formulazione di una diversa ed alternativa ricostruzione dei fatti p fondamento della decisione ovvero nella proposizione di diverse e rinnovate chiavi di lett del compendio probatorio.
L’intero elaborato difensivo consiste nella riproposizione degli argomenti formulati n gradi precedenti e disattesi nelle pronunce dei giudici di merito, senza sviluppare alcu argomentazione idonea a elevare il parametro valutativo dell’unica prova contestata (la deposizione della persona offesa) a critica della legittimità della decisione, l’unica che essere ascoltata e considerata in questa sede. In sede di legittimità, perché sia ravvisabile manifesta illogicità della motivazione (il vizio in concreto lamentato dall’imputato) ai dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., è tuttavia necessario che la ricostruzione fatti prospettata dall’imputato che intenda far valere l’esistenza di un ragionevole dubbio su sua colpevolezza, contrastante con il procedimento argomentativo seguito dal giudice, sia inconfutabile, autoevidente, addirittura ovvia e non rappresentativa soltanto di una ipote alternativa a quella ritenuta nella sentenza impugnata, dovendo il dubbio sulla corrett ricostruzione del fatto-reato nei suoi elementi oggettivo e soggettivo fare riferimento elementi sostenibili, cioè desunti dai dati acquisiti al processo, e non meramente ipotetic congetturali seppure plausibili (ex multis, Sez. 2, n. 3817 del 09/10/2019 Imp. Mannile Rv. 278237 – 01). È questo il senso dell’aggettivo ‘manifesta’ che qualifica il grado di illo necessaria a trasformare la generica doglianza di merito a parametro di valutazione della legittimità della decisione. In difetto, ci si trova di fronte ad un argomento buono per un at appello o una memoria difensiva in un grado precedente del giudizio, ma non degno di sostenere un ricorso per cassazione.
Si lamenta la genericità ed incompletezza del vaglio offerto (pg.2) dalla decision impugnata che è pertanto “illogica e, soprattutto, carente” (pg.5, sottolineato e grassetto nell’originale, n.d.r.), si deduce che l’esame dell’attendibilità della parte civile sia sta labialmente’ realizzato” (pg.6) e si indica l’errore commesso dal giudice di secondo grado nel superare le censure mosse dalla difesa sul punto (pg.7).
La Corte osserva che il giudice di appello ha fornito adeguata risposta ad ogni aspetto sollevato in appello, affrontando analiticamente le questioni proposte.
Così, in relazione al tema centrale sulla natura commissoria del preliminare di vendita per l’importo di € 750.000,00, da intendersi risolto nell’eventualità della restituzione entro la del 30 settembre 2008 dell’importo di 190.000,00 oggetto del prestito, oltre alla somma di € 500.000,00, il motivo di ricorso lamenta che il giudice d’appello si fosse ‘appoggia semplicemente sulle conclusioni dell’ordinanza del giudice civile che aveva respinto la richiesta di sequestro formulata dal COGNOME in collegamento all’azione di esecuzione in forma specifica del menzionato preliminare. Tale ricostruzione non corrisponde tuttavia a quanto ritenuto dal giudice d’appello, che con procedimento valutativo e cognitivo del tutto autonomo ha ritenuto (pg.8) che la pattuizione incriminata (“Detta restituzione -cioè 190.000,00 oltr 500.000,00 entro il 30 settembre 2008, n.d.r.- annullerà il presente preliminare”) “materializ con certezza un patto commissorio, vietato dall’ordinamento, per cui il cespite veniv trasferito in caso di mancata restituzione del prestito”. Si tratta di una valutazione espress forma concisa a pg.8, in ragione dell’evidenza dell’inequivoco significato del
parole del testo della clausola, ma ulteriormente argomentata nelle pagine seguenti (9-12) con motivazione approfondita che ha cura di confutare gli argomenti difensivi formulati in at di appello.
Altrettanto destituita di fondamento è la asserzione secondo la quale tanto la sentenza d primo che quella di secondo grado siano incorse in errore, confondendo il valore dell’azienda con quello degli immobili. In verità, l’equivoco (della difesa, non della sentenza) può ess generato dal fatto che proprio per pervenire alla corretta valutazione del cespite oggetto preliminare, la Corte a pg.13 e 14 sottoponga a vaglio critico le deposizioni tanto del t COGNOME che di COGNOME. Ma si tratta sempre di un’analisi assai puntuale, nel corso quale la comparazione tra il valore dell’azienda (inclusiva dei macchinari e del terreno proprietà) viene tenuta chiaramente distinta da quello dei singoli cespiti immobiliari contribuiscono (ma non esauriscono) il patrimonio aziendale.
Ed altrettanto scevra da illogicità manifesta è la valutazione in ordine alla corresponsi all’imputato da parte del COGNOME dell’importo di € 122.000,00 corrispondente agli interes usurari, nonostante la assenza di un riscontro documentale. La valutazione della deposizione del COGNOME e la conferma nel corso della telefonata all’COGNOME non è resa inattendibile mero argomento utilizzato, quello per cui in verità il COGNOME avesse piena consapevolezza d essere registrato. L’obbiezione non supera il vaglio critico, posto che l’orchestrazione da pa del COGNOME del ‘finto pagamento degli interessi’ avrebbe implicato l’elaborazione da parte costui di un piano calunnioso (estremamente labile, in ipotesi) di cui non vi è reale tracci atti. Ma soprattutto perché, come si rileva in sentenza (pg.16) non corrisponde ad alcuna logica la restituzione di capitale a ridosso della ricezione in prestito dello stesso.
Quanto esposto comporta la declaratoria di inammissibilità del ricorso ai sensi dell’ar 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
Va altresì disposta la condanna dell’imputato al pagamento delle spese della sola parte civile costituita NOME COGNOME, la cui difesa, presente in udienza, ha presentato nota spese
Costituisce infatti principio consolidato che nel giudizio di legittimità, in caso di dell’imputato rigettato o dichiarato, per qualsiasi causa, inammissibile, la parte civile ha di ottenere la liquidazione delle spese processuali senza che sia necessaria la su partecipazione all’udienza, purché abbia effettivamente esplicato, anche solo attraverso memorie scritte, un’attività diretta a contrastare l’avversa pretesa a tutela dei propri int di natura civile risarcitoria (Sez. 4, sent. n. 36535 del 15/09/2021 Rv. 281923 – 01). Nel c concreto ciò non è avvenuto, essendovi stata solo la presentazione di conclusioni con richiesta di conferma e di liquidazione di spese ulteriori senza elaborare o fornire alcun r supporto argomentativo.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Con inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese sostenute nel presente giudizio dall COGNOME NOME che liquida in complessivi € 3.686,00, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, 27 ottobre 2023
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