Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Conferma la Condanna
Recentemente, la Corte di Cassazione ha affrontato un caso di utilizzo indebito di carte di credito, concludendo con una dichiarazione di ricorso inammissibile. Questa ordinanza offre spunti importanti sui limiti del giudizio di legittimità e sui requisiti che un ricorso deve possedere per essere esaminato nel merito. Analizziamo la decisione per comprendere perché le doglianze della difesa non hanno superato il vaglio della Suprema Corte.
I Fatti del Processo
Il caso ha origine dalla condanna di un individuo per il reato previsto dall’art. 493-ter del codice penale, ovvero l’indebita utilizzazione di carte di credito intestate a terze persone. La condanna, emessa dal giudice di primo grado, era stata pienamente confermata dalla Corte d’Appello, che aveva ritenuto provata la responsabilità penale dell’imputato sulla base di un solido compendio probatorio, incluse le conversazioni intercettate.
Non soddisfatto della decisione, l’imputato ha presentato ricorso per Cassazione, affidandosi a due principali motivi di contestazione.
I Motivi del Ricorso e la Decisione sul ricorso inammissibile
Il ricorrente ha basato la sua difesa su due punti fondamentali:
1. Vizio di motivazione: Si contestava la logicità della motivazione con cui era stata affermata la sua responsabilità penale. Secondo la difesa, le prove non erano sufficienti a dimostrare la sua colpevolezza.
2. Errata determinazione della pena: Si criticava il trattamento sanzionatorio, ritenuto eccessivo, specialmente per quanto riguarda gli aumenti applicati per la continuazione del reato.
La Corte di Cassazione ha esaminato entrambi i motivi, giungendo alla medesima conclusione per entrambi: l’inammissibilità.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha spiegato in modo dettagliato le ragioni per cui il ricorso non poteva essere accolto. Per quanto riguarda il primo motivo, la Corte ha sottolineato che le argomentazioni difensive erano una semplice riproposizione di quelle già presentate e respinte in appello. Il ricorso era quindi aspecifico, in quanto non si confrontava criticamente con la motivazione della sentenza impugnata, la quale aveva già congruamente spiegato come la consapevolezza dell’imputato fosse emersa chiaramente dalle prove raccolte. Un ricorso inammissibile è spesso il risultato di una tale carenza di specificità.
Sul secondo motivo, relativo alla pena, la Corte ha ribadito un principio consolidato: la graduazione della sanzione è una prerogativa del giudice di merito. Questa decisione rientra nella sua discrezionalità e può essere contestata in sede di legittimità solo se appare manifestamente illogica, arbitraria o basata su criteri errati. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva motivato la pena facendo riferimento alla gravità della condotta, alla sua natura non occasionale e ai numerosi precedenti penali dell’imputato. La sanzione, di poco superiore al minimo edittale, non poteva quindi considerarsi frutto di arbitrio.
Conclusioni
L’ordinanza in esame è un chiaro esempio dei limiti del giudizio di Cassazione. La Suprema Corte non è un terzo grado di giudizio dove si possono riesaminare i fatti, ma un organo che vigila sulla corretta applicazione della legge e sulla logicità delle motivazioni. Un ricorso, per essere ammissibile, deve individuare vizi specifici nella sentenza impugnata e non limitarsi a riproporre le stesse argomentazioni già vagliate. Allo stesso modo, la determinazione della pena, se adeguatamente motivata dal giudice di merito, sfugge al sindacato di legittimità. La decisione finale è stata quindi la dichiarazione di ricorso inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.
Perché il primo motivo di ricorso è stato dichiarato inammissibile?
È stato ritenuto inammissibile perché era manifestamente infondato e totalmente reiterativo delle doglianze già proposte in appello, mancando di un confronto specifico con la motivazione della sentenza impugnata. La Corte lo ha giudicato, perciò, aspecifico.
È possibile contestare l’entità della pena in Cassazione?
No, la determinazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito. Non è consentito contestarla in sede di legittimità, a meno che la decisione non sia frutto di mero arbitrio o di un ragionamento palesemente illogico, circostanze che la Corte ha escluso nel caso specifico.
Qual è stata la decisione finale della Corte e quali le conseguenze per il ricorrente?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Di conseguenza, ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 43311 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 43311 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a RIONERO IN VULTURE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/12/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOME;
ritenuto che il primo motivo di ricorso, con cui si deduce il vizio di motivazione in ordine all’affermazione di penale responsabilità dell’imputato per il reato di cui all’art. 493-ter cod. pen. contestato, è manifestamente infondato, oltre che totalmente reiterativo in mancanza di confronto con la motivazione (e dunque per ciò aspecifico) poiché la motivazione con cui la Corte di merito ha respinto le medesime doglianze difensive proposte in appello e ha confermato la pronuncia di condanna del giudice di primo grado alla luce del compendio probatorio in atti, è esente dai lamentati vizi di logicità (si veda, in particolare, pag. 2 sulla valutazione delle conversazioni captate e compiutamente analizzate nella sentenza di primo grado a cui la Corte fa rinvio, da cui si è congruamente desunta la consapevolezza dell’imputato della intestazione a terzi delle carte di credito indebitamente utilizzate), considerato che il secondo motivo di ricorso, con il quale si contesta la determinazione del trattamento sanzionatorio, non è consentito in sede di legittimità in quanto la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti per continuazione, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen., e sfugge al sindacato di legittimità qualora, come nella specie, non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (si veda, in particolare, pag. 2 sulla gravità della condotta, svolta nel contesto di un’attività non occasionale e sui numerosi precedenti dell’imputato per reati della stessa indole, con pena di poco superiore al minimo edittale);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
17. Così deciso, in data fal ottobre 2024
La Cons. est.
DEPOSUTATA
Il Presidente
Corte di Cassazione – copia non ufficiale