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Ricorso inammissibile per uso indebito di carte

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per l’uso indebito di carte di credito intestate a terzi. I motivi, relativi a un presunto vizio di motivazione e alla quantificazione della pena, sono stati rigettati. La Corte ha stabilito che il primo motivo era una mera ripetizione di argomentazioni già respinte in appello, mentre la determinazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità se non per manifesta illogicità. Di conseguenza, la condanna è stata confermata con l’aggiunta delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 12 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Conferma la Condanna

Recentemente, la Corte di Cassazione ha affrontato un caso di utilizzo indebito di carte di credito, concludendo con una dichiarazione di ricorso inammissibile. Questa ordinanza offre spunti importanti sui limiti del giudizio di legittimità e sui requisiti che un ricorso deve possedere per essere esaminato nel merito. Analizziamo la decisione per comprendere perché le doglianze della difesa non hanno superato il vaglio della Suprema Corte.

I Fatti del Processo

Il caso ha origine dalla condanna di un individuo per il reato previsto dall’art. 493-ter del codice penale, ovvero l’indebita utilizzazione di carte di credito intestate a terze persone. La condanna, emessa dal giudice di primo grado, era stata pienamente confermata dalla Corte d’Appello, che aveva ritenuto provata la responsabilità penale dell’imputato sulla base di un solido compendio probatorio, incluse le conversazioni intercettate.

Non soddisfatto della decisione, l’imputato ha presentato ricorso per Cassazione, affidandosi a due principali motivi di contestazione.

I Motivi del Ricorso e la Decisione sul ricorso inammissibile

Il ricorrente ha basato la sua difesa su due punti fondamentali:

1. Vizio di motivazione: Si contestava la logicità della motivazione con cui era stata affermata la sua responsabilità penale. Secondo la difesa, le prove non erano sufficienti a dimostrare la sua colpevolezza.
2. Errata determinazione della pena: Si criticava il trattamento sanzionatorio, ritenuto eccessivo, specialmente per quanto riguarda gli aumenti applicati per la continuazione del reato.

La Corte di Cassazione ha esaminato entrambi i motivi, giungendo alla medesima conclusione per entrambi: l’inammissibilità.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha spiegato in modo dettagliato le ragioni per cui il ricorso non poteva essere accolto. Per quanto riguarda il primo motivo, la Corte ha sottolineato che le argomentazioni difensive erano una semplice riproposizione di quelle già presentate e respinte in appello. Il ricorso era quindi aspecifico, in quanto non si confrontava criticamente con la motivazione della sentenza impugnata, la quale aveva già congruamente spiegato come la consapevolezza dell’imputato fosse emersa chiaramente dalle prove raccolte. Un ricorso inammissibile è spesso il risultato di una tale carenza di specificità.

Sul secondo motivo, relativo alla pena, la Corte ha ribadito un principio consolidato: la graduazione della sanzione è una prerogativa del giudice di merito. Questa decisione rientra nella sua discrezionalità e può essere contestata in sede di legittimità solo se appare manifestamente illogica, arbitraria o basata su criteri errati. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva motivato la pena facendo riferimento alla gravità della condotta, alla sua natura non occasionale e ai numerosi precedenti penali dell’imputato. La sanzione, di poco superiore al minimo edittale, non poteva quindi considerarsi frutto di arbitrio.

Conclusioni

L’ordinanza in esame è un chiaro esempio dei limiti del giudizio di Cassazione. La Suprema Corte non è un terzo grado di giudizio dove si possono riesaminare i fatti, ma un organo che vigila sulla corretta applicazione della legge e sulla logicità delle motivazioni. Un ricorso, per essere ammissibile, deve individuare vizi specifici nella sentenza impugnata e non limitarsi a riproporre le stesse argomentazioni già vagliate. Allo stesso modo, la determinazione della pena, se adeguatamente motivata dal giudice di merito, sfugge al sindacato di legittimità. La decisione finale è stata quindi la dichiarazione di ricorso inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Perché il primo motivo di ricorso è stato dichiarato inammissibile?
È stato ritenuto inammissibile perché era manifestamente infondato e totalmente reiterativo delle doglianze già proposte in appello, mancando di un confronto specifico con la motivazione della sentenza impugnata. La Corte lo ha giudicato, perciò, aspecifico.

È possibile contestare l’entità della pena in Cassazione?
No, la determinazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito. Non è consentito contestarla in sede di legittimità, a meno che la decisione non sia frutto di mero arbitrio o di un ragionamento palesemente illogico, circostanze che la Corte ha escluso nel caso specifico.

Qual è stata la decisione finale della Corte e quali le conseguenze per il ricorrente?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Di conseguenza, ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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