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Ricorso inammissibile per truffa: la decisione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per truffa. La Corte ha ribadito che il giudizio di legittimità non consente una nuova valutazione dei fatti, come la discrepanza sull’accento telefonico dell’imputato. È stato inoltre confermato che il diniego delle attenuanti generiche e la valutazione sulla recidiva sono stati motivati adeguatamente dai giudici di merito. Infine, è stato chiarito che il rinvio per valutare le sanzioni sostitutive non è obbligatorio se il giudice ha già elementi sufficienti per decidere. Di conseguenza, il ricorso inammissibile è stato rigettato con condanna alle spese.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile per Truffa: La Cassazione e i Limiti del Giudizio di Legittimità

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7968 del 2024, ha dichiarato un ricorso inammissibile, fornendo importanti chiarimenti sui limiti del proprio giudizio e sulla valutazione delle decisioni dei giudici di merito. Il caso riguarda un uomo condannato per truffa, che aveva presentato ricorso lamentando vizi di motivazione su diversi aspetti della sentenza d’appello. La decisione finale ribadisce principi fondamentali del nostro sistema processuale penale, in particolare la netta distinzione tra il giudizio di merito e quello di legittimità.

I Fatti del Caso

L’imputato era stato condannato in primo e secondo grado per il reato di truffa. La vittima aveva denunciato di essere stata contattata telefonicamente da un sedicente agente della Polizia Postale, il quale l’aveva indotta a effettuare dei versamenti su carte prepagate. Un dettaglio rilevante emerso dalla testimonianza della persona offesa era che l’interlocutore telefonico aveva un’inflessione dialettale laziale. L’imputato, invece, era originario della Lombardia e residente in Piemonte. Nonostante questa apparente discrepanza, le indagini avevano collegato l’imputato al reato attraverso prove ritenute decisive, come l’intestazione delle carte prepagate su cui erano confluite le somme e la localizzazione delle chiamate in una zona compatibile con la sua residenza.

I Motivi del Ricorso e il ricorso inammissibile

La difesa ha basato il ricorso in Cassazione su quattro motivi principali, tutti volti a contestare la logicità e la completezza della motivazione della Corte d’Appello.

La Valutazione dei Fatti e il Ruolo della Cassazione

Il primo motivo di ricorso contestava la mancata giustificazione, da parte della Corte d’Appello, della discrepanza tra l’accento laziale descritto dalla vittima e le origini dell’imputato. La difesa sosteneva che i giudici avessero dato per scontata l’identità dell’imputato senza un’adeguata motivazione. Questo è uno dei motivi per cui è stato presentato un ricorso inammissibile.

Attenuanti Generiche e Recidiva

Il secondo e il terzo motivo riguardavano il trattamento sanzionatorio. La difesa lamentava una motivazione solo apparente sul diniego delle attenuanti generiche e un’illogicità nella decisione di non escludere la recidiva, nonostante i precedenti penali fossero risalenti nel tempo.

Le Sanzioni Sostitutive e l’Art. 545-bis c.p.p.

Infine, il quarto motivo criticava il mancato ricorso alle sanzioni sostitutive della pena detentiva. Secondo la difesa, la Corte d’Appello avrebbe violato la legge non disponendo un rinvio per acquisire maggiori informazioni sulla possibilità di applicare una pena alternativa, come previsto dalla recente normativa.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha respinto tutte le censure, dichiarando il ricorso inammissibile. Le motivazioni della decisione sono fondamentali per comprendere i limiti del giudizio di legittimità.

In primo luogo, riguardo alla discrepanza sull’accento, la Corte ha ribadito un principio cardine: il giudice di legittimità non può effettuare una nuova valutazione dei fatti. Tale censura è di natura “meramente fattuale” e non è consentita in Cassazione. I giudici hanno sottolineato che esistevano altri elementi di prova solidi (l’intestazione delle carte e la localizzazione delle chiamate) che giustificavano ampiamente la condanna. La difesa, inoltre, non aveva superato la cosiddetta “prova di resistenza”, ovvero non aveva dimostrato che l’eliminazione di quell’unico elemento dubbio avrebbe cambiato l’esito del processo.

Sul diniego delle attenuanti generiche, la Corte ha ricordato che si tratta di un giudizio di fatto riservato al giudice di merito. Una motivazione che si fonda su ragioni preponderanti, come le modalità della condotta e il comportamento processuale, è sufficiente. Non è richiesto al giudice di analizzare ogni singolo fattore potenzialmente attenuante. Analogamente, la valutazione sulla recidiva è stata ritenuta adeguatamente motivata, avendo la Corte d’Appello considerato i precedenti penali come indice di una persistente pericolosità sociale.

Infine, per quanto riguarda le sanzioni sostitutive, la Cassazione ha chiarito che l’art. 545-bis c.p.p. non prevede un “rinvio obbligatorio”. Se il giudice ritiene di avere già elementi sufficienti per escludere la concessione di pene alternative (ad esempio, per un giudizio negativo sulla personalità dell’imputato), può decidere immediatamente senza necessità di ulteriori accertamenti. La scelta della Corte d’Appello rientrava quindi pienamente nei suoi poteri discrezionali.

Le Conclusioni

La sentenza consolida importanti principi procedurali. In primo luogo, riafferma la netta separazione tra il giudizio di merito, dove si valutano le prove e si ricostruiscono i fatti, e il giudizio di legittimità, limitato al controllo della corretta applicazione della legge. Le doglianze che mirano a una rivalutazione del compendio probatorio sono destinate a sfociare in una dichiarazione di ricorso inammissibile. In secondo luogo, la decisione conferma l’ampia discrezionalità del giudice di merito nella concessione delle attenuanti e nella valutazione della pericolosità sociale ai fini delle sanzioni, purché la motivazione sia congrua e non manifestamente illogica. La sentenza offre quindi un chiaro monito: il ricorso in Cassazione non è una terza istanza di giudizio, ma un rigoroso controllo di legalità.

La Corte di Cassazione può riesaminare le prove, come la discrepanza sull’accento di una persona al telefono?
No, la Corte di Cassazione agisce come giudice di legittimità e non può effettuare una nuova valutazione dei fatti o delle prove. Il suo compito è verificare che la legge sia stata applicata correttamente dai giudici dei gradi precedenti. Contestare la valutazione delle prove è un motivo di merito che rende il ricorso inammissibile.

Il giudice è obbligato a concedere le attenuanti generiche se l’imputato si è comportato correttamente durante il processo?
No, la concessione delle attenuanti generiche è una facoltà discrezionale del giudice di merito. Un generico “corretto comportamento processuale” non è di per sé sufficiente a rendere obbligatoria la concessione del beneficio. Il giudice può negarle fornendo una motivazione logica, basata ad esempio sulle modalità del reato.

In caso di pena detentiva breve, il giudice deve sempre rinviare l’udienza per valutare l’applicazione di sanzioni sostitutive?
No, il rinvio per acquisire informazioni sulle sanzioni sostitutive non è “obbligatorio”. Se il giudice ritiene di avere già elementi sufficienti per escludere tale possibilità (ad esempio, a causa della ritenuta pericolosità sociale dell’imputato), può decidere immediatamente, respingendo la richiesta con una motivazione adeguata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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