Ricorso Inammissibile per Truffa: Quando la Critica alla Sentenza è Solo Apparente
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, offre un importante chiarimento sui requisiti di ammissibilità dei ricorsi, in particolare quando si discute la linea di confine tra illecito penale e inadempimento civile. Il caso verteva su una condanna per truffa aggravata, ma la Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per truffa, sottolineando come le censure proposte fossero generiche e mirassero a una nuova valutazione dei fatti, compito precluso al giudice di legittimità.
I Fatti del Processo: Dalla Truffa al Ricorso in Cassazione
Il procedimento trae origine da una sentenza di condanna per il reato di truffa aggravata emessa dalla Corte d’Appello di Roma. L’imputato, ritenuto responsabile di aver posto in essere una condotta fraudolenta, ha deciso di impugnare la decisione dinanzi alla Corte di Cassazione.
La difesa sosteneva che i fatti contestati non integrassero gli estremi del reato di truffa, ma dovessero essere qualificati come un semplice inadempimento di natura civilistica. Secondo il ricorrente, la Corte d’Appello avrebbe errato nel ravvisare nella sua condotta la presenza di “artifici e raggiri”, elementi costitutivi del reato di cui all’art. 640 del codice penale.
I Motivi del Ricorso Inammissibile per Truffa
Il ricorso si fondava su due motivi principali: la violazione di legge e il vizio di motivazione. Entrambi i punti miravano a smontare l’impianto accusatorio, sostenendo che l’affermazione di responsabilità fosse basata su un’erronea interpretazione dei fatti. In sostanza, la difesa contestava che la condotta dell’imputato fosse stata caratterizzata da quella malizia e da quegli inganni necessari per configurare il reato di truffa, riconducendola invece a una mancata o inesatta esecuzione di un’obbligazione contrattuale.
Tuttavia, come vedremo, la strategia difensiva non ha superato il vaglio di ammissibilità della Suprema Corte.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile sulla base di argomentazioni procedurali molto nette. La decisione si articola su tre pilastri fondamentali.
Critiche di Fatto e non di Diritto
In primo luogo, i giudici hanno rilevato che le censure sollevate erano, in realtà, “mere doglianze in punto di fatto”. L’imputato non stava contestando un’errata applicazione della legge, ma tentava di ottenere una diversa ricostruzione e valutazione dei fatti di causa. Questo tipo di operazione è riservato ai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello) e non è consentito in sede di legittimità, dove la Cassazione può giudicare solo sulla corretta applicazione delle norme giuridiche.
Genericità e Mancanza di Specificità del Ricorso
In secondo luogo, il ricorso è stato giudicato non specifico, come richiesto a pena di inammissibilità dall’art. 591, comma 1, lett. c), del codice di procedura penale. Le argomentazioni non rappresentavano un confronto critico e puntuale con le ragioni della sentenza impugnata, ma si limitavano a reiterare le stesse difese già presentate e respinte dalla Corte d’Appello. Un ricorso, per essere ammissibile, deve assolvere a una “concreta critica argomentata” e non essere meramente “apparente”.
La Correttezza della Sentenza d’Appello
Infine, la Cassazione ha evidenziato come la Corte d’Appello avesse, al contrario, motivato in modo logico e giuridicamente corretto la propria decisione. I giudici di secondo grado avevano spiegato congruamente gli elementi di fatto e di diritto per cui la condotta dell’imputato integrava pienamente i presupposti soggettivi e oggettivi della truffa.
Le Conclusioni: Requisiti di Ammissibilità e Condanna alle Spese
L’ordinanza si conclude con la dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Questa decisione comporta due conseguenze dirette per il ricorrente: la condanna al pagamento delle spese processuali e il versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Soprattutto, rende definitiva la sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello.
La pronuncia ribadisce un principio fondamentale del nostro ordinamento processuale: il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio sul merito della vicenda, ma uno strumento di controllo sulla legittimità delle decisioni. Per evitare un esito di inammissibilità, è indispensabile formulare censure specifiche, giuridicamente fondate e capaci di dialogare criticamente con la motivazione della sentenza che si intende impugnare.
Perché il ricorso per truffa è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano considerati mere doglianze sui fatti, tese a ottenere una nuova valutazione del caso, attività non permessa in Cassazione. Inoltre, le censure erano una generica ripetizione di argomenti già respinti in appello, mancando di una critica specifica e concreta alla sentenza impugnata.
Qual è la differenza tra truffa e semplice inadempimento civile secondo questa ordinanza?
L’ordinanza, confermando la decisione della Corte d’Appello, implicitamente ribadisce che la differenza risiede nella presenza di “artifici e raggiri”. Mentre l’inadempimento civile è una mancata esecuzione di un’obbligazione, la truffa richiede un comportamento ingannatorio e fraudolento finalizzato a indurre in errore la vittima per ottenere un ingiusto profitto, elementi che la Corte di merito ha ritenuto sussistenti nel caso di specie.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso da parte della Corte di Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende (in questo caso, tremila euro). Effetto principale è che la sentenza di condanna impugnata diventa definitiva e non più modificabile.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 886 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 886 Anno 2025
Presidente: IMPERIALI NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a Noto il 31/05/1959
avverso la sentenza del 28/02/2024 della Corte d’appello di Roma dato avviso alle parti;
letta la memoria dell’Avv. NOME COGNOME difensore di COGNOME Salvatore, il quale ha argomentato in ordine all’ammissibilità del ricorso, chiedendo di «disporre la trattazione del procedimento in pubblica udienza»;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
considerato che i due motivi di cui si compone il ricorso, con cui si contesi:a, rispettivamente, violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’affermazione della responsabilità per il reato di truffa aggravata ascritto all’odierno ricorrente – per avere la Corte territoriale ravvisato, nella condott posta in essere dell’imputato, in modo asseritamente erroneo, la sussistenza di artifici e raggiri costitutivi della truffa anziché gli estremi di un m inadempimento/inesatto adempimento civilistico – risultano non consentiti in questa sede;
che, infatti, le suddette censure, da un lato, risultano costituite da mere doglianze in punto di fatto, tese a ottenere una differente ricostruzione dei fatti, mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di merito, estranee al sindacato di questa Corte, e, dall’altro lato, non sono connotate dai
requisiti, richiesti, a pena di inammissibilità del ricorso, dall’art. 591, comma 1 lett. c), cod. proc. pen., poiché fondate su profili di censura che si risolvono nella reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla Corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non caratterizzati da un effettivo confronto con le ragioni poste a base del decisum e dunque non specifici ma soltanto apparenti, omettendo di assolvere la tipica funzione di una concreta critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
che, infatti, i giudici di appello, come emerge dalle pagg. 4 e 5 dell’impugnata sentenza, facendo applicazione di corretti argomenti logici e giuridici, hanno congruamente esplicato i diversi elementi di fatto e di diritto in virtù dei qual debba ritenersi che il contegno dell’imputato integri pienamente i presupposti tanto soggettivi quanto oggettivi della fattispecie di cui all’art. 640 cod. pen;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 19 novembre 2024.