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Ricorso inammissibile per truffa: la Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile contro una condanna per truffa. La decisione si fonda sulla mancanza di specificità dei motivi, che si limitavano a contestare i fatti, e sul rigetto della richiesta di non punibilità per particolare tenuità del fatto, data la mancata restituzione del maltolto alla vittima.

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Pubblicato il 4 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile per Truffa: la Cassazione Spiega i Requisiti

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito due principi fondamentali del processo penale, dichiarando un ricorso inammissibile contro una condanna per truffa. Questa decisione offre importanti spunti sulla corretta redazione di un ricorso per cassazione e sui limiti di applicabilità della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. Analizziamo insieme i dettagli del caso e le motivazioni della Suprema Corte.

Il Caso: Dalla Condanna per Truffa al Ricorso in Cassazione

La vicenda giudiziaria trae origine da una sentenza di condanna emessa dalla Corte d’Appello di Napoli per il reato di truffa, previsto dall’articolo 640 del codice penale. L’imputato, ritenuto responsabile, decideva di presentare ricorso in Cassazione, affidandosi a due principali motivi.

In primo luogo, contestava la sussistenza stessa del reato, sostenendo la mancanza degli “artifici e raggiri” necessari per integrare la truffa. In sostanza, la difesa mirava a una diversa interpretazione dei fatti.

In secondo luogo, l’imputato lamentava la mancata applicazione dell’articolo 131-bis del codice penale, ovvero la causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto, ritenendo che la condotta contestata fosse di lieve entità.

Analisi della Cassazione: Perché il Ricorso è Inammissibile

La Suprema Corte ha esaminato entrambi i motivi, giungendo a una declaratoria di inammissibilità. Le argomentazioni dei giudici sono state chiare e lineari, e si sono concentrate sulla funzione stessa del giudizio di legittimità.

La Mancanza di Specificità del Primo Motivo

Il primo motivo è stato giudicato inammissibile per mancanza dei requisiti di specificità previsti dall’articolo 581 del codice di procedura penale. La Corte ha sottolineato che le argomentazioni difensive si limitavano a presentare “mere doglianze in punto di fatto”. L’imputato, cioè, non contestava un’errata applicazione della legge da parte della Corte d’Appello, ma proponeva una ricostruzione alternativa dei fatti e una diversa valutazione delle prove. Questo tipo di attività è precluso in sede di legittimità. La Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si può riesaminare il merito della vicenda, ma un organo che vigila sulla corretta applicazione delle norme giuridiche.

L’Infondatezza del Motivo sulla Particolare Tenuità del Fatto

Anche il secondo motivo è stato respinto, questa volta perché ritenuto manifestamente infondato. La Corte d’Appello aveva negato l’applicazione dell’art. 131-bis sottolineando una circostanza decisiva: la mancata restituzione della somma sottratta alla persona offesa. La Cassazione ha condiviso questa valutazione, affermando che la mancata restituzione del profitto del reato è un elemento che impedisce di qualificare il fatto come di “lieve tenuità”. Tale comportamento successivo al reato dimostra una certa gravità della condotta e un’assenza di resipiscenza, fattori che ostacolano il riconoscimento del beneficio.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni della Corte si fondano su un principio cardine: la netta distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità. Il ricorso per cassazione deve essere una critica argomentata e specifica alla sentenza impugnata, evidenziando errori di diritto o vizi logici della motivazione, non un tentativo di ottenere una nuova valutazione delle prove. Quando i motivi sono generici o si limitano a riproporre le stesse argomentazioni già respinte in appello, senza confrontarsi con la motivazione del giudice precedente, il ricorso diventa inevitabilmente inammissibile.

Per quanto riguarda l’art. 131-bis c.p., la Corte ribadisce che la valutazione sulla tenuità del fatto deve essere complessiva e considerare non solo l’entità del danno, ma anche le modalità della condotta e il comportamento dell’imputato dopo il reato. La mancata restituzione del maltolto è un indice significativo che gioca a sfavore dell’imputato.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza offre due lezioni pratiche di grande importanza. In primo luogo, evidenzia l’assoluta necessità di redigere ricorsi per cassazione tecnicamente ineccepibili, focalizzati su questioni di diritto e vizi di legittimità, evitando di sconfinare in contestazioni fattuali. In secondo luogo, conferma che per sperare nell’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, soprattutto nei reati contro il patrimonio, il comportamento post-delictum, come la restituzione del profitto illecito, assume un’importanza cruciale. L’esito del processo dipende non solo dalla difesa tecnica, ma anche da azioni concrete che possono dimostrare la ridotta offensività della condotta.

Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso può essere dichiarato inammissibile se non rispetta i requisiti di legge, ad esempio se i motivi sono generici e non specifici, oppure se si limita a contestare la valutazione dei fatti e delle prove, compito che spetta ai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello) e non alla Corte di Cassazione.

La mancata restituzione di denaro in un reato di truffa impedisce di ottenere la non punibilità per ‘particolare tenuità del fatto’?
Sì, secondo questa ordinanza, la mancata restituzione della somma sottratta alla vittima è un elemento fondamentale che la Corte valuta. Questo comportamento viene considerato un indicatore della gravità del fatto e può portare il giudice a escludere l’applicazione del beneficio della non punibilità previsto dall’art. 131-bis del codice penale.

Qual è la differenza tra un motivo di ricorso ‘in fatto’ e uno ‘in diritto’?
Un motivo ‘in fatto’ contesta come sono andate le cose o come sono state valutate le prove (es. l’attendibilità di un testimone). Un motivo ‘in diritto’ contesta l’errata applicazione o interpretazione di una norma di legge da parte del giudice. La Corte di Cassazione può esaminare solo i motivi ‘in diritto’.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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