Ricorso Inammissibile per Truffa: Quando la Cassazione Non Può Riesaminare i Fatti
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il suo ruolo di giudice di legittimità non consente una nuova valutazione delle prove. La pronuncia riguarda un caso di truffa in cui il ricorso inammissibile presentato dalla difesa mirava a una rilettura degli elementi di fatto, un’operazione preclusa in sede di Cassazione. Questo caso offre uno spunto prezioso per comprendere i limiti dell’impugnazione e la distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità.
I Fatti del Caso
La vicenda trae origine da una condanna per il reato di truffa emessa dalla Corte d’Appello. L’imputato, tramite la sua difesa, ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione, contestando la sentenza di secondo grado. Il motivo principale del ricorso si concentrava sulla motivazione della sentenza, ritenuta viziata con riferimento alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, ovvero l’intenzione di commettere la truffa.
La condanna nei gradi di merito si fondava su una serie di elementi probatori chiari e convergenti:
1. Pagamenti su carta intestata: Le somme versate dalle vittime erano confluite su una carta prepagata intestata direttamente all’imputato.
2. Uso del documento personale: Per attivare la suddetta carta era stato utilizzato il documento d’identità del ricorrente, che non era mai stato denunciato come smarrito o rubato.
3. Comunicazione dei dati: I dati identificativi dell’imputato, necessari per effettuare i pagamenti, venivano forniti alle vittime tramite messaggistica istantanea (WhatsApp) dopo l’attivazione delle carte.
La difesa ha tentato di contestare la logicità di queste conclusioni, proponendo una diversa interpretazione dei fatti.
La Decisione della Corte e il concetto di ricorso inammissibile
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si basa su un principio consolidato: il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio in cui si possono rivalutare le prove. La Corte ha chiarito che le censure mosse dalla difesa non evidenziavano reali vizi di legge o difetti logici manifesti nella motivazione della Corte d’Appello, ma miravano a ottenere una “inammissibile ricostruzione dei fatti” basata su criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di merito.
In sostanza, la difesa non ha sostenuto che il giudice avesse ignorato una prova decisiva o avesse ragionato in modo palesemente illogico, ma ha semplicemente proposto una lettura alternativa delle prove già esaminate. Questo tipo di doglianza esula dai poteri della Corte di Cassazione.
Le Motivazioni della Decisione
Nel motivare la propria decisione, la Suprema Corte ha sottolineato come il giudice d’appello avesse fornito una spiegazione logica e giuridicamente corretta del proprio convincimento. La motivazione della sentenza impugnata era esente da vizi, avendo chiaramente esplicitato le ragioni della condanna sulla base degli elementi raccolti (pagamenti, uso del documento, comunicazioni via chat).
La Corte ha richiamato un proprio autorevole precedente (le Sezioni Unite, con la sentenza n. 6402 del 1997), per ribadire che la valutazione degli elementi di fatto è riservata in via esclusiva al giudice di merito. Una ‘rilettura’ di tali elementi da parte della Cassazione non è consentita. Pertanto, di fronte a una motivazione coerente e non contraddittoria, il ricorso che si limita a contestare l’apprezzamento delle prove deve essere dichiarato inammissibile.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza conferma che per presentare un ricorso efficace in Cassazione è necessario concentrarsi su questioni di diritto o su vizi di motivazione specifici e gravi. Non è sufficiente essere in disaccordo con la valutazione delle prove fatta dal Tribunale o dalla Corte d’Appello. Le implicazioni pratiche sono chiare: chi intende impugnare una sentenza di condanna deve identificare precisi errori nell’applicazione delle norme giuridiche o palesi illogicità nel percorso argomentativo del giudice, e non sperare in una terza valutazione dei fatti. La condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende sancisce la temerarietà di un ricorso che non rispetta i confini del giudizio di legittimità.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché non contestava un errore di diritto o un vizio logico della sentenza, ma mirava a ottenere una nuova valutazione delle prove e una diversa ricostruzione dei fatti, attività che non rientra nelle competenze della Corte di Cassazione.
Quali prove sono state considerate decisive per la condanna per truffa?
La condanna si è basata su tre elementi principali: i pagamenti effettuati dalle vittime su una carta intestata all’imputato, l’utilizzo del suo documento d’identità (mai denunciato come smarrito) per attivare la carta e la comunicazione dei suoi dati identificativi tramite WhatsApp per ricevere i pagamenti.
Qual è la differenza tra giudice di merito e giudice di legittimità?
Il giudice di merito (Tribunale e Corte d’Appello) esamina le prove, ricostruisce i fatti e decide sulla colpevolezza o innocenza. Il giudice di legittimità (la Corte di Cassazione) non riesamina i fatti, ma si limita a verificare che il giudice di merito abbia applicato correttamente la legge e abbia motivato la sua decisione in modo logico e coerente.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8187 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8187 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 04/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PORDENONE il 11/12/1964
avverso la sentenza del 25/06/2024 della CORTE APPELLO di TRIESTE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME
considerato che con l’unico motivo di ricorso la difesa dell’imputato deduce vizi di motivazione della sentenza impugnata con riferimento alla sussistenza dell’elemento soggettivo dei reati di truffa per i quali è intervenuta sentenza di condanna nei confronti del COGNOME;
che il motivo di ricorso, che contesta la correttezza della motivazione posta a base della dichiarazione di responsabilità, non è consentito dalla legge in sede di legittimità perché tende ad ottenere una inammissibile ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di merito, il qual con motivazione esente da vizi logici e giuridici, ha esplicitato le ragioni del propri convincimento rilevando che (si vedano, in particolare, pagg. 5 e 6 della sentenza impugnata): a) i pagamenti da parte delle persone offese sono stati effettuati sulla carta intestata all’imputato; b) per attivare la carta è stato utilizzato il document dell’odierno ricorrente, mai denunciato come sottratto o smarrito; c) non è stata fornita alcuna spiegazione del fatto che, attivate le due carte, venivano forniti tramite whatsapp i dati identificativi dell’imputato per i pagamenti effettivamente effettuati sulla carta;
che esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una ‘rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito (per tutte: Sez. U, n. 6402, del 30/4/1997, COGNOME, Rv. 207944);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 4 febbraio 2025.