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Ricorso inammissibile per truffa: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile per truffa poiché l’imputato si era limitato a riproporre le stesse argomentazioni già respinte dalla Corte d’Appello. La Suprema Corte ha confermato che i motivi di ricorso devono essere specifici e non una semplice reiterazione, ribadendo la validità della valutazione dei giudici di merito sulla sussistenza del reato e sull’attendibilità della persona offesa. L’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione.

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Pubblicato il 24 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile per Truffa: La Decisione della Cassazione

Recentemente, la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 22224/2024, ha offerto un importante chiarimento sui requisiti di ammissibilità dei ricorsi in materia penale. La pronuncia riguarda un caso di truffa e sottolinea un principio fondamentale: non basta essere in disaccordo con una sentenza per impugnarla in Cassazione. È necessario formulare critiche specifiche e pertinenti, altrimenti si rischia una declaratoria di ricorso inammissibile per truffa, con le conseguenti sanzioni. Analizziamo insieme questa decisione per comprenderne la portata.

I Fatti del Processo

Il caso ha origine da una sentenza della Corte di Appello di Venezia, che aveva condannato un individuo per il reato di truffa ai sensi dell’art. 640 del codice penale. L’imputato, non accettando la decisione, ha proposto ricorso per Cassazione, affidandosi a un unico motivo: l’erronea interpretazione della norma sulla truffa e un presunto vizio di motivazione riguardo alla ricostruzione dei fatti e all’attendibilità della persona offesa.

I Motivi del Ricorso e la Valutazione della Corte

Il ricorrente lamentava che i giudici di merito avessero sbagliato nel ritenere sussistenti gli elementi costitutivi del reato, in particolare gli “artifici e raggiri” necessari per configurare la truffa. Inoltre, contestava la credibilità delle dichiarazioni rese dalla vittima del reato.

La Suprema Corte, tuttavia, ha rigettato completamente queste argomentazioni, definendo il motivo di ricorso “aspecifico”. Perché? La ragione è semplice ma cruciale: l’imputato non ha fatto altro che riproporre le stesse identiche doglianze già presentate e analizzate in sede di appello. La Corte territoriale le aveva già affrontate e respinte con una motivazione precisa, logica e coerente con le prove emerse durante il processo. Questo approccio rende il ricorso inammissibile per truffa, poiché non attacca specificamente i punti della motivazione della sentenza di secondo grado, ma si limita a riproporre una diversa lettura dei fatti.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La decisione della Cassazione si fonda su principi consolidati del nostro ordinamento processuale. Vediamo i punti chiave della sua motivazione.

La Ripetitività dei Motivi come Causa di Inammissibilità

Il compito della Corte di Cassazione non è quello di riesaminare i fatti del processo come un terzo grado di giudizio. Il suo ruolo è quello di verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. Un ricorso che si limita a ripetere le argomentazioni già valutate dal giudice d’appello, senza evidenziare specifiche illogicità o errori di diritto nel ragionamento di quest’ultimo, è considerato generico e, di conseguenza, inammissibile. La Corte ha infatti rilevato che la Corte d’Appello aveva spiegato in modo chiaro (pagg. 5 e 6 della sentenza) quali fossero gli elementi probatori a carico dell’imputato e perché gli artifici utilizzati fossero idonei a ingannare la vittima.

La Valutazione della Prova e l’Attendibilità della Persona Offesa

Un altro aspetto fondamentale riguarda la valutazione delle prove. La Cassazione ha ribadito che la valutazione dell’attendibilità di un testimone, inclusa la persona offesa, è un compito che spetta esclusivamente al giudice di merito (Tribunale e Corte d’Appello). La Suprema Corte può intervenire solo se la motivazione su questo punto è manifestamente illogica o contraddittoria. Nel caso di specie, i giudici d’appello avevano valutato la versione della persona offesa come “logica, congrua e lineare”, sottolineando che non erano emersi elementi di contrasto significativi né interessi personali della vittima nell’accusare l’imputato.

Le Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Decisione

L’ordinanza in esame è un monito per chi intende impugnare una sentenza penale. Per avere successo in Cassazione, non è sufficiente contestare il risultato, ma è indispensabile condurre un’analisi critica e puntuale della motivazione della sentenza di appello, evidenziandone i vizi logici o giuridici. La mera riproposizione dei motivi d’appello si traduce in una sicura dichiarazione di inammissibilità. La conseguenza per il ricorrente è stata non solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo di pagare le spese processuali e una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, a titolo di sanzione per aver adito la Corte in modo improprio.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto aspecifico e reiterativo. L’imputato si è limitato a riproporre le stesse identiche doglianze già presentate e respinte dalla Corte d’Appello, senza muovere critiche specifiche alla motivazione della sentenza impugnata.

La Corte di Cassazione può riesaminare l’attendibilità di un testimone?
No, la Corte di Cassazione non svolge un nuovo esame dei fatti o delle prove, come l’attendibilità di un testimone. Il suo compito è verificare che la motivazione del giudice di merito (in questo caso, la Corte d’Appello) sia logica, coerente e non viziata da errori di diritto. La valutazione delle prove è di competenza esclusiva dei giudici di primo e secondo grado.

Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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