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Ricorso inammissibile per truffa: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato da un imputato condannato per truffa. La decisione si basa sulla constatazione che i motivi del ricorso erano una mera ripetizione di argomenti già respinti in appello, senza una critica specifica alla sentenza impugnata. La Corte ha confermato la valutazione dei giudici di merito sul dolo iniziale e sulla gravità del danno, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di un’ammenda.

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Pubblicato il 5 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: La Cassazione e l’Importanza dei Motivi Specifici

Presentare un ricorso in Cassazione è l’ultimo grado di giudizio, una fase delicata che richiede precisione e argomentazioni giuridiche solide. Ma cosa succede quando un ricorso si rivela una semplice copia di quanto già detto e respinto in appello? Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione chiarisce le conseguenze di un ricorso inammissibile, sottolineando un principio fondamentale: non basta ripetere, bisogna criticare in modo specifico la decisione impugnata. Questo caso offre uno spunto prezioso per comprendere i requisiti di un ricorso efficace e i costi di un’impugnazione superficiale.

L’analisi del caso: dalla truffa al ricorso in Cassazione

La vicenda giudiziaria ha origine da una condanna per truffa. Un individuo, dopo aver ricevuto il pagamento per un bene, non lo ha mai spedito alla vittima. Secondo i giudici di merito, l’imputato aveva agito con dolo iniziale, rassicurando l’acquirente sulla spedizione pur non avendo la disponibilità del bene o non avendo mai avuto l’intenzione di inviarlo. Questi ‘artifizi e raggiri’ avevano indotto la vittima a versare l’intero prezzo pattuito.

Dopo la condanna in primo grado e la conferma da parte della Corte d’Appello, l’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, contestando la correttezza della motivazione della sentenza di condanna, il diniego delle attenuanti generiche e della sospensione condizionale della pena, e la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.).

I motivi del ricorso inammissibile secondo la Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha stroncato sul nascere le doglianze del ricorrente, dichiarando il ricorso inammissibile. Il motivo centrale della decisione risiede nella natura stessa dell’atto di impugnazione. I giudici hanno evidenziato come i motivi presentati non fossero altro che una ‘pedissequa reiterazione’ di quelli già dedotti in appello e puntualmente respinti dalla corte territoriale.

Un ricorso in Cassazione non può limitarsi a riproporre le stesse argomentazioni, ma deve svolgere una funzione di critica argomentata e specifica avverso la sentenza impugnata. In altre parole, deve spiegare perché la Corte d’Appello ha sbagliato nel suo ragionamento giuridico. In questo caso, il ricorso era solo ‘apparente’, poiché ometteva di assolvere a questa funzione essenziale, rendendolo di fatto non specifico e, quindi, inammissibile.

La valutazione su dolo e circostanze attenuanti

La Corte ha inoltre confermato la bontà delle motivazioni della Corte d’Appello su tutti i punti contestati.

* Sussistenza del dolo iniziale: La motivazione sulla sussistenza dell’intento fraudolento sin dall’inizio è stata giudicata ‘pienamente motivata’, basandosi sulle rassicurazioni fornite dall’imputato alla vittima.
* Diniego delle attenuanti e della sospensione della pena: La decisione di non concedere le attenuanti generiche e la sospensione condizionale della pena era stata correttamente giustificata dalla Corte d’Appello con riferimento ai ‘rilevanti precedenti penali’ dell’imputato, al ‘non irrisorio danno economico’ e alla mitezza della pena già inflitta in primo grado.
* Mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p.: Anche il rigetto della richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto è stato ritenuto ben motivato, in considerazione dell’ ‘apprezzabile valore del danno economico’ causato alla persona offesa.

Le motivazioni

La motivazione della Suprema Corte si fonda su un principio cardine del diritto processuale penale: l’inammissibilità del ricorso per aspecificità dei motivi. Quando un’impugnazione si limita a riproporre le medesime questioni già esaminate e respinte dal giudice precedente, senza confrontarsi criticamente con le ragioni esposte nella decisione impugnata, essa perde la sua funzione e diventa un mero espediente dilatorio. La Corte di Cassazione ha ritenuto che la Corte d’Appello avesse adempiuto al suo dovere argomentativo su ogni punto (colpevolezza, trattamento sanzionatorio, attenuanti). Il ricorso, ignorando tali argomentazioni, non ha superato il vaglio di ammissibilità.

Le conclusioni

Questa ordinanza ribadisce una lezione importante: un’impugnazione non è un atto formale da prendere alla leggera. La ‘pedissequa reiterazione’ dei motivi di appello in sede di Cassazione conduce a una dichiarazione di ricorso inammissibile. Le conseguenze non sono solo la conferma della condanna, ma anche l’addebito delle spese processuali e il pagamento di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in 3.000 euro. La decisione serve da monito sulla necessità di formulare motivi di ricorso specifici, pertinenti e critici, che dialoghino con la sentenza impugnata e ne evidenzino le presunte carenze logico-giuridiche.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché si limitava a ripetere gli stessi argomenti già presentati e respinti nel giudizio d’appello, senza formulare una critica specifica e argomentata contro le motivazioni della sentenza impugnata.

Quali elementi hanno confermato l’intenzione fraudolenta (dolo iniziale) dell’imputato?
La Corte ha confermato la valutazione dei giudici di merito, i quali hanno individuato il dolo iniziale nelle rassicurazioni che l’imputato aveva fornito alla vittima circa l’invio di un bene di cui non aveva la disponibilità o che non intendeva spedire, inducendola così a pagare l’intero prezzo.

Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente dopo la dichiarazione di inammissibilità?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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