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Ricorso inammissibile per truffa: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato da un’imputata condannata per truffa. L’imputata si fingeva commercialista per farsi consegnare denaro. I motivi del ricorso sono stati giudicati generici e volti a una nuova valutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità, confermando così la condanna.

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Pubblicato il 4 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile per Truffa: Quando i Motivi d’Appello sono Troppo Generici

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 9361/2024, ha fornito un chiaro esempio di come un’impugnazione mal formulata possa portare a una declaratoria di ricorso inammissibile. Questo caso riguarda una condanna per truffa e sottolinea l’importanza di presentare motivi di ricorso specifici e pertinenti, evitando di trasformare il giudizio di legittimità in un terzo grado di merito. Analizziamo insieme la vicenda e i principi di diritto affermati dalla Suprema Corte.

I Fatti del Caso

Una donna era stata condannata nei primi due gradi di giudizio per il reato di truffa. Secondo l’accusa, confermata dalle sentenze di merito, l’imputata si era finta una commercialista per indurre diverse persone a consegnarle somme di denaro. Il pretesto era quello di dover saldare delle cartelle esattoriali per conto delle vittime. In sostanza, attraverso artifizi e raggiri, si era procurata un ingiusto profitto con altrui danno.

Contro la sentenza della Corte d’Appello di Torino, l’imputata ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando principalmente due aspetti:
1. Un presunto travisamento delle dichiarazioni rese dalle persone offese.
2. L’assenza degli elementi oggettivi e soggettivi del reato di truffa.

La Decisione della Corte: il Ricorso Inammissibile

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarandolo ‘manifestamente infondato e generico’. La decisione si basa su un principio cardine del nostro sistema processuale: il giudizio di Cassazione è un giudizio di legittimità, non di merito. Questo significa che la Suprema Corte non può riesaminare i fatti o valutare nuovamente le prove, ma solo verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata.

I giudici hanno stabilito che i motivi presentati dalla ricorrente non si confrontavano adeguatamente con la motivazione ‘esaustiva’ della Corte d’Appello, ma si limitavano a proporre una ‘diversa lettura delle emergenze processuali’, un’operazione non consentita in sede di legittimità.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte ha smontato punto per punto le doglianze della ricorrente. In primo luogo, ha evidenziato come la Corte d’Appello avesse correttamente valorizzato le ‘concordanti dichiarazioni’ delle persone offese e i ‘raggiri realizzati dall’imputata’. La ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito era solida e basata su prove concrete.

Un aspetto interessante riguarda l’argomentazione difensiva secondo cui una delle vittime aveva ammesso che l’imputata aveva ‘in parte adempiuto’ agli incarichi. Secondo la Cassazione, questo elemento è del tutto irrilevante. Il reato di truffa si perfeziona con l’inganno e l’ingiusto profitto, a prescindere da eventuali adempimenti parziali che non eliminano la natura fraudolenta della condotta principale.

Infine, la Corte ha ribadito che un ricorso inammissibile comporta non solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo per il ricorrente di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, in questo caso fissata in tremila euro.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre due importanti lezioni pratiche. La prima è che per impugnare una sentenza di condanna in Cassazione non è sufficiente essere in disaccordo con la valutazione dei fatti compiuta dai giudici di merito. È necessario individuare vizi specifici di legge o difetti manifesti di logica nella motivazione della sentenza. I motivi devono essere puntuali e criticare passaggi specifici della decisione, non limitarsi a una generica contestazione.

La seconda lezione riguarda la natura del reato di truffa: la condotta ingannatoria è il cuore del reato. Anche se l’autore del raggiro adempie parzialmente a una prestazione, ciò non cancella l’illecito se l’accordo originario è stato ottenuto con l’inganno. La decisione conferma quindi la solidità dell’impianto accusatorio e la correttezza della valutazione operata dalla Corte d’Appello, sbarrando la strada a un tentativo di rivalutazione del merito mascherato da ricorso di legittimità.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché i motivi presentati erano manifestamente infondati e generici. Essi non si confrontavano con la motivazione della sentenza precedente e tentavano di ottenere una nuova valutazione delle prove, cosa non permessa in sede di Corte di Cassazione.

Il fatto che l’imputata avesse parzialmente compiuto gli incarichi ha avuto rilevanza per la decisione?
No. La Corte ha stabilito che il parziale adempimento degli incarichi da parte dell’imputata era irrilevante ai fini della configurazione del reato di truffa, poiché gli elementi centrali dell’inganno e dei raggiri per ottenere le somme di denaro erano stati pienamente provati.

Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende. La sentenza di condanna impugnata diventa definitiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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