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Ricorso inammissibile per truffa: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile relativo a una condanna per truffa. L’imputato sosteneva di non aver partecipato al reato e di non averne tratto profitto, ma la Corte ha ritenuto i motivi di appello troppo generici. È stato chiarito che il reato si considera perfezionato con l’accredito del denaro sul conto, anche se questo viene bloccato prima del prelievo.

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Pubblicato il 1 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile per Truffa: La Specificità dei Motivi è Fondamentale

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un’importante lezione sulla procedura penale, sottolineando come la genericità dei motivi di appello porti inevitabilmente a un ricorso inammissibile. Il caso in esame riguarda una condanna per truffa, in cui l’imputato ha tentato di ribaltare la decisione di merito con argomentazioni ritenute dai giudici supreme prive della necessaria specificità. Analizziamo insieme la vicenda e le ragioni giuridiche che hanno portato a questa conclusione.

I Fatti del Caso

La vicenda giudiziaria ha origine da una truffa perpetrata attraverso un bonifico bancario. L’imputato era stato condannato nei primi due gradi di giudizio per aver ricevuto sul proprio conto corrente una somma di denaro, frutto di un’attività illecita. La parte offesa, accortasi del raggiro, ha sporto denuncia in tempo utile per far bloccare il conto corrente del destinatario, impedendogli di prelevare materialmente il denaro.

Nonostante la condanna, l’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, basandolo su diversi motivi, tra cui:

1. La presunta mancanza di prove sulla sua partecipazione materiale al reato.
2. L’assenza di un profitto effettivo, dato che non era riuscito a prelevare i fondi.
3. Critiche generiche alla valutazione delle prove e alla determinazione della colpevolezza.
4. Una contestazione sulla congruità della pena inflitta.

L’Analisi della Corte: quando un ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione, nell’esaminare il caso, ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile. La decisione si fonda su un principio cardine del nostro sistema processuale: i motivi di ricorso devono essere specifici e non limitarsi a critiche generiche e indeterminate. L’articolo 581 del codice di procedura penale richiede che l’atto di impugnazione indichi chiaramente le ragioni di fatto e di diritto che lo sostengono, permettendo al giudice di comprendere esattamente quali punti della sentenza precedente vengono contestati.

Nel caso specifico, i giudici hanno ritenuto che nessuno dei sei motivi presentati dall’imputato soddisfacesse tale requisito. L’appello si è configurato come un tentativo di rimettere in discussione l’intera valutazione dei fatti già compiuta dai giudici di merito, senza però confrontarsi puntualmente con le argomentazioni logico-giuridiche contenute nella sentenza impugnata.

Le Motivazioni dietro il ricorso inammissibile

La Corte ha smontato ogni singolo motivo di ricorso, evidenziandone la debolezza.

Sulla partecipazione al reato: Il ricorso non ha affrontato il dato di fatto, pacifico e centrale, che il bonifico fosse stato effettuato proprio sul conto corrente intestato all’imputato. Questo elemento, secondo la Corte d’Appello, era una prova schiacciante della sua partecipazione, e l’appello non ha fornito elementi concreti per smentirlo.

Sul conseguimento del profitto: La Cassazione ha ribadito un principio consolidato: il reato di truffa si consuma nel momento in cui il denaro entra nella disponibilità giuridica dell’agente, ovvero quando viene accreditato sul suo conto corrente. Il fatto che, a causa del blocco successivo, non sia stato possibile il prelievo materiale è irrilevante ai fini della consumazione del reato. Il profitto, inteso come l’arricchimento del patrimonio, si era già verificato.

Sulla congruità della pena: Anche questo motivo è stato giudicato inammissibile per genericità. La Corte d’Appello aveva motivato chiaramente la scelta di applicare la pena minima prevista dalla legge, con la sola riduzione per il rito abbreviato, spiegando l’impossibilità di ulteriori diminuzioni. Il ricorso non ha contrapposto alcuna argomentazione specifica a questa motivazione.

Conclusioni

La decisione della Cassazione è un monito fondamentale per chiunque intenda impugnare una sentenza di condanna. Non è sufficiente contestare genericamente la decisione, ma è necessario articolare critiche precise, dettagliate e pertinenti, confrontandosi punto per punto con la motivazione del giudice precedente. In assenza di tale specificità, il rischio è che il ricorso venga dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende. Questa pronuncia riafferma la funzione della Corte di Cassazione come giudice di legittimità, non di merito, il cui compito non è rivalutare le prove, ma assicurare la corretta applicazione della legge.

Quando si considera consumato il reato di truffa in caso di bonifico?
Il reato di truffa si considera consumato nel momento in cui il denaro viene accreditato sul conto corrente del beneficiario, entrando così nella sua disponibilità giuridica, a prescindere dal fatto che riesca o meno a prelevarlo materialmente.

Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso può essere dichiarato inammissibile se i motivi presentati sono generici, indeterminati o non si confrontano specificamente con le argomentazioni della sentenza impugnata, violando i requisiti prescritti dall’art. 581 del codice di procedura penale.

Il blocco del conto corrente prima del prelievo esclude la responsabilità per truffa?
No, il blocco del conto corrente dopo l’accredito dei fondi non esclude la responsabilità. La Corte ha stabilito che la consumazione del reato e il conseguimento del profitto avvengono con l’arrivo del denaro sul conto, rendendo irrilevante l’impossibilità del successivo prelievo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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