Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 863 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 863 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME, nata a Brescia il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 17/06/2024 della Corte d’appello di Messina
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
considerato che il primo motivo di ricorso, con cui si contesta vizio di motivazione con riferimento all’affermazione di responsabilità per il reato di truffa ascritto all’odierna ricorrente, non è consentito in sede di legittimità, perché è fondato su profili di censura che si risolvono nella reiterazione di quelli già dedotti in appello e adeguatamente disattesi dalla corte di merito (cfr. la pag. 4 dell’impugnata sentenza), dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, omettendo di assolvere la tipica funzione di una concreta critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
che, infatti, la Corte territoriale – come emerge, in particolare, dalla pag. 4 dell’impugnata sentenza – ha esplicato le congrue e non illogiche ragioni poste a base del suo convincimento, facendo applicazione di corretti argomenti giuridici ai fini della dichiarazione di responsabilità e della sussistenza dei presupposti costitutivi, sia oggettivi che soggettivi, della fattispecie di cui all’art. 640 cod. p
che, a tal proposito, va sottolineato come l’incameramento del profitto del reato, confluito su una carta intestata alla ricorrente, unitamente alla mancata denuncia di furto o smarrimento della carta Postepay e al blocco della stessa dopo che la somma era stata incassata, è stato considerato dalla Corte d’appello, con argomentazione non manifestamente illogica, elemento di decisiva rilevanza al fine della responsabilità della beneficiaria per il delitto di truffa, trattandos strumento i cui estremi identificativi furono da lei comunicati all’acquirente per il pagamento del prezzo al momento della vendita;
che, evidentemente, le doglianze prospettate dalla difesa, sono state ritenute, anche se implicitamente, recessive rispetto alla concludenza rappresentativa delle fonti acquisite, giacché l’intestazione a terzi dell’utenza usata per alcune comunicazioni e il mancato accertamento delle generalità di colui che aveva postato l’annuncio di vendita non incidono in senso dirimente sull’attitudine probatoria del convogliamento del profitto sulla Postepay della prevenuta;
ritenuto che il secondo motivo di ricorso, con cui si contesta vizio di motivazione in ordine alla mancata applicazione delle circostanze generiche in favore dell’odierna ricorrente, è manifestamente infondato, poiché, a tal proposito, deve osservarsi come: «La richiesta di concessione delle circostanze attenuanti generiche deve ritenersi disattesa con motivazione implicita allorché [come nel caso di specie] sia adeguatamente motivato [si veda, in particolare, la pag. 4 dell’impugnata sentenza] il rigetto della richiesta di attenuazione del trattamento sanzionatorio, fondata su analogo ordine di motivi» (Sez. 1, n. 12624 del 12/02/2019, COGNOME, Rv. 275057-01);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 19 novembre 2024.