Ricorso Inammissibile per Truffa: La Cassazione Conferma la Condanna
In una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato un caso di truffa, chiarendo i requisiti di specificità necessari per un ricorso e confermando come determinati elementi probatori possano essere decisivi. La decisione sottolinea l’importanza di non limitarsi a riproporre le stesse argomentazioni nei vari gradi di giudizio, pena la dichiarazione di ricorso inammissibile. Questo provvedimento offre spunti fondamentali sulla valutazione della prova nel reato di truffa e sui limiti del sindacato di legittimità.
I Fatti del Caso
La vicenda trae origine da una condanna per il reato di truffa emessa dalla Corte d’appello. L’imputata era stata ritenuta responsabile per aver ricevuto una somma di denaro su una propria carta prepagata, a fronte di una vendita online mai perfezionata. Successivamente alla ricezione del pagamento, la carta era stata bloccata e non era stata presentata alcuna denuncia di furto o smarrimento, circostanze che hanno pesato sulla sua posizione processuale. Contro la sentenza di secondo grado, la difesa ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando vizi di motivazione.
I Motivi del Ricorso
Il ricorso si fondava essenzialmente su due motivi principali:
1. Vizio di motivazione sulla responsabilità: La difesa contestava il ragionamento della Corte d’appello riguardo all’affermazione di colpevolezza, sostenendo che le prove non fossero sufficienti a dimostrare il coinvolgimento diretto dell’imputata.
2. Mancata concessione delle attenuanti generiche: Si lamentava inoltre che la Corte non avesse adeguatamente motivato il diniego delle circostanze attenuanti generiche, richieste per mitigare la pena.
La difesa ha tentato di sminuire il valore probatorio del flusso di denaro sulla carta dell’imputata, evidenziando che altri elementi, come l’intestazione a terzi dell’utenza telefonica usata per le comunicazioni, non erano stati chiariti.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione e il Ricorso Inammissibile
La Suprema Corte ha respinto entrambi i motivi, dichiarando il ricorso inammissibile. L’analisi dei giudici di legittimità è stata netta e precisa.
Sulla Reiterazione dei Motivi d’Appello
Per quanto riguarda il primo punto, la Corte ha stabilito che le argomentazioni della difesa non erano altro che una sterile reiterazione di quelle già presentate e correttamente respinte dalla Corte d’appello. Un ricorso in Cassazione, per essere ammissibile, deve contenere una critica specifica e argomentata della sentenza impugnata, e non limitarsi a riproporre le stesse doglianze. La Corte d’appello, secondo i giudici, aveva fornito una motivazione congrua e logica, basando la condanna su elementi di fatto decisivi: l’accredito del profitto del reato sulla carta intestata all’imputata, il fatto che fosse stata lei a comunicare i dati per il pagamento e la successiva assenza di denuncia di smarrimento. Questi elementi, nel loro complesso, sono stati ritenuti sufficienti a fondare un giudizio di responsabilità, rendendo irrilevanti le incertezze su altri aspetti della vicenda.
Sul Rigetto Implicito delle Attenuanti
Anche il secondo motivo è stato giudicato infondato. La Cassazione ha ribadito un principio consolidato: la richiesta di concessione delle circostanze attenuanti generiche si considera implicitamente respinta quando il giudice motiva adeguatamente la severità del trattamento sanzionatorio. Nel caso di specie, la Corte d’appello aveva già spiegato le ragioni della pena inflitta, e tale motivazione è stata ritenuta sufficiente a coprire anche il rigetto della richiesta di attenuanti, fondata su argomenti simili a quelli usati per contestare la colpevolezza.
Conclusioni e Implicazioni Pratiche
L’ordinanza in esame ribadisce due principi fondamentali del processo penale. In primo luogo, la necessità che il ricorso per Cassazione presenti motivi nuovi e specifici, che si confrontino criticamente con la motivazione della sentenza impugnata, senza limitarsi a una semplice riproposizione dei motivi d’appello. In secondo luogo, conferma che, nel reato di truffa, la tracciabilità del denaro su un conto o una carta riconducibile all’imputato costituisce un elemento probatorio di primaria importanza, spesso sufficiente a superare dubbi derivanti da altri elementi non pienamente chiariti. La decisione serve da monito sulla necessità di una difesa tecnica e puntuale in ogni fase del procedimento, evitando strategie processuali meramente dilatorie o ripetitive.
Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso è dichiarato inammissibile quando manca dei requisiti previsti dalla legge. In questo caso, è stato ritenuto tale perché i motivi presentati erano una mera ripetizione di quelli già esaminati e respinti dalla Corte d’appello, senza introdurre una critica concreta e specifica alla motivazione della sentenza impugnata.
Quali prove sono state considerate decisive per confermare la condanna per truffa?
Le prove decisive sono state: l’incameramento del profitto del reato su una carta prepagata intestata alla ricorrente, la mancata denuncia di furto o smarrimento della carta stessa e il suo blocco subito dopo l’incasso della somma. Questi elementi sono stati ritenuti sufficienti a dimostrare la sua responsabilità.
La richiesta di circostanze attenuanti generiche può essere respinta implicitamente?
Sì. Secondo la Corte, quando un giudice fornisce una motivazione adeguata per la determinazione della pena, rigettando una richiesta di attenuazione basata su motivi specifici, si considera implicitamente respinta anche la richiesta di concessione delle attenuanti generiche basata su argomentazioni analoghe.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 863 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 863 Anno 2025
Presidente: IMPERIALI NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nata a Brescia il 09/08/1987
avverso la sentenza del 17/06/2024 della Corte d’appello di Messina
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
considerato che il primo motivo di ricorso, con cui si contesta vizio di motivazione con riferimento all’affermazione di responsabilità per il reato di truffa ascritto all’odierna ricorrente, non è consentito in sede di legittimità, perché è fondato su profili di censura che si risolvono nella reiterazione di quelli già dedotti in appello e adeguatamente disattesi dalla corte di merito (cfr. la pag. 4 dell’impugnata sentenza), dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, omettendo di assolvere la tipica funzione di una concreta critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
che, infatti, la Corte territoriale – come emerge, in particolare, dalla pag. 4 dell’impugnata sentenza – ha esplicato le congrue e non illogiche ragioni poste a base del suo convincimento, facendo applicazione di corretti argomenti giuridici ai fini della dichiarazione di responsabilità e della sussistenza dei presupposti costitutivi, sia oggettivi che soggettivi, della fattispecie di cui all’art. 640 cod. p
che, a tal proposito, va sottolineato come l’incameramento del profitto del reato, confluito su una carta intestata alla ricorrente, unitamente alla mancata denuncia di furto o smarrimento della carta Postepay e al blocco della stessa dopo che la somma era stata incassata, è stato considerato dalla Corte d’appello, con argomentazione non manifestamente illogica, elemento di decisiva rilevanza al fine della responsabilità della beneficiaria per il delitto di truffa, trattandos strumento i cui estremi identificativi furono da lei comunicati all’acquirente per il pagamento del prezzo al momento della vendita;
che, evidentemente, le doglianze prospettate dalla difesa, sono state ritenute, anche se implicitamente, recessive rispetto alla concludenza rappresentativa delle fonti acquisite, giacché l’intestazione a terzi dell’utenza usata per alcune comunicazioni e il mancato accertamento delle generalità di colui che aveva postato l’annuncio di vendita non incidono in senso dirimente sull’attitudine probatoria del convogliamento del profitto sulla Postepay della prevenuta;
ritenuto che il secondo motivo di ricorso, con cui si contesta vizio di motivazione in ordine alla mancata applicazione delle circostanze generiche in favore dell’odierna ricorrente, è manifestamente infondato, poiché, a tal proposito, deve osservarsi come: «La richiesta di concessione delle circostanze attenuanti generiche deve ritenersi disattesa con motivazione implicita allorché sia adeguatamente motivato il rigetto della richiesta di attenuazione del trattamento sanzionatorio, fondata su analogo ordine di motivi» (Sez. 1, n. 12624 del 12/02/2019, COGNOME, Rv. 275057-01);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 19 novembre 2024.