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Ricorso inammissibile per tentato furto: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso inammissibile presentato da un imputato condannato in appello per tentato furto. La Corte ha ritenuto che il ricorso fosse infondato, confermando la valutazione delle prove fatta dai giudici di merito, in particolare la testimonianza di un agente di polizia. È stata inoltre respinta la richiesta di applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, a causa dell’intensità del dolo e della proclività a delinquere del soggetto.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Inammissibile: Tentato Furto e Proclività a Delinquere

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha affrontato un caso di tentato furto, stabilendo l’inammissibilità del ricorso presentato dall’imputato. Questa decisione ribadisce principi fondamentali sulla valutazione delle prove e sull’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. Analizziamo come un ricorso inammissibile possa derivare da una valutazione attenta dell’intento criminale e della personalità del reo.

I Fatti del Caso e il Contesto Giudiziario

Il caso nasce da un ricorso proposto avverso una sentenza della Corte d’Appello che aveva confermato la condanna per un reato di tentato furto. L’imputato, attraverso i suoi legali, ha contestato la decisione, cercando di ottenere un annullamento della condanna o, in subordine, il riconoscimento di circostanze più favorevoli.

La difesa si basava su una diversa interpretazione delle prove raccolte e sulla richiesta di applicazione dell’art. 131 bis del codice penale, che prevede la non punibilità quando l’offesa è di particolare tenuità e il comportamento del reo non è abituale.

La Decisione della Suprema Corte sul ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha rigettato completamente le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su due pilastri principali: la corretta valutazione delle prove da parte del giudice di merito e la manifesta infondatezza della richiesta di applicare la causa di non punibilità.

La Valutazione delle Prove

I giudici hanno sottolineato come la Corte d’Appello avesse fatto un “buon governo delle prove raccolte”. In particolare, è stata ritenuta decisiva e ben circostanziata la deposizione di un testimone appartenente alla polizia giudiziaria. La sua testimonianza ha permesso di ricostruire chiaramente l’azione illecita, qualificandola come un tentativo di furto inserito in una sequenza di atti animati dalla medesima finalità criminale.

L’Esclusione dell’Art. 131 bis c.p.

Un punto cruciale della decisione riguarda il mancato riconoscimento della non punibilità per particolare tenuità del fatto. La Corte ha motivato questa esclusione basandosi su due elementi chiave:
1. L’intensità del dolo: L’intenzione criminale dell’imputato è stata giudicata significativa, non un episodio isolato o di lieve entità.
2. La proclività a delinquere: La personalità del reo, caratterizzata da una tendenza a commettere reati, ha impedito di considerare il suo comportamento come occasionale, un requisito fondamentale per l’applicazione dell’art. 131 bis c.p.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha ritenuto che il ricorso non presentasse elementi validi per mettere in discussione la logicità e la coerenza della sentenza impugnata. I giudici di merito avevano adeguatamente motivato la loro decisione, analizzando il contenuto delle prove e la condotta dell’imputato in modo approfondito. La decisione di inammissibilità si traduce quindi in una conferma della colpevolezza e della pena stabilita, senza neppure entrare nel merito delle questioni sollevate, poiché ritenute manifestamente infondate. La condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende rappresenta la conseguenza diretta di un ricorso che non aveva possibilità di essere accolto.

Conclusioni

Questa ordinanza offre un importante spunto di riflessione: la presentazione di un ricorso in Cassazione deve basarsi su vizi concreti e rilevanti della sentenza impugnata, come errori di diritto o vizi logici evidenti nella motivazione. Quando la decisione di merito è ben argomentata e fondata su prove solide, un ricorso generico o che mira a una semplice rivalutazione dei fatti è destinato a essere dichiarato ricorso inammissibile. Inoltre, la decisione rafforza l’idea che la valutazione per l’applicazione di istituti premiali, come la non punibilità per tenuità del fatto, non può prescindere da un’analisi completa della personalità dell’imputato e della gravità complessiva della sua condotta.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la Corte ha ritenuto che i giudici di merito avessero correttamente valutato le prove, in particolare la testimonianza di un agente, e perché le argomentazioni difensive, inclusa la richiesta di applicazione dell’art. 131 bis c.p., erano manifestamente infondate.

Perché non è stata applicata la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131 bis c.p.)?
La non punibilità è stata esclusa a causa dell’intensità del dolo (l’intenzione criminale) e della proclività a delinquere dell’imputato, ovvero la sua tendenza a commettere reati, che ha impedito di considerare il comportamento come occasionale.

Quali sono le conseguenze di una dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in denaro, in questo caso tremila euro, in favore della Cassa delle ammende. La sentenza impugnata diventa definitiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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